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27 Gennaio 2019LA DONNA SERVA
Nei confronti della popolazione non libera continuavano a vigere da lungo tempo le limitazioni nella libertà matrimoniale.
Secondo la legge salica tutto dipendeva dalla volontà del signore. Un matrimonio tra schiavi di padroni diversi, che non fosse stato autorizzato, determinava come punizione la bastonatura dello schiavo maschio. Ma i non liberi hanno cercato la protezione della Chiesa: nel concilio di Orleans nel 541 il problema venne dibattuto ma ai sacerdoti fu vietato di proteggere questi matrimoni. Le fonti franche non vietano ai signori di rompere un legame matrimoniale da lui permesso fra i suoi schiavi con una relazione con la propria schiava sposata. Nell’VIII secolo il re Longobardo Liutprando emanò un divieto contro questa usanza. Il decretum vermeriense , databile attorno al 750 conferiva invece la possibilità di separare due coniugi per mezzo della vendita. E’ quindi evidente che il diritto tardo romano che prevedeva molteplici forme di protezione per la famiglia schiava, non aveva avuto alcuna influenza.
Nella vita quotidiana, la divisione del lavoro tra i due sessi attribuiva alla donna l’economia domestica:in concreto preparava il bagno, macinava il grano a mano, produceva la birra, cucinava e puliva, in più prestava il suo aiuto nel vigneto del signore, nella raccolta di bacche nel bosco e nel raccolto cerealicolo. Secondo l’admonitio generalis del 789, che concerneva la santificazione della festa, una serie di opera servilia erano severamente vietati di domenica.In particolare le donne non potevano raccogliere piante fibrose, battere il lino, cardare la lana, tosare le pecore, lavare in luoghi pubblici, tagliare e cucire abiti. Sia nei poderi dei signori che in quelli ecclesiastici, esistevano delle manifatture tessili dette genitia, dove lavoravano solo donne. Qui ricevevano vitto e alloggio ma non percepivano salario monetario. Il signore forniva inoltre le materie prime e gli attrezzi di lavoro.
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