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10 Novembre 2013“Oscar e la dama in rosa” di Eric Emmanuel Schmitt
10 Novembre 2013Guareschi ci fa cogliere che alla base della sua concezione di vita c’è la famiglia, che, per quanto sia bizzarra e stramba, come la famiglia di ciascuno di noi, è il nucleo di affetto e di amore alla base della nostra vita.
Pubblicato sei anni dopo La scoperta di Milano (1942), Lo Zibaldino, sottotitolato “Storie assortite vecchie e nuove”, rappresenta la seconda raccolta di Guareschi di racconti familiari. Questo è composto da resoconti che aveva precedentemente pubblicato su diversi giornali in un periodo di dieci anni che va dal 1938 al 1948. Mai presentato specificamente come un seguito de La scoperta, l’antologia copre tuttavia diversi anni di vita familiare romanzata durante il dopoguerra [post -periodo bellico] che ruotano intorno alla moglie Margherita (Ennia), al figlio piccolo Albertino e alla figlia La Pasionaria (Carlotta), nata nel 1943 quando Guareschi era prigioniero di guerra in Polonia.
Ma leggiamo infine quello che Guareschi stesso scrisse per presentare il suo libro:
“Il titolo originale di questo libro era Zibaldone: ma poi qualcuno informò cortesemente l’autore che un tal Giacomo Leopardi gli aveva rubato l’idea, e così il libro fu chiamato Zibaldino. Nella sostanza rimane sempre uno zibaldone: vale a dire un gran fritto misto di roba che l’autore ha scribacchiato un po’ dappertutto tra il 1938 e il 1948 […] Con questo suo volume, l’autore non pretende né di migliorare i costumi, né di peggiorarli […] Non pretende di far pensare, né mettere dei tarli morali nell’animo del lettore. Questo è uno di quei libri che uno legge e poi butta via come si fa con la sigaretta quando è arrivata alla fine. L’unica qualità positiva dello Zibaldino risiede nella estrema facilità con la quale ogni sua pagina può essere letta e dimenticata”.