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27 Gennaio 2019Laboratorio musicale
27 Gennaio 2019Andrea Parafioriti V C
Il Settembre 1999 sarà ricordato nella storia del metal della nostra penisola come il mese del concerto-reunion degli Iron Maiden . Il gruppo, che ha venduto più di 50 milioni di dischi in tutto il mondo, ha infatti toccato l’Italia con l’Ed Hunter Tour, prima di entrare in studio per la registrazione di un nuovo album. E la tappa del tour al Filaforum di Assago, il 23 Settembre, si è rivelata memorabile, anche per la presenza di un gruppo spalla valido come lo sono i Megadeth. Naturalmente, i giornalisti più metallozzi del Grillo (in verità soltanto due) non potevano mancare ad un tale evento, ed in qualità di inviati speciali si sono diretti alla volta del Forum. Ecco come si sono svolti i fatti: Ore 16,00: Dopo le classiche foto pre-concerto scattate in un losco bar di S.Stefano, partiamo per Milano a bordo di una sgangherata Saxò blu (riconoscibile per le casse dell’ autoradio a palla, che scandivano le note di So, far, so good, so what!?!?” dei Megadeth). Ore 16,40:Come eroi di un poema epico giungiamo sul posto, dopo aver ciccato per almeno un paio di volte l’entrata di Assago. Subito ci si mette in coda fuori dai cancelli, una coda chilometrica di persone venute da ogni parte d’Italia e anche dall’estero. Veniamo raggiunti da altri amici, giusto in tempo per essere bagnati di birra da una combriccola di metallari incompetenti nell’ aprire un fusto di Tuborg. Ore 18,00: Finalmente vengono aperti i cancelli. Tra gomitate, scazzottate, botte prese dalla security, tipi borchiati che scavalcano le transenne, trafficanti di droga, ladri di biglietti e chi più ne ha più ne metta, entriamo nell’ arena dove tra non molto si svolgeranno le danze. Dopo aver espletato ai nostri bisogni fisici (la natura chiama) ci appostiamo al centro della platea, a circa 10 metri dal palco. In poco tempo il posto si riempie totalmente, fatto prevedibile, visto che i biglietti si erano esauriti da più di un mese. Dovremo aspettare ancora un bel po’ prima di vedere i Megadeth in azione, ma il tempo passa in fretta, soprattutto se si è aiutati da una bottiglia di birra. Ore 20,00: Si spengono le luci, restano accese soltanto quelle sul palco. Mentre si ode un’ intro registrata tratta dall’ultimo album Risk”, la band americana di Dave Mustaine entra in scena e immediatamente tra il pubblico si scatena un pogo furioso che coinvolge tutti i presenti. Le canzoni si susseguono una dopo l’altra, ed è soprattutto messa ben in vista l’ottima capacità tecnica del guitar-hero Marty Friedman e la precisione metronomica del nuovo batterista Jimmy De Grasso (che ha sostituito degnamente il defezionario Nick Menza). Ma tutto lo show ruota attorno alla figura carismatica del cantante e chitarrista Dave Mustaine, autore di tutti i pezzi del complesso. Tra le songs proposte brillano la variegata Holy Wars”, la malinconica In My Darkest Hour” e le malvagie Symphony Of Destruction” e “She-Wolf”, quest’ultima allungata di ben cinque minuti per le improvvisazioni soliste dei due talentuosi chitarristi. Una buona prestazione, forse un po’ penalizzata da una non proprio perfetta equalizzazione del suono. Ore 21,00: Dopo una breve pausa (giusto il tempo per riunirsi dopo il massacro) ci si ritrova nuovamente al buio e si accendono dei megaschermi situati ai lati del palco, sui quali vengono proiettate immagini del videogame Ed-Hunter. Cori del tipo Maiden,Maiden” si levano dalla sala, mentre si sente uscire dalle casse il battito cardiaco che dovrebbe introdurre Powerslave”. Invece, finito questo suono, inizia una conversazione fra soldati inglesi della seconda guerra pronti ad abbattere un decina di ME-109 tedeschi. Improvvisamente scoppiano due bombe sul palco e si accendono tutte le luci, mentre gli Iron attaccano con Aces High”. Il vecchio cantante Bruce Dickinson, appena ritornato in formazione, è in forma smagliante, e non fa affatto rimpiangere quell’ incompetente di Blaze Bailey grazie al quale il gruppo ha sfornato due dischi indecenti. Anche l’altro figliol prodigo, il chitarrista Adrian Smith, si da da fare accanto alla coppia di axeman Murray-Gers, e come al solito Steve Harris, bassista, e Nicko McBrain, batterista, sono due veri animali da palcoscenico. Canzoni come Killers”,”Wasted Years”,”The Number of the Beast” e The Trooper” riprendono il colore che avevano in passato, mentre le più recenti Man on the Edge” e The Clansman” assumono tutt’altro spessore, rilette da Dickinson. Come sempre la mascotte della band, lo zombie Eddie, fa la sua comparsa, la prima volta tentando di pestare quell’incapace di Janick Gers (che invece di suonare saltava e si arrotolava il filo del jack attorno al collo), la seconda apparendo da dietro la stortissima batteria di McBrain. C’è anche spazio per Dickinson che balla la polka e che si incazza con un idiota del pubblico che gli punta un laser negli occhi, invitandolo ad una rissa nel backstage. Degna di nota la maestosa scenografia del palco, che ricrea l’ambiente di un castello medievale, anche se si poteva evitare l’orribile pavimento a scacchi. Un grande concerto, anche se molti avrebbero preferito l’espulsione di Gers ad una formazione con tre chitarristi, dove sono solo due quelli che realmente suonano. Ore 23,00: Siamo demoliti. Purtroppo bisogna ancora guidare fino a casa, ma non importa, è un nulla rispetto alla soddisfazione di aver visto la band che guiderà l’Heavy Metal nel nuovo millennio.