Sebastian Salassi
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27 Gennaio 2019Curarsi con la musica
Stando alle ricerche statistiche, più della metà degli italiani non è capace di suonare uno strumento musicale perdendo, quindi, una occasione per far lievitare le proprie cellule cerebrali. Infatti, neurologi e psicologi tedeschi e canadesi hanno scoperto che il cervello dei musicisti si sviluppa di più rispetto a quello di chi non conosce la musica.
E’ dimostrato che chi ascolta musica di una certa complessità ha la capacità di compiere operazioni astratte di un certo tipo. Proprio perché l’intelligenza cresce a ritmo di musica, molte patologie si possono curare a ritmo di musica.
Questa terapia veniva utilizzata fin dai tempi più antichi.
Nel 1304 fu prescritto alla contessa dArtois, gravemente ammalata di depressione, l’ascolto di una musica darpa per otto giorni consecutivi; le celebri variazioni Goldberg vennero appositamente composte da Bach per curare” l’insonnia di un nobiluomo suo contemporaneo. Nel 1810 un medico italo-ungherese, Pietro Lichtenthal pubblicò un volume che costituisce il primo approccio scientifico al problema.
Oggi i punti di vista sull’argomento sono mutati rispetto al passato e la musicoterapia è una disciplina specialistica ritenuta rilevante materia d’insegnamento universitario presso le facoltà mediche e presso le scuole per educatori, la quale utilizza l’espressione musicale come strumento per intervenire sulla sofferenza e il disagio.
Il termine musicoterapia deriva dalla fusione di due concetti: la musica e il curare. Essa ha iniziato ad acquisire una propria ufficialità nei primi decenni del ‘900.
Nel 1950 nacque negli Stati Uniti la National Association Music Therapy”. Nel 1975 è sorta a Bologna la Associazione italiana di studi di Musicoterapia” che dedica il proprio interesse alle applicazioni in campo pedagogico-preventivo e riabilitativo. La musicoterapia consiste nell’utilizzo della musica per la realizzazione di fini terapeutici ovvero il ristabilimento, il mantenimento e il miglioramento della salute fisica e mentale; per la stimolazione e lo sviluppo di funzioni quali l’affettività, la motricità, il linguaggio; il facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, l’espressione, al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive.
La formazione del musicoterapeuta richiede una cultura di base unita a competenze musicali solide e riguarda conoscenze di carattere medico-psicologico, formazione psicologica personale, supervisione, tirocinio pratico, studio specifico del suono in relazione all’improvvisazione clinica. Il lavoro è centrato sulle parti sane” del paziente e sulla valorizzazione delle sue potenzialità residue.
Finora i risultati di maggior interesse si sono registrati nell’ambito di alcuni disturbi della personalità, in pazienti giovani, in casi di udito deficitario e difficoltà di linguaggio tipo balbuzie. Ottimi risultati si sono avuti in ausilio alle tecniche ortofoniche, logopedagogiche, fisioterapiche educative. Nello specifico sono stati riscontrati notevoli risultati con ammalati di forme nevrotiche i quali hanno mostrato un miglioramento delle loro condizioni psichiche.
Tre sono i principali sistemi di musicoterapia che si vanno diffondendo: l’ascolto, il canto, il suonare.
La musicoterapia si distingue in attiva e recettiva. Il primo procedimento consiste nel fare concretamente musica attraverso l’utilizzo di strumenti musicali, individualmente o in gruppo; il secondo procedimento si basa sull’ascolto di brani scelti in stretta relazione alle situazioni sonoro-ambientali.
La musicoterapia recettiva è utilizzata con pazienti affetti da psicosi per aiutarli a far emergere, o esprimere contenuti che spesso rimangono cristallizzati.
La musicoterapia è uno strumento per il recupero di alcuni dei molti deficit causati dal morbo di Alzheimer. Con questo tipo di pazienti vengono integrate le tecniche attive e recettive.
L’uso della musicoterapia con anziani come rapporto terapeutico rassicura, rasserena, risveglia abitudini, attiva l’espressione di emozioni, facilita l’attenzione, la coordinazione dei movimenti, l’uso della parola.
