X Agosto di Giovanni Pascoli
28 Dicembre 2019Introduzione alla raccolta poetica Myricae
28 Dicembre 2019“Nebbia” è una poesia densa di malinconia e significato, tratta dalla raccolta Canti di Castelvecchio di Giovanni Pascoli.
In questa poesia emerge con forza uno dei temi più cari al poeta: il desiderio di rifugio e protezione dal mondo esterno, visto come fonte di dolore e sofferenza. La nebbia diventa una sorta di velo protettivo, capace di nascondere ciò che fa soffrire e riportare l’attenzione del poeta sui piccoli, intimi dettagli della vita domestica e rurale, che rappresentano per lui sicurezza e pace.
Introduzione
Nebbia è un componimento in cui Pascoli esprime il desiderio di allontanarsi dal dolore e dalla sofferenza attraverso l’immagine della nebbia. La nebbia, fenomeno atmosferico che sfuma i contorni e rende il mondo lontano indistinto, viene qui vista come un simbolo di protezione: essa nasconde “le cose lontane”, ovvero le esperienze, i ricordi e i dolori del passato. Attraverso il velo della nebbia, il poeta cerca di focalizzarsi solo sugli elementi del presente, quelli vicini, che possono offrirgli una consolazione e una tregua dal suo tormento interiore. Pascoli descrive una visione del mondo limitata e chiusa, fatta di cose semplici e familiari, lontana dai drammi e dalle inquietudini del mondo esterno.
Analisi
La poesia è costruita con una struttura ciclica, in cui la ripetizione del verso “Nascondi le cose lontane” crea un ritmo ipnotico e riflessivo. Ogni strofa si apre con questa invocazione alla nebbia, che diventa una sorta di interlocutore a cui il poeta si rivolge per chiedere protezione. Pascoli cerca di restringere il suo campo visivo, di limitare la sua percezione del mondo a ciò che è immediatamente presente e rassicurante. La nebbia, con la sua capacità di velare il paesaggio, diventa uno strumento che permette al poeta di evitare di confrontarsi con le “cose lontane”, che sono sinonimo di sofferenza, perdita e ricordi dolorosi.
Prima strofa
“Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!”
La nebbia viene descritta come una forza impalpabile, scialba, una sorta di fumo che si leva all’alba dopo una notte di tempeste. È una nebbia che nasce dagli “aerei crolli” e dai “lampi notturni”, immagini che suggeriscono distruzione e caos. Tuttavia, la nebbia ha il potere di coprire questi disastri, di nascondere ciò che è doloroso e spaventoso, e questo è ciò che il poeta le chiede di fare: nascondere le cose lontane, ovvero quelle realtà troppo dure da affrontare.
Seconda strofa
“Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valeriane.”
Il poeta chiede alla nebbia di nascondere “quello ch’è morto”, che può riferirsi a persone scomparse o a esperienze passate ormai perdute. Vuole limitare la sua vista alla “siepe dell’orto” e alla “mura” crepata e invasa dalle valeriane. Questi dettagli semplici e quotidiani rappresentano un rifugio sicuro, un luogo familiare che non porta dolore, ma solo una tranquillità domestica.
Terza strofa
“Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.”
Le “cose lontane” sono “ebbre di pianto”, ossia intrise di dolore e sofferenza. Pascoli desidera limitarsi a vedere solo i due peschi e i due meli, alberi che danno frutti dolci (mieli), sufficienti per accompagnare il suo “nero pane”, simbolo della sua esistenza austera e modesta. Qui, la metafora del pane e del miele suggerisce una vita semplice, ma anche dignitosa e dolce, nonostante il dolore e le difficoltà.
Quarta strofa
“Nascondi le cose lontane
che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…”
Le “cose lontane” sono anche quelle che spingono il poeta ad amare e ad agire, ma che, al contempo, lo tormentano. Egli chiede alla nebbia di nascondere queste sollecitazioni e di lasciargli vedere solo la “bianca strada”, simbolo del suo cammino finale verso la morte, accompagnato dal rintocco delle campane. L’immagine della strada bianca evoca l’idea di un percorso inevitabile e solitario, che si deve compiere con fatica.
Quinta strofa
“Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.”
Nell’ultima strofa, il poeta chiede alla nebbia di nascondere completamente le cose lontane, rubandole al “volo del cuore”, cioè a quella parte di sé che ancora vorrebbe provare emozioni e desideri. Pascoli vuole vedere soltanto il cipresso solitario, simbolo della morte, e l’orto vicino, dove sonnecchia il suo cane, simbolo di fedeltà e di vita semplice. L’immagine del cane che dorme vicino a lui aggiunge un ulteriore strato di intimità e serenità domestica.
Commento
Nebbia è una poesia che esprime in modo struggente il desiderio di proteggersi dalla sofferenza del mondo. La nebbia diventa il simbolo del rifugio e dell’oblio, una barriera che nasconde al poeta tutto ciò che potrebbe turbarlo. Pascoli cerca di chiudersi in un microcosmo fatto di elementi familiari e rassicuranti: la siepe, l’orto, gli alberi, il cane, il cipresso. È una richiesta di pace interiore, di allontanamento dalle “cose lontane”, che rappresentano il mondo esterno, carico di dolore, obblighi e aspettative.
Il tema del rifiuto del mondo esterno, che si esprime nel desiderio di limitare la propria esistenza a ciò che è vicino e conosciuto, è tipico della poetica pascoliana. Le “cose lontane” possono essere interpretate come le ambizioni, i desideri e le relazioni che trascinano l’individuo verso la vita attiva, ma che per Pascoli sono anche fonti di angoscia e delusione. Il poeta preferisce rifugiarsi in una vita di semplicità, ritirandosi dal mondo e cercando conforto nella natura e nelle piccole cose.
La ripetizione costante del verbo “nascondi” accentua l’urgenza del desiderio del poeta di sfuggire al dolore e al tumulto della vita. C’è una contrapposizione tra il mondo esterno, carico di pianto e di sofferenza, e il mondo interno, fatto di silenzio, tranquillità e intimità. La scelta di immagini semplici e domestiche (l’orto, il cane, gli alberi da frutto) rafforza questa idea di un universo ristretto ma sicuro, dove il poeta può trovare riposo.
Parafrasi
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia leggera e opaca,
tu vapore che ancora sali
all’alba,
dai fulmini notturni e dalle frane
dei monti nell’aria!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane,
nascondimi ciò che è morto!
Che io possa vedere soltanto la siepe
dell’orto,
e il muro pieno di crepe
coperte di valeriana.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane,
perché sono cariche di pianto!
Che io possa vedere soltanto i due peschi e i due meli,
che danno i loro dolci frutti
per accompagnare il mio pane nero.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…
Nascondi le cose lontane
che mi spingono ad amare e ad agire!
Che io possa vedere soltanto quella strada bianca
che un giorno dovrò percorrere, stanco,
con il suono lontano delle campane…
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
Nascondi le cose lontane,
nascondile, rubale al volo
del mio cuore! Che io possa vedere solo il cipresso
là in lontananza,
qui, solo quest’orto, vicino al quale
sonnecchia il mio cane.
Nebbia rappresenta uno degli esempi più alti della capacità di Giovanni Pascoli di evocare, attraverso immagini semplici e quotidiane, sentimenti profondi e universali. La poesia esprime il bisogno di riparo dal dolore e dall’angoscia esistenziale, trovando nella nebbia un simbolo di protezione che permette al poeta di ritirarsi in un mondo intimo e sicuro, lontano dalle sofferenze della vita.
Solo testo della poesia “Nebbia” dai Canti di Castelvecchio di Giovanni Pascoli
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.