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22 Settembre 2024Scrive Ernesto Galli della Loggia sul Corriere: “La scuola richiede una svolta”, “Da anni una quantità sempre crescente di giovani … è virtualmente dealfabetizzata, incapace di articolare per iscritto il pensiero più semplice”.
Si tratta di una questione che la legge, inascoltata, ha affrontato nel 1974: la complessità del problema formativo è stata abbattuta scomponendolo in sottoproblemi; il legislatore, attraverso successive approssimazioni, ha elaborato gradualmente la finalità della scuola. Ha identificato, definito e gerarchicamente strutturato tre ambiti: quello educativo, quello dell’istruzione e quello dell’insegnamento. Ha affidato la responsabilità della “Programmazione dell’azione educativa” al Collegio dei docenti che deve “Valutare periodicamente il conseguimento degli obiettivi programmati” per migliorare l’efficacia del servizio. La scuola, trasgredendo i vincoli di legge, si è arroccata nella frammentazione del servizio.
L’inosservanza delle norme è ricorrente, anche ai massimi livelli. Si consideri ad esempio il disegno di legge sulla “Introduzione delle competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche”, già approvato dalla Camera dei Deputati e, in questi giorni, esaminato dalla VII Commissione del Senato. Il modello di scuola sotteso si fonda sui singoli insