La condanna e gli ultimi anni di Galileo Galilei. Seconda parte della bi…
31 Gennaio 2016Il Saggiatore di Galileo Galilei
31 Gennaio 2016Galileo ha ideato un metodo che mostra alcune somiglianze provocatorie e differenze rispetto a un approccio veloce alla progettazione degli strumenti: visto nel suo insieme, il metodo di Galileo può quindi essere analizzato in tre fasi, intuizione o risoluzione, dimostrazione ed esperimento; usando in ogni caso i suoi termini preferiti.
Che Galileo abbia effettivamente seguito questi tre passaggi in tutte le sue importanti scoperte sulla dinamica è facilmente accertabile dai suoi testi, specialmente nei “Dialoghi sul due nuove scienze”.
Il primo passo di Galileo è l’osservazione organizzata: di fronte al mondo dell’esperienza sensibile [percettibile dai sensi] isoliamo ed esaminiamo il più a fondo possibile un certo fenomeno tipico, per intuire anzitutto quegli elementi semplici e assoluti in base ai quali il fenomeno può essere più facilmente e completamente tradotto in forma matematica; il che equivale (in altre parole) a una risoluzione del fatto percepito in tali elementi in combinazioni quantitative.
Il termine elementi è ambiguo. Inizialmente gli elementi sembrano corrispondere a test item, domande di indagine o scale di valutazione, ma nella frase successiva quegli stessi elementi sono già quantità. Questo salto dalle specificità effimere dei dati (fatti percepiti) alle quantità è ciò che Edmund Husserl chiama la “fatidica omissione” di Galileo dei mezzi con cui la natura viene matematizzata.
I mezzi di quantificazione sembravano evidenti a Galileo (così come a Cartesio e Newton). C’è anche una volontà comune nelle scienze sociali e umane di presumere che le proprie intuizioni sul contenuto e sulla struttura di una variabile siano sufficienti per risolvere (mettere a fuoco) i suoi elementi quantitativi (cioè, per separarli da tutte le altre variabili, soddisfacendo così la separabilità del teorema). Ma questa autoevidenza si è rivelata ingiustificata.
Burtt ci presenta la formulazione di Galileo di ciò che Ronald Fisher chiamava “sufficienza”: [Se abbiamo] eseguito correttamente questo passaggio [l’intuizione degli elementi], non abbiamo più bisogno dei fatti sensati; gli elementi così raggiunti sono i loro reali costituenti, e la loro dimostrazione deduttiva da parte della matematica pura (secondo passo) deve sempre valere per casi simili del fenomeno, anche se a volte dovrebbe essere impossibile confermarli empiricamente.
Una volta che lo stato quantitativo della variabile è stato trattato come un’ipotesi, motivato, e i suoi elementi derivati dai dati, non abbiamo più bisogno dei fatti sensibili… Dimostrazione deduttiva da essi [i fatti sensibili] dalla matematica pura … deve sempre essere vero per casi simili. Una base continua di tutta la scienza è che le differenze quantitative tra i diversi aspetti del fenomeno dovrebbero rimanere costanti attraverso osservazioni simili. Ciò richiede che i valori di scala siano invarianti, anche quando non sono disponibili prove empiriche (come, ad esempio, relative a item non somministrati nei test adattativi al computer).
Galileo ha anche percepito il valore di discendere dal mondo della manipolazione matematica delle quantità a quello della percezione sensoriale: per ottenere risultati più certi, però, e soprattutto per convincere con illustrazioni sensate coloro che non hanno tale fiducia implicita nell’applicabilità universale della matematica, è bene sviluppare, ove possibile, dimostrazioni le cui conclusioni sono suscettibili di verifica mediante esperimenti [il suo terzo passo]. Quindi, con i principi e le verità così acquisiti, possiamo procedere a fenomeni correlati più complessi e scoprire quali leggi matematiche aggiuntive sono implicate.
Poiché ci sono molti che non hanno tale fiducia implicita nell’applicabilità universale della matematica, è necessario sostanziare con prove ciò che Galileo intuirebbe. La necessità logica e deduttiva di Galileo del modo in cui gli elementi quantitativi derivano dai fatti sensibili è per noi sperimentale. Dobbiamo aggiungere, come non fece Galileo, che la deduzione è integrata circolarmente dall’induzione, che la logica non è semplicemente razionale, ma anche metaforica, poetica, sociale, economica, politica e culturale.
Galileo ha contribuito al dualismo mente/corpo della cultura occidentale screditando l’affidabilità dei fatti sensibili a favore di elementi intuiti, dimostrazioni deduttive e verifica sperimentale di come gli elementi (unità di misura quantitative) derivano da fatti sensibili. Tuttavia, dobbiamo renderci conto che i nostri strumenti scientifici sono estensioni degli organi di senso del nostro corpo. Gli elementi letti da queste estensioni sono anche fatti sensibili che dipendono dall’esistenza di particolari tipi di tecnologia e dalle persone che li apprezzano.
Gli aspetti tecnici dei metodi di Galileo sono stati continuamente migliorati. Anche la sua “fatidica omissione” del passaggio dall’osservazione alla quantificazione è stata sanata. Ora tocca a noi dare alla scienza un volto umano – dare corpo a questi progressi tecnici con il significato e la sensibilità necessari per far funzionare la misurazione nelle complesse applicazioni che