Carne da macello – di Vincenzo Andraous
27 Ottobre 2011La frustrazione dei vincitori nell’Italia del demerito – di Silos Igna…
28 Ottobre 2011Sulla rete mi è capitato di leggere vari commenti, di cui pochi un po’ critici sulla reazione che tanti hanno avuto davanti alla morte di Marco Simoncelli. Dico una cosa piccola piccola, sapendo che di fronte alla morte le parole non bastano.
“Sentire” la morte di un personaggio noto non credo sia una forma di irriverenza verso la morte degli altri: un personaggio noto è caricato, si direbbe seguendo qualche scuola psicologica ed il suo linguaggio, delle “proiezioni” (di sogni, ideali, speranze etc..) di chi lo conosce così.
Non credo dunque che per l’essere comune la morte di una persona non nota abbia un significato umano inferiore, e non metterei la cosa su questo piano: altrimenti sembra si voglia pesare quale morte “valga” di più… una cosa sgradevole per tutti… La persona non conosciuta non è però mai stata collegata al suo mondo emotivo e non lo coinvolge fino a quando il soggetto umano non ha modo di identificarsi o proiettarsi o sentire empatia, a seconda della prospettiva, con qualcosa che riguarda la persona deceduta o la sua storia o la situazione.
Ora, la morte di un ragazzo di 24 anni che corre inseguendo il suo sogno può toccare un genitore cosciente che la gioia del figlio valga più dei pericoli, e che la sua libertà di scelta più di una vita frustrata; può toccare qualsiasi ragazzo che ami le moto e che sogni semmai anche di correre; può toccare un coetaneo che guarda al numero degli anni, può toccare chi sa di aver rischiato o visto rischiare o morire… Questo essere carico di possibilità di “ricevere” proiezioni – o come le vogliamo chiamare – segna la differenza, che sinceramente non credo riguardi l’indifferenza alla morte degli altri: anche gli altri, ragazzine come Yara, come Sara, come altre ricevono tributi molteplici… Certo che la cosa dipende da una notorietà in ultima analisi decisa dai media… si può discutere su questo, semmai… ma non discutere sulla tragica morte di questo ragazzo paragonandola ad altre tragedie meno alla portata di tutti… non credo sia una questione di colpa, né di vera indifferenza, in questo caso; e dispiace anche a me leggerlo, a me che ho letto questa notizia soprattutto da mamma.
Cristina Rocchetto (educatrice e consulente pedagogista)
Non credo dunque che per l’essere comune la morte di una persona non nota abbia un significato umano inferiore, e non metterei la cosa su questo piano: altrimenti sembra si voglia pesare quale morte “valga” di più… una cosa sgradevole per tutti… La persona non conosciuta non è però mai stata collegata al suo mondo emotivo e non lo coinvolge fino a quando il soggetto umano non ha modo di identificarsi o proiettarsi o sentire empatia, a seconda della prospettiva, con qualcosa che riguarda la persona deceduta o la sua storia o la situazione.
Ora, la morte di un ragazzo di 24 anni che corre inseguendo il suo sogno può toccare un genitore cosciente che la gioia del figlio valga più dei pericoli, e che la sua libertà di scelta più di una vita frustrata; può toccare qualsiasi ragazzo che ami le moto e che sogni semmai anche di correre; può toccare un coetaneo che guarda al numero degli anni, può toccare chi sa di aver rischiato o visto rischiare o morire… Questo essere carico di possibilità di “ricevere” proiezioni – o come le vogliamo chiamare – segna la differenza, che sinceramente non credo riguardi l’indifferenza alla morte degli altri: anche gli altri, ragazzine come Yara, come Sara, come altre ricevono tributi molteplici… Certo che la cosa dipende da una notorietà in ultima analisi decisa dai media… si può discutere su questo, semmai… ma non discutere sulla tragica morte di questo ragazzo paragonandola ad altre tragedie meno alla portata di tutti… non credo sia una questione di colpa, né di vera indifferenza, in questo caso; e dispiace anche a me leggerlo, a me che ho letto questa notizia soprattutto da mamma.
Cristina Rocchetto (educatrice e consulente pedagogista)