Mercantilismo

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Mercantilismo ed altre teorie economiche del Seicento e del Settecento. Per i mercantilisti, la ricchezza di uno stato deriva dagli scambi commerciali

Il mercantilismo fu una teoria economica e una pratica dominante in Europa tra il XVI e il XVIII secolo, prima dell’emergere del capitalismo moderno. Si basava sulla convinzione che la ricchezza di una nazione si misurasse attraverso l’accumulo di metalli preziosi, come oro e argento. Di conseguenza, il mercantilismo promuoveva politiche economiche volte a incrementare la ricchezza nazionale attraverso il commercio e l’accumulazione di questi metalli.

Principali caratteristiche del mercantilismo:

Accumulo di metalli preziosi: L’obiettivo principale era accumulare oro e argento, considerati essenziali per la ricchezza e il potere dello Stato.
Intervento statale: Lo Stato svolgeva un ruolo cruciale nell’economia, regolando il commercio, proteggendo le industrie nazionali con dazi e sussidi, e stabilendo monopoli in certe aree.
Surplus commerciale: Si cercava di ottenere un saldo positivo nella bilancia commerciale, ovvero esportare più di quanto si importava, per far entrare più denaro nell’economia nazionale.
Colonialismo: Le potenze europee cercavano colonie per ottenere risorse naturali a basso costo e mercati per i loro prodotti manifatturieri, contribuendo così all’espansione coloniale.
Protezionismo: Venivano implementate politiche per proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera, come alti dazi sulle importazioni.
Monopoli: I governi spesso concedevano monopoli alle compagnie commerciali o producevano direttamente certi beni per controllare meglio l’economia.

Il mercantilismo iniziò a declinare nel XVIII secolo con l’emergere di nuove teorie economiche, come quelle di Adam Smith, che promuovevano il libero commercio e una minore interferenza statale. Queste idee portarono poi allo sviluppo del capitalismo moderno.