Lettera aperta al Ministro Profumo di Maria Paola Viale
19 Luglio 2012Sentenza del TAR Lombardia: la parola ai ricorrenti = non è solo questione di bus…
19 Luglio 2012Testo de “L’usignolo e la rosa”, un racconto di Oscar Wilde, traduzione italiana di Miriam Gaudio
“Ha detto che ballerà con me se le porterò una rosa rossa,” si disperò il giovane Studente; “ma in tutto il mio giardino non ci sono rose rosse.”
Dal suo nido sopra la vecchia quercia l’Usignolo lo sentì, e guardò attraverso le foglie, e si meravigliò.
“Nessuna rosa rossa in tutto il mio giardino!” esclamò, e i suoi begl’occhi si riempirono di lacrime. “Ah, a quali piccole cose dipende la felicità! Ho letto tutto ciò che gli uomini saggi hanno scritto, e tutti i segreti della filosofia sono miei, ora per una rosa rossa la mia vita è miserabile.”
“Ecco finalmente un vero innamorato,” disse l’Usignolo.
“Notte dopo notte ho cantato di lui, anche se non lo conoscevo: notte dopo notte ho narrato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come un fiore di giacinto, e le sue labbra sono rosse come la rosa del suo desiderio; ma la passione ha reso la sua faccia pallida come l’avorio, e il dolore ha stampato il suo marchio sulla sua fronte.”
“Il Principe darà un ballo domani sera,” mormorò il giovane Studente, “e il mio amore sarà in compagnia. Se le porterò una rosa rossa danzerà con me fino all’alba. Se le porterò una rosa rossa, la potrò stringere tra le mie braccia, e lei appoggerà la sua testa sulla mia spalla, e le sue mani saranno strette nelle mie. Ma non ci sono rose rosse nel mio giardino, così sederò da solo, e lei mi passerà davanti. Non mi darà attenzione, e il mio cuore si spezzerà.”
“Ecco un uomo davvero innamorato,” disse l’Usignolo. “Ciò per cui canto, lui lo soffre, ciò che per me è gioia, è per lui dolore. L’Amore è di sicuro una cosa magnifica. E’ più prezioso degli smeraldi, e più caro degli opali raffinati. Perle e melograni non lo possono comprare, né è esposto nei supermercati. Non può essere acquistato dai mercanti, né può essere pesato sulla bilancia per dell’oro.”
“I musicisti siederanno sul palco,” disse il giovane Studente, “e suoneranno i loro strumenti, e il mio amore ballerà al suono dell’arpa e del violino. Danzerà così lievemente che i suoi piedi non toccheranno il pavimento, e i cortigiani nei loro allegri abiti si affolleranno intorno a lei. Ma con me non ballerà, perché non ho la rosa rossa da darle” ; così si lasciò cadere sull’erba, e nascose la sua faccia nelle sue mani, e pianse.
“Perché piange?” chiese una piccola lucertola verde, non appena corse vicino a lui con la sua coda in aria.
“Già, perché?” disse la Farfalla, che stava svolazzando circa dopo un raggio di sole.
“Già, perché?” sussurrò una Margherita alla sua vicina con una voce dolce e bassa.
“Piange per una rosa rossa,” disse l’Usignolo.
“Per una rosa rossa?” esclamarono; “che assurdità!” e la piccola Lucertola, che era cinica, rise immediatamente.
Ma l’Usignolo capì il segreto del dolore dello Studente, e si sedette silenziosamente sull’albero di quercia, e pensò al mistero dell’Amore.
Improvvisamente distese le sue ali marroni per volare, e spiccò nell’aria. Passò attraverso il boschetto, e come una spada attraversò il giardino .
Al centro della macchia d’erba c’era un bellissimo albero di rose, e quando lo vide, volò sopra un ramoscello.
“Dammi una rosa rossa,” lo implorò, “e canterò per te le mie canzoni più dolci.”
Ma l’albero scosse la testa.
“Le mie rose sono bianche,” rispose; “bianche come la schiuma del mare, e più bianche della neve sulle montagne. Ma va da mio fratello che cresce attorno il vecchio quadrante del sole, e probabilmente ti darà ciò che vuoi.”
Così l’Usignolo volò fino all’albero di rose che cresceva attorno al vecchio quadrante del sole.
“Dammi una rosa rossa,” lo implorò, “e canterò per te le mie canzoni più dolci.”
Ma l’albero scosse la testa.
“Le mie rose sono gialle,” rispose, “gialle come i capelli della sirena che siede sopra il trono d’ambra, e più gialle del narciso che fiorisce nel prato prima che venga il mietitore con la sua falciatrice. Ma vai dal mio fratello che cresce sotto la finestra dello Studente, e probabilmente ti darà ciò che vuoi.”
Così l’Usignolo volò fino all’albero di rose che cresceva sotto la finestra dello Studente.
“Dammi una rosa rossa,” lo implorò, “e canterò per te le mie canzoni più dolci.”
Ma l’albero scosse la testa.
“Le mie rose sono rosse,” rispose, “rosse come i piedi delle colombe, e più rosse delle grandi barriere di corallo che ondeggiano nelle caverne dell’oceano. Ma l’inverso ha ucciso la mia linfa, e il freddo ha congelato i miei boccioli, e la tempesta ha spezzato i miei rami, e non avrò rose per tutto quest’anno.”
“Una rosa rossa è quello che voglio,” pianse l’Usignolo, “solo una rosa rossa! Non c’è un altro modo per averne una?”
“C’è un modo,” rispose l’albero; “ma è così terribile che non oso dirtelo.”
“Dimmelo,” disse l’Usignolo, “non ho paura.”
“Se vuoi una rosa rossa,” disse l’Albero, “devi farla crescere con la musica a mezzanotte, e macchiarla con il sangue del tuo cuore. Devi cantare con il tuo petto infilato in una spina. Devi cantare per me tutta la notte, e la spina deve perforare il tuo cuore, e il tuo sangue vitale deve scorrere nelle mie vene, e diventare mio.”
“La Morte è un grande prezzo da pagare per una rosa,” sospirò l’Usignolo, “e la Vita è la più cara di tutte. E’ piacevole sedere nel bosco verde e vedere il sole nel suo carro d’oro, e la luna nel suo carro di perla. Dolce è il profumo del biancospino, e dolci sono le campanule che si nascondono nella valle, e l’erica che si gonfia nella collina. Tuttavia l’Amore è più bello della Vita, e che cos’è il cuore di un uccellino comparato al cuore di un uomo?”
Così distese le sue ali marroni per volare e salì attraversò il boschetto.
Il giovane Studente era ancora sdraiato sull’erba, dove l’aveva lasciato, e le lacrime non erano ancora asciutte nei suoi bellissimi occhi.
“Sii felice,” augurò l’Usignolo, “sii felice; avrai la tua rosa rossa. La farò crescere dalla musica a mezzanotte, e la macchierà con il sangue del mio cuore. Tutto ciò che ti chiedo in cambio è di essere un vero innamorato, perché l’Amore è più saggio della Filosofia, sebbene sia saggia, e più forte della Potenza, sebbene sia forte. Le sue ali sono di un colore fiammeggiante, e il suo corpo ha il colore del fuoco. Le sue labbra sono dolci come il miele, e il suo respiro è come l’incenso.”
Lo Studente alzò lo sguardo dall’erba, e ascoltò, ma non poté capire che cosa gli diceva l’Usignolo, perché capiva solo le cose scritte sui libri.
Ma l’albero di quercia capì, e si fece triste, perché era molto affezionato all’Usignolo che aveva costruito il suo nido sui suoi rami.
“Cantami un’ultima canzone,” sussurrò; ” mi sentirò davvero solo quando non ci sarai più.”
Così l’Usignolo cantò per la quercia, e la sua voce era come il gorgogliare dell’acqua in un recipiente d’argento.
Quando ebbe finito la canzone lo Studente si alzò, e prese un blocchetto di fogli e una matita a grafite dal suo taschino.
“Ha una forma,” si disse camminando attraverso il boschetto, “non glielo si può negare; ma ha sentimenti? Ho paura di no. In realtà, lei è come la maggior parte degli artisti; con tutta sincerità ha tutto lo stile. Non si sacrificherebbe per gli altri. Pensa semplicemente alla musica, e tutti sanno che gli artisti sono egoisti. In ogni modo, si deve ammettere che ha una fantastica dote nella sua voce. Che peccato che non valga niente, o non facciano niente di pratico.” E così andò nella sua stanza, si sdraiò sul suo letto di paglia, e iniziò a pensare al suo amore; e, dopo del tempo, si addormentò.
E quando la luna brillò nel cielo, l’Usignolo volò dall’albero di rose, e cacciò il suo petto nella spina. Cantò per tutta la notte con il petto infilzato nella spina, e la fredda l’una cristallina si chinò e ascoltò. Cantò tutta la notte, e la spina si infisse sempre più profondamente nel suo petto, e il suo sangue vitale fluì via da lui.
All’inizio cantò della nascita dell’Amore nel cuore di un ragazzo e una ragazza. E sul ramo più alto dell’albero di rose fiorì una rosa meravigliosa, petalo dopo petalo, come canzone dopo canzone. Al principio era pallida, come la nebbia sospesa sul fiume, pallida come i passi del mattino, e argentea come le ali dell’aurora. Come l’ombra di una rosa in una piscina, lo era anche la rosa che fioriva sul ramo più alto del roseto.
Ma l’albero implorò l’Usignolo di spingersi più vicino alla spina. “Spingiti di più, piccolo Usignolo,” supplicò l’Albero, “o il Giorno arriverà prima che la rosa sia finita.”
Così l’Usignolo premeva di più sulla spina, e il suo canto cresceva sempre più, perché cantava dell’uccello della passione nell’anima di un uomo e di una fanciulla.
E i petali della rosa si colorarono di un delicato rosa, come il rossore di uno sposo quando bacia le labbra della sposa. Ma la spina non aveva ancora raggiunto il cuore, così il cuore della rosa rimase bianco, poiché solo il sangue del cuore dell’Usignolo poteva tingere di cremisi il cuore della rosa.
E l’Albero implorò l’Usignolo di spingersi più vicino alla spina, “Spingiti di più, piccolo Usignolo,” supplicò l’Albero,” o il Giorno arriverà prima che la rosa sia finita.”
Così l’Usignolo premeva di più sulla spina, e la spina toccò il suo cuore, e un feroce spasimo di dolore lo colpì. Pungente, pungente era il dolore, e selvaggio, il suo canto crebbe selvaggio, poiché cantava dell’Amore, che è perfezionato dalla Morte, dell’Amore che non muore in una tomba.
E la meravigliosa rosa divenne cremisi, come la rosa del cielo orientale. La giuntura dei petali era cremisi, e il cuore era cremisi come un rubino.
Ma la voce dell’Usignolo divenne sempre più debole, e le sue piccole ali cominciarono a sbattere, e una visione gli oscurava la vista. Il suo canto divenne sempre più debole, e sentì che qualcosa veniva soffocato nella sua gola.
Poi diede l’ultimo scoppio di melodia. La luna bianca lo ascoltò, e dimenticò l’alba, e indugiò nel cielo. La rosa rossa lo ascoltò, e tremò dall’estasi, e aprì i suoi petali alla fredda aria del mattino. L’eco rimbombò nella caverna violacea sulle colline, e svegliò i pastori dai loro sogni.
Volò attraverso i giunchi del fiume, e portarono il loro messaggio al mare.
“guarda, guarda!” esclamò l’Albero, “la rosa è finita ora” ; ma l’Usignolo non rispose, poiché giaceva morto sull’erba, con la spina nel suo cuore.
E a mezzogiorno lo Studente aprì la sua finestra e guardò fuori.
“Ma che grande fortuna!” esclamò; “ecco una rosa rossa! Non ho mai visto una rosa come questa in tutta la mia vita. E’ così bella che sono sicuro che abbia un lunghissimo nome latino” ; così si chinò e la raccolse.
Poi si mise il cappello, e corse alla casa del professore con la rosa nella sua mano.
La figlia del professore era seduta in anticamera mentre avvolgeva della seta blu su di un rotolo, e il suo piccolo cagnolino era sdraiato ai suoi piedi.
“Mi avevi detto che avresti danzato con me se ti avessi portato una rosa rossa,” disse lo Studente. “Eccoti la rosa più rossa del mondo. La indosserai questa sera, vicino al tuo cuore, e come balleremo insieme ti svelerà quanto ti amo.”
“Mi dispiace ma non la indosserò sul mio vestito,” rispose; “e, inoltre, il nipote del Ciambellano mi ha mandato dei gioielli regali, e tutti sanno che i gioielli costano molto di più rispetto ai fiori.”
“Bene, a mio parere, sei molto ingrata,” disse arrabbiato lo Studente; e gettò la rosa in mezzo alla strada, dove cadde in una grondaia e un carrello con le ruote la schiacciò.
“Ingrata!” disse la ragazza. “Ti dico invece che tu sei davvero maleducato; e, dopo tutto, chi ti credi di essere? Solo uno studente. Non credo che tu abbia fibbie d’argento sulle tue scarpe come il nipote del Ciambellano” ; e si alzò dalla sua sedia e entrò in casa.
“L’Amore è una cosa davvero sciocca,” disse lo Studente non appena se ne andò. “Non è utile neanche la metà della Logica, perché non prova niente, e ti fa sperare sempre una cosa che poi non si realizzerà, e fa credere a cose che non sono vere. In realtà è molto inutile, e, visto che tutto il resto è utile, dovrei tornare alla Filosofia e studiare i matematici.”
Così ritornò nella sua stanza e tirò fuori un grande libro polveroso, e iniziò a leggere.