Tancredi e Ghismonda
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28 Dicembre 2019Questa ode di Orazio, composta nell’ambito del suo primo libro di Odi, è un inno alla vita presente e alla gioia di vivere, tipico del suo pensiero epicureo.
1. Descrizione del paesaggio invernale (vv. 1-4)
Orazio inizia con una descrizione visiva e atmosferica del Soratte, una montagna vicino a Roma, coperta di neve. L’immagine del freddo e del gelo che immobilizza i boschi e i fiumi rappresenta la natura sotto l’effetto dell’inverno, un’immagine che evoca staticità e immobilità.
2. L’invito al calore e al vino (vv. 5-8)
Orazio invita Thaliarco a combattere il freddo accendendo il fuoco e versando generosamente del vino. Il gesto di accendere il fuoco e bere vino rappresenta il calore umano e la convivialità che contrastano la rigidità della natura invernale. Il “quadrimum merum” (vino puro di quattro anni) suggerisce l’importanza di godere dei piaceri semplici e raffinati della vita.
3. Affidarsi agli dei e al destino (vv. 9-12)
Qui emerge la filosofia epicurea di Orazio: lasciare agli dei il controllo del mondo naturale e non preoccuparsi di ciò che non possiamo cambiare. La tranquillità della natura dopo la tempesta simboleggia la serenità che si può raggiungere affidandosi al destino e accettando ciò che viene.
4. Il carpe diem e l’invito a vivere il presente (vv. 13-16)
Orazio ribadisce il concetto centrale del carpe diem, invitando a non preoccuparsi del futuro e a considerare ogni giorno un guadagno. Esorta Thaliarco a non respingere i piaceri giovanili, come l’amore e la danza, finché la giovinezza dura.
5. L’amore e il piacere dei momenti semplici (vv. 17-24)
Gli ultimi versi sono un invito a godere dei piaceri dell’amore e della compagnia femminile. I “lenes susurri” (dolci sussurri) e il “gratus risus” (dolce sorriso) evocano la gioia dei piccoli momenti condivisi, in un contesto di gioventù e amore. L’immagine del pegno strappato dalla mano della ragazza aggiunge un tocco di intimità e complicità, esaltando i piaceri fugaci e semplici della vita.
Conclusione
L’ode 1.9 di Orazio è un perfetto esempio della sua filosofia di vita, che combina l’epicureismo con un raffinato senso estetico. Invita a godere del presente, senza preoccupazioni per il futuro, e a trovare gioia nei piaceri semplici e genuini, in armonia con la natura e gli affetti umani.
Testo
Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto.
Dissolve frigus ligna super foco 5
large reponens atque benignius
deprome quadrimum Sabina,
o Thaliarche, merum diota.
Permitte divis cetera, qui simul
stravere ventos aequore fervido 10
deproeliantis, nec cupressi
nec veteres agitantur orni.
Quid sit futurum cras fuge quaerere, et
quem Fors dierum cumque dabit, lucro
adpone, nec dulcis amores 15
sperne puer neque tu choreas,
donec virenti canities abest
morosa. Nunc et campus et areae
lenesque sub noctem susurri
composita repetantur hora, 20
nunc et latentis proditor intimo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.
Traduzione del Testo strofa per strofa
Orazio, Ode 1.9
- Vides ut alta stet nive candidum Soratte nec iam sustineant onus silvae laborantes geluque flumina constiterint acuto.Vedi come il Soratte, candido per l’alta neve, stia immobile, e come i boschi non riescano più a sopportare il peso, e i fiumi si siano fermati, immobilizzati dal ghiaccio tagliente.
- Dissolve frigus ligna super foco large reponens atque benignius deprome quadrimum Sabina, o Thaliarche, merum diota.Sciogli il freddo, ponendo abbondantemente legna sul fuoco, e versa più generosamente il vino puro di quattro anni, o Thaliarco, dall’anfora Sabina.
- Permitte divis cetera, qui simul stravere ventos aequore fervido deproeliantis, nec cupressi nec veteres agitantur orni.Affida agli dei il resto, che, una volta placati i venti che combattono sull’acqua in tempesta, non fanno agitare né i cipressi né i vecchi orni.
- Quid sit futurum cras fuge quaerere, et quem Fors dierum cumque dabit, lucro adpone, nec dulcis amores sperne puer neque tu choreas,Non cercare di sapere cosa sarà domani, e qualunque giorno la Sorte ti conceda, consideralo un guadagno; non disdegnare i dolci amori, o giovane, né le danze,
- donec virenti canities abest morosa. Nunc et campus et areae lenesque sub noctem susurri composita repetantur hora,finché la vecchiaia capricciosa è lontana dalla tua giovinezza. Ora sia il campo sia le piazze, e i dolci sussurri alla sera, siano cercati all’ora stabilita,
- nunc et latentis proditor intimo gratus puellae risus ab angulo pignusque dereptum lacertis aut digito male pertinaci.ora anche il dolce sorriso della ragazza, traditore dal suo angolo nascosto, e il pegno strappato dalle braccia o da un dito poco resistente.