La mia gran pena e lo gravoso affanno di Guido delle Colonne
28 Dicembre 2019Versi 67-142 del sesto canto del Paradiso di Dante
28 Dicembre 2019Nei paragrafi 12 e 13 della Lettera 47 di Seneca a Lucilio, Seneca approfondisce ulteriormente il suo invito a trattare gli schiavi con dignità, continuando a sfidare le concezioni tradizionali della schiavitù nell’antica Roma.
Testo originale (paragrafi 12-13):
- “Servi sunt.” Verum est; sed homines. “Servi sunt.” Verum est; sed contubernales. “Servi sunt.” Verum est; sed humiles amici. “Servi sunt.” Verum est; conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae.
- Itaque ille sapiens servorum consuetudine utitur, et in sermones illum tamquam honestum et utilem hominem habet: non ut malus dominus captus sua superbia dominetur, sed ad amicitiam impetrandam.
Traduzione in italiano:
- “Sono schiavi.” È vero; ma sono uomini. “Sono schiavi.” È vero; ma sono compagni. “Sono schiavi.” È vero; ma sono amici umili. “Sono schiavi.” È vero; ma sono nostri compagni di sventura, se pensi che la fortuna ha lo stesso potere su tutti noi.
- Perciò il saggio convive con i suoi schiavi e li tratta come esseri umani degni di rispetto e utili per la conversazione: non come un cattivo padrone che, preso dall’arroganza, comanda con disprezzo, ma con l’intento di coltivare l’amicizia.
Analisi e commento
Paragrafo 12: Ripetizione insistente e rafforzamento dell’idea
Nel paragrafo 12, Seneca continua a utilizzare la tecnica della ripetizione, iniziata nei paragrafi precedenti, per enfatizzare un punto cruciale: sì, gli schiavi sono tali per la società romana, ma questo non cambia la loro essenza di homines (uomini), né la possibilità di considerarli contubernales (compagni di vita) o humiles amici (amici umili). Questa insistenza ribadisce l’importanza di riconsiderare il valore umano degli schiavi. Seneca insiste sulla vulnerabilità condivisa di tutti di fronte alla fortuna, l’entità capricciosa che governa le vite umane, capace di elevare o abbattere chiunque in qualsiasi momento.
Paragrafo 13: Il comportamento del saggio
Nel paragrafo 13, Seneca introduce il concetto del saggio (ille sapiens), una figura centrale nella filosofia stoica. Il saggio è colui che ha raggiunto la perfezione morale e vive secondo la virtù. Secondo Seneca, il saggio non tratta gli schiavi con arroganza o disprezzo, ma li considera degni di conversazione e di rispetto. Il suo scopo non è esercitare potere, ma promuovere amicizia. Qui Seneca sottolinea la relazione virtuosa che dovrebbe esistere tra padrone e schiavo: non una gerarchia rigida basata su ruoli sociali, ma un legame basato sul rispetto reciproco e sulla consapevolezza della comune umanità.
Conclusione
In questi paragrafi, Seneca consolida il suo messaggio: gli schiavi devono essere considerati come uomini a pieno titolo, soggetti alle stesse forze del destino dei loro padroni. Il comportamento del padrone saggio è opposto a quello del padrone arrogante e crudele: egli tratta i suoi schiavi con rispetto, come se fossero amici o compagni, dimostrando una concezione etica della vita basata sulla virtù e sull’umanità condivisa.