Come ha fatto un re che aveva l’appoggio della popolazione, la superiorità numerica rispetto agli Austriaci cacciati di Milano, ed eserciti alleati aggregati da Toscana, Papato e Borboni a perdere la guerra? Ecco 9 cause
- non essere stato celere poiché la situazione durante le Cinque giornate di Milano e immediatamente dopo era decisamente nelle mani degli italiani, e, se ne avessero approfittato, non ci sarebbe stato scampo per gli austriaci;
- non essere stato coinvolgente, motivante. Un re deve essere un leader in questi frangenti. I cremonesi dissero che il re che passava non sembrava contento di quello che stava facendo, era assente, non sorridente, aveva insomma un atteggiamento che non predisponeva a dare la propria vita per una grande causa, per la nazione;
- non essersi procurati carte del territorio, per cui lo Stato Maggiore dell’esercito piemontese non aveva assolutamente contezza degli spazi oltre il fiume Oglio;
- non avere una cavalleria leggera (come gli ussari ungheresi e gli ulani polacchi) appunto per procurarsi informazioni sul territorio e sugli spostamenti, con rapidi escursioni nella zona antistante la marcia. I piemontesi hanno solo cavalleria pesante;
- non avere ufficiali di complemento, poiché, per antica tradizione, accedevano alle accademie militari piemontesi solo i membri dell’aristocrazia, destinati ai gradi alti della gerarchia militare, e non aveva accesso la borghesia, che riempiva i ranghi inferiori della gerarchia negli altri eserciti europei, compreso quello austriaco;
- non avere approfittato dell’andamento di alcuni combattimenti (Goito, Pastrengo, Curtatone e Montanara). Ci sono state delle vittorie nella prima guerra d’indipendenza, ma il predominio sul campo non è stato sfruttato per decimare l’esercito austriaco. Al contrario ci si è accontentati di una ritirata del nemico. Per evitare anche maggiori perdite per il nostro esercito, gli austriaci non sono stati inseguiti e sterminati, ma questo ha sempre permesso, in tutte queste circostanze, all’esercito austriaco di rientrare nelle fortezze del quadrilatero e di riorganizzarsi;
- non essere riusciti a impedire il ricongiungimento fra gli eserciti di Radetzky (82 anni) già presenti in Italia e i rinforzi provenienti dall’Austria guidati da Nugent (71 anni), creando i presupposti per la disfatta di Custoza;
- non aver accettato per motivi ideologici il supporto di Garibaldi e dei suoi soldati fedeli, che avrebbero dato un aiuto importante per il successo della guerra sia da un punto di vista numerico sia soprattutto da un punto di vista strategico, poiché Garibaldi era indubbiamente un generale esperto;
- nella fase in cui dopo la sconfitta di Custoza ormai le sorti della guerra volgevano contro Carlo Alberto, anche per le defezioni di alcuni eserciti alleati, un altro errore fu quello di non accontentarsi. Infatti mentre l’esercito di Carlo Alberto era in ritirata oltre l’Oglio, gli austriaci offrirono a Carlo Alberto un armistizio che avrebbe permesso di consolidare una volta per tutte la riconquista della Lombardia occidentale fino al fiume Adda, ricostituendo un confine che noi già ben conosciamo, perché era il confine che il Ducato di Milano e la Repubblica veneta nel 600 manzoniano. Ma Carlo Alberto, che si era già ritirato comunque fin verso il fiume Oglio, per la speranza o l’illusione di poter cambiare le sorti del conflitto, non accettò questa offerta, e poi fu costretto indietreggiare oltre l’Adda pochissimo tempo dopo. Infatti, a questo punto, gli austriaci continuarono a inseguire l’esercito sabaudo nella Lombardia, ricacciandolo non solo oltre l’Adda ma costringendolo a rifugiarsi a Milano dove gli ultimi tentennamenti di Carlo Alberto gli alienarono la popolazione milanese creando i presupposti per una resa che venne sancita con l’armistizio estremamente sfavorevole ai piemontesi, che dovettero ritirarsi oltre il Ticino, esattamente da dove erano partiti ben più fiduciosi mesi prima.
Audio Lezioni di Storia moderna e contemporanea del prof. Gaudio
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