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Che fine ha fatto la Proposta di Legge Aprea? C’è ancora la possibilità di introdurre nelle istituzioni scolastiche un consiglio di amministrazione o un consiglio di istituto che sia l’effettivo gestore della scuola, aperto alle comunità locali? Chiamatelo anche consiglio direttivo, o, se preferite, lasciate pure il nome di consiglio di istituto, anche se non ci vedo niente di male a chiamarlo Consiglio di amministrazione”. La parola amministrazione, infatti, ha come radice la parola latina minus”, ed etimologicamente sta ad indicare proprio un servizio. L’importante, comunque, ripeto, è la sostanza e non la forma. L’importante è che si assegnino i fondi direttamente alle scuole, statali e non statali, in base all’effettiva frequenza, cioè al numero degli iscritti di quella scuola (quota capitaria). Come un malato in ospedale vale una certa spesa, così ogni alunno vale una certa spesa. O abbiamo il coraggio di fare queste scelte razionali, oppure proseguirà il processo di degrado della scuola italiana.
Secondo me la libertà di scelta è il fattore che modifica la qualità del processo educativo. Quindi io credo che la libertà di scelta della famiglia sia il criterio di partenza, che fa cambiare tutto l’approccio educativo dello studente, dell’insegnante, del sistema scolastico.
Inoltre, tutti i fondi necessari per l’attività formativa dovrebbero essere affidati direttamente alle scuole, e non agli uffici amministrativi. Certo, la libertà di gestione presuppone la responsabilità, naturalmente valutata, di chi li gestisce. L’importante, infine, è che si attui il reclutamento diretto da parte delle scuole statali e non statali; la chiamata diretta, libera, di docenti e non docenti, secondo il progetto educativo, ma soprattutto secondo il radicamento alle comunità locali, attingendo ad albi regionali appositamente elaborati.
In questo senso, in base al P.O.F., potrebbe essere personalizzata la scelta dei docenti, attraverso dei bandi. Una scuola per esempio ad un alta densità di portatori di handicap, potrebbe essere interessata al percorso professionale di un docente, magari, che ha avuto un punteggio di laurea inferiore, ma che ha fatto un percorso di formazione anche sulle tematiche della disabilità, rispetto ad un docente che ha avuto una formazione di tipo generalista.
Il sistema scolastico può essere riformato sulla base di una scelta politica di base, in analogia con il sistema sanitario: la regionalizzazione vera. Solo se c’è una regionalizzazione vera, dei sistemi scolastici regionali autonomi, solo così la struttura elefantiaca centralizzata di un unico sistema indifferenziato potrà essere abbattuta.
Del resto non c’è niente da inventare: è tutto scritto nel titolo V della Costituzione.
Certamente, attraverso il regionalismo non si risolvono tutti i problemi, e potrebbero sorgerne degli altri, ma almeno si smonta il colosso statalista, e se le famiglie si sposteranno da una regione all’altra per cercare l’istituzione scolastica, come già fanno in parte per gli ospedali, qualcosa incomincerà a cambiare.
L’albo regionale sarebbe stilato tenendo conto dei titoli accademici e professionali, ma un aspetto importante da non sottovalutare è la valutazione, alla quale il docente sarebbe sottoposto lungo tutto l’arco della sua carriera. Solo così potrebbe davvero esserci una carriera dell’insegnante.
Come si può intuire da queste poche righe, la sfida per il cambiamento della scuola è molto impegnativa, ed è ancora agli inizi.
Luigi Gaudio