E’ solitamente proprio nelle strutture residenziali che i pazienti geriatrici hanno l’opportunità di iniziare un percorso preventivo/terapeutico con la musica, che diventa aiuto e sostegno psicologico per l’anziano, che spesso vive il ricovero con forte disagio fisico ed emotivo. L’ingresso in istituto rappresenta un momento di forte cambiamento delle condizioni ambientali (abbandono della propria casa e del proprio paese), affettive (si lasciano parenti, amici e conoscenti) e comportamentali (mutano a volte radicalmente le abitudini quotidiane). Studi e ricerche sostengono che l’istituzionalizzazione può determinare l’insorgere o l’accentuazione di disturbi emotivi, un’accelerazione dell’involuzione intellettiva, un impoverimento della vita emozionale dell’anziano che vive in istituto, minore creatività, minore chiarezza percettiva, minore capacità di reazione agli stimoli che agiscono sull’affettività, una tendenza verso la passività e l’inattività, autosvalutazione, sentimenti di apatia e di perdita di speranza o incompletezza, manifestazioni di disagio psicofisico che spesso sfocia in una forte depressione senile, caratterizzata da disturbi dell’umore (tristezza, pessimismo, mancanza di stima in se stessi), e da inibizione psicomotoria accompagnata da senso di grande stanchezza e ansia, alle quali si aggiungono disturbi somatici. Per contrastare il decadimento in questi ultimi anni nelle strutture residenziali per anziani tra i programmi animativi e preventivi/terapeutici che si stanno attivando, la musicoterapia dà aiuto espressivo e comunicativo all’anziano sofferente, per perseguire i seguenti obiettivi:
? movimento e rilassamento: la musica è uno stimolo fisico che aiuta il rilassamento e la distensione muscolare; essa costituisce un supporto ed una spinta per la mobilizzazione attiva;
? socializzazione: la musica, come attività sociale, agisce sul piano della prevenzione, facilita la comunicazione; consente l’integrazione del gruppo, la partecipazione e lo stabilirsi di legami interpersonali, il rinforzo dell’identità del singolo, l’emergere di sentimenti positivi originati dalla sensazione di appartenenza;
? ricreazione (aspetto ludico): la musica può essere fonte di gioia e di divertimento; essa dà un piacere momentaneo che non richiede sforzo di apprendimento né implica preparazione;
? gratificazione (aspetto animativo): l’influenza di un clima musicale incoraggia visibilmente l’attività generale, l’espressività e la creatività, aumentando la considerazione di se stessi e l’autostima;
? aiuto alla memoria (terapia della reminescenza): la musica fa rivivere momenti del passato, rende presenti situazioni connotate in senso emotivo, soprattutto i periodi felici della vita, e aiuta a ristrutturare la nozione del tempo; attraverso l’uso di canzoni e musiche accettate e riconosciute si stimolano i ricordi e le associazioni;
? apprendimento: la musica facilita l’apprendimento secondo due modalità principali:
– il riapprendimento di una destrezza perduta o menomata in seguito a malattie o traumi;
– l’apprendimento di nuove competenze per compensare quelle perdute o menomate
contatto con la realtà: la musica aiuta gli anziani a stabilire e mantenere durante gli incontri brevi momenti di contatto con la realtà; la scansione settimanale degli incontri, ad esempio, aiuta a ristrutturare e riorientare la sensazione del tempo;
sostegno e rinforzo psicologico: la musica dà sollievo alla propria ansia e consente all’anziano di allentare l’attenzione su se stesso e i suoi disturbi;
proiezione (liberazione di emozioni e di tensioni psichiche): la musica può essere un mezzo proiettivo che stimola le libere associazioni e produce la liberazione delle emozioni e dei contenuti inconsci, aiutando l’espressione e la canalizzazione delle pulsioni interne disturbanti; la musica può essere uno strumento proiettivo di induzione e di suggestione, finalizzato ad un cambiamento terapeutico.
L’anziano, anche quello che non ha ricevuto un’educazione musicale, ha una competenza esperienziale in tutto quello che concerne il campo sonoro-musicale: la conoscenza di canti, il ricordo di eventi sonori per lui significativi, le pratiche sociali inerenti la musica come il ballo, le serenate, i cantastorie, gli strumenti musicali. Questo bagaglio sonoro-musicale che l’anziano si porta dentro, che parla della sua storia, del suo vissuto, della sua cultura diventa materiale su cui lavora il musicoterapeuta.
La musicoterapia lavora sulle parti sane dell’anziano e suo obiettivo primario è quello di valorizzare tutte le potenzialità residue; la musica diventa così un mezzo per “prendersi cura” degli anziani troppo nostalgicamente legati al passato e quindi incapaci di vivere un presente proiettato nel futuro, e degli anziani che presentano problemi di depressione, aiutandoli ad accettare il proprio processo di invecchiamento e/o ad elaborare un lutto.
All’interno dell’istituto con la pratica corale, una delle attività principali dell’intervento musicoterapeutico, si realizzano momenti di socializzazione e d’informazione culturale. Cantare vecchie canzoni o anche solo brevi frasi crea un’atmosfera gioiosa e distesa, grazie alla quale l’anziano si diverte, si rende più disponibile nei confronti degli altri e partecipa attivamente all’attività di gruppo. Cantare in gruppo rappresenta un’esperienza comunitaria capace di far dimenticare la routine quotidiana, di distogliere la mente da tristi preoccupazioni. Cantare fa bene all’apparato respiratorio e a quello digestivo e può influire positivamente sullo stato generale di salute;
Spesso il canto è finalizzato al recupero della “memoria sonora”: il canto è il linguaggio degli affetti, delle emozioni. Associare al canto la narrazione, la reminescenza e la conseguente verbalizzazione è un modo che consente alle persone di far luce e di ricostruire la propria vita passata, ma anche presente e futura. L’ascolto di musica semplice può inserirsi nella routine quotidiana, rendendo diversa la giornata. L’ascolto è utilizzato non solo come mezzo di distrazione, ma come momento importante per riavviare l’anziano ad una percezione attenta e globale, per l’attivazione delle funzioni cerebrali, poiché è un’azione complessa che coinvolge non solo la componente affettiva della persona ma anche quella razionale. E’ dimostrato che l’ascolto della musica con un atteggiamento prevalentemente dominato dall’emotività provoca un netto aumento dell’attività cerebrale nell’emisfero di destra, mentre un ascolto di tipo analitico-interpretativo, che si accompagna alla lettura dello spartito, produce un aumento della funzionalità a livello dell’emisfero di sinistra.
Nelle case di cura e in quelle di pena è stato attuato uno studio particolareggiato dei pazienti attraverso la musicoterapica. I bambini che crescono ascoltando musica in casa sviluppano una maggiore sensibilità acustica rispetto a quelli che non la ascoltano; anche per questo motivo l’educazione musicale nelle scuole, come a casa, dovrebbe essere potenziata. E’ recente lo sviluppo di ricerche su come la musica possa influire direttamente sulla condizione di un atto chirurgico. Ormai è scientificamente dimostrato che la presenza in sala operatoria di distensive armonie musicali (Dedussy, La Mer) riduce il livello di stress per chi ci lavora e l’ansia per che deve a volte sopportare il dolore. Ciò vale anche per le donne in attesa di partorire. La cosa strana è che tali benefici sono confermati anche da pazienti sottoposti ad anestesia generale.
Un esempio di utilizzo della musica a scopo terapeutico è rintracciabile a livello etnico-folklorico nella terapia corentico-musicale del tarantismo”. Il tarantismo è una manifestazione patologica i cui sintomi sono dispnea, conati di vomito, disturbi cardiaci, tremiti, convulsioni, delirio, ed è attribuita dalla credenza popolare al morso della tarantola. Nella tradizione popolare la cura di tale patologia consiste nella ripetizione ossessiva di movimenti ritmici che mantengono costantemente un livello sonoro impressionante e una danza pantomimica che i tarantolati eseguono senza sosta. La durata della cura può variare da qualche ora a qualche giorno. In realtà, un’indagine etnografica svolta nel Salento, terra pugliese in cui è radicato il ballo della taranta”, ha mostrato come la vera causa del tarantismo non sia il morso del ragno, ma un fenomeno di tipo psico-sociologico e rituale, ovvero come danza che libera l’individuo da fobie ancestrali, di cui la tarantola è solo un simbolo.
Nicola Schiavone
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