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27 Gennaio 2019Materiale didattico di chimica
27 Gennaio 2019Mastro-don Gesualdo è uno dei più grandi capolavori della narrativa italiana, scritto da Giovanni Verga, autore di punta del movimento verista.
Questo romanzo non si limita a raccontare la storia di un uomo ambizioso e intraprendente, ma ci offre una visione profonda e disincantata della realtà sociale siciliana dell’Ottocento, in cui l’ascesa economica e il desiderio di miglioramento personale diventano trappole insidiose, capaci di annientare la dimensione umana e affettiva dei personaggi.
La figura di Gesualdo: l’uomo di “roba”
Il protagonista, Gesualdo Motta, è un individuo straordinario per la sua capacità di trasformare la sua condizione di contadino in quella di possidente terriero, accumulando ricchezze (la famosa “roba”) con un’intelligenza pratica e un lavoro instancabile. Tuttavia, già dall’inizio del romanzo, emerge una tragica ironia: Gesualdo è un uomo che pur riuscendo a dominare il mondo materiale, non riesce mai a conquistare la propria felicità o un senso di appartenenza sociale.
Gesualdo incarna l’archetipo del self-made man, che in qualsiasi altra epoca letteraria potrebbe essere celebrato come un eroe del progresso, ma Verga, con il suo sguardo disincantato e quasi scientifico, ci mostra che l’ascesa sociale di questo personaggio è carica di solitudine e disprezzo. La società aristocratica in cui aspira a entrare lo respinge, considerandolo sempre un outsider, mentre la classe contadina lo vede come un padrone oppressivo.
La solitudine del vincitore
Un tema fondamentale che emerge sin dalle prime pagine del romanzo è la solitudine esistenziale. Nonostante il titolo “don” che Gesualdo ottiene sposando Bianca Trao, una donna di nobili origini ma in decadenza, rimane perennemente escluso da quella nobiltà a cui tanto aspira. Il matrimonio, che dovrebbe segnare la sua integrazione nel mondo aristocratico, diventa invece la fonte di una crescente frustrazione. Bianca non lo ama, e il loro legame è puramente funzionale a risolvere i problemi economici della famiglia Trao.
La figura di Gesualdo è intrappolata in una contraddizione: da una parte, la sua “roba” gli dà un senso di potere e sicurezza; dall’altra, proprio questa ricchezza lo allontana dagli altri, rendendolo un individuo incapace di godere delle relazioni umane più genuine. Verga tratteggia la parabola di un uomo che, pur raggiungendo il successo economico, perde sul piano personale, affettivo e morale.
La società e il contesto verista
Verga, con la sua tecnica verista, ci offre uno spaccato della Sicilia ottocentesca, dominata da una rigida divisione in classi, da pregiudizi e da interessi economici. Ogni personaggio del romanzo è mosso da un impulso egoistico, che spinge a difendere il proprio status o i propri interessi materiali. Non c’è spazio per nobili ideali o grandi passioni, ma solo per la lotta quotidiana per la sopravvivenza e l’accumulo di ricchezza.
Questo mondo appare dominato da leggi naturali quasi spietate, in cui solo i più forti o astuti riescono a emergere. Eppure, anche questi “vincitori” sono destinati a soccombere a forze più grandi di loro. Gesualdo Motta, pur essendo un uomo capace di scalare la gerarchia sociale, resta alla fine un perdente, schiacciato dal peso delle proprie ambizioni e dall’incapacità di costruire legami umani autentici.
Il destino dei “Vinti”
Mastro-don Gesualdo fa parte del ciclo dei “Vinti”, in cui Verga si propone di raccontare la condizione tragica di uomini e donne che, pur impegnandosi con tutte le forze per migliorare la propria condizione, finiscono irrimediabilmente sconfitti. Questo destino, che appare implacabile e preordinato, sottolinea la visione pessimistica di Verga nei confronti delle dinamiche sociali. L’aspirazione di Gesualdo a salire la scala sociale è vanificata da una realtà che non consente a nessuno di cambiare il proprio destino: i “vinti” sono coloro che, pur tentando la scalata, vengono inesorabilmente ricacciati in basso.
Il verismo di Verga si manifesta anche nello stile del romanzo, caratterizzato da un narratore esterno che non interviene mai con giudizi morali o considerazioni personali. Verga lascia parlare i fatti e i dialoghi, seguendo un principio di impersonalità che rende la narrazione ancora più potente nella sua rappresentazione di un mondo duro e inospitale.
La critica sociale e la psicologia dei personaggi
Verga utilizza Mastro-don Gesualdo per criticare non solo la società siciliana, ma più in generale le dinamiche sociali ed economiche che governano la vita degli individui. Il romanzo mette in evidenza come l’accumulazione della ricchezza e il desiderio di migliorare la propria condizione possano portare all’alienazione e alla distruzione dei legami familiari e personali.
I personaggi di Verga, e in particolare Gesualdo, sono profondamente psicologizzati. Pur essendo condizionati da fattori esterni, come la povertà, l’avidità o l’orgoglio, mostrano anche un’inquietudine interiore che li rende figure tragiche. Gesualdo non è semplicemente un “uomo di roba”, ma un essere umano che soffre per la mancanza di affetto e per l’impossibilità di essere accettato dalla società che vorrebbe conquistare.
Conclusione: un romanzo universale
Nonostante la sua ambientazione specifica, Mastro-don Gesualdo è un romanzo dal respiro universale. La vicenda di Gesualdo può essere letta come una riflessione sul rapporto tra l’uomo e il potere, tra il desiderio di affermazione personale e la sua inevitabile caducità. Verga ci offre uno specchio in cui possiamo vedere riflesse le tensioni sociali, economiche e psicologiche che continuano a caratterizzare anche la nostra epoca.
In definitiva, Mastro-don Gesualdo è un romanzo che ci invita a riflettere su quanto siamo disposti a sacrificare in nome del successo e su come, alla fine, la corsa alla ricchezza materiale possa rivelarsi una trappola da cui non si può più uscire indenni.
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