Marco Porcio Catone
28 Dicembre 2019Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
28 Dicembre 2019Il sonetto 226 del Canzoniere di Francesco Petrarca è una testimonianza struggente dell’amore per Laura, ed evidenzia l’intensa sofferenza che l’assenza dell’amata provoca nel poeta, insieme alla contrapposizione tra il dolore interiore e l’ambiente naturale felice e sereno.
Testo del sonetto
Riportiamo il sonetto per chiarezza:
Passer mai solitario in alcun tetto
non fu quant’io, né fera in alcun bosco,
ch’i’ non veggio ’l bel viso, et non conosco
altro sol, né quest’occhi ànn’altro obiecto.
Lagrimar sempre è ’l mio sommo diletto,
il rider doglia, il cibo assentio et tòsco,
la notte affanno, e ’l ciel seren m’è fosco,
et duro campo di battaglia il letto.
Il sonno è veramente, qual uom dice,
parente de la morte, e ’l cor sottragge
a quel dolce penser che ’n vita il tene.
Solo al mondo paese almo, felice,
verdi rive fiorite, ombrose piagge,
voi possedete, et io piango, il mio bene.
Parafrasi del testo
Quartina 1: “Mai un passero solitario, sotto qualche tetto, né una fiera nei boschi furono quanto me solitari, poiché io non vedo il bel viso (di Laura), e non conosco altro sole, né i miei occhi hanno altro oggetto da guardare.”
Petrarca si paragona a un uccello solitario o a una fiera selvaggia, esprimendo una solitudine estrema che deriva dall’assenza della visione dell’amata Laura, che per lui è come un sole, l’unica luce che illumina la sua vita.
Quartina 2: “Il mio sommo piacere è il piangere continuamente, il ridere per me è dolore, il cibo mi è assenzio e veleno, la notte è un tormento, e il cielo sereno per me è oscuro, e il letto è come un campo di battaglia.”
Qui vediamo il ribaltamento delle esperienze comuni: ciò che per gli altri è fonte di piacere (ridere, mangiare, riposare sotto un cielo sereno) per lui è invece fonte di dolore. La notte, che per altri è momento di riposo, per Petrarca è affanno e angoscia, e il suo letto, simbolo del riposo, diventa un luogo di battaglia interiore.
Terzina 1: “Il sonno è davvero, come si dice, fratello della morte, poiché mi sottrae al dolce pensiero che mi tiene in vita.”
Qui, Petrarca riprende il concetto classico che il sonno è simile alla morte, poiché entrambi “sospendono” la vita. Il sonno gli impedisce di riflettere su Laura, e questo per lui è un dolore ulteriore, perché il pensiero dell’amata è ciò che lo mantiene vivo, nonostante la sofferenza.
Terzina 2: “Siete voi, al mondo, l’unico luogo felice e benedetto, verdi rive fiorite, ombrose sponde: voi possedete il mio bene, e io piango per esso.”
Le rive fiorite e ombrose evocano un paesaggio ideale, forse il luogo dove riposa l’anima di Laura, o forse un luogo dell’immaginazione dove regna la pace e la felicità. Tuttavia, Petrarca rimane nel mondo del pianto e del dolore, lontano da questo paesaggio idilliaco.
Analisi del sonetto
Questo sonetto è impregnato del tema della solitudine e della sofferenza che derivano dall’assenza dell’amata Laura. Il poeta si paragona a un “passero solitario” e a una “fiera”, simboli di creature isolate e in perenne stato di inquietudine. Il mondo esterno non ha più significato per lui: non c’è più piacere nel cibo, né nel riposo, e perfino il cielo sereno, che di solito ispira serenità, è per lui oscuro.
Petrarca costruisce il suo dolore su una serie di antitesi: il pianto diventa “diletto”, il riso diventa “doglia” (dolore), il cibo diventa veleno. Questa serie di contrasti riflette l’inversione completa dei valori e delle esperienze comuni, una situazione in cui ogni aspetto della vita è capovolto dall’assenza di Laura.
Nelle terzine, Petrarca introduce il tema del sonno, che descrive come “parente de la morte”. Questa immagine del sonno come piccolo assaggio della morte è ricorrente nella letteratura classica e medievale, e qui Petrarca lo usa per esprimere l’angoscia del distacco, persino temporaneo, dal pensiero di Laura. Infine, il sonetto si chiude con un’immagine bucolica di rive fiorite e ombrose, che rappresentano l’unico luogo felice sulla terra, un luogo che però Petrarca non può raggiungere.
Conclusione
Il sonetto è un potente esempio dell’arte di Petrarca nel trasfigurare il suo dolore in immagini poetiche complesse e suggestive. La solitudine, il ribaltamento delle emozioni e il confronto tra il mondo ideale e il mondo reale sono temi che ritornano spesso nel Canzoniere, ma qui sono espressi con particolare forza.
Il sonno, che per altri potrebbe essere un momento di sollievo, è invece per Petrarca un momento doloroso, poiché lo priva della possibilità di contemplare Laura, anche solo in pensiero. Allo stesso modo, il paesaggio naturale che chiude il sonetto rappresenta un mondo felice che Petrarca osserva da lontano, senza poterlo vivere. Questo contrasto finale tra la bellezza della natura e il dolore interiore del poeta è un esempio tipico del dualismo petrarchesco tra il desiderio di pace e la consapevolezza dell’irraggiungibilità di quella pace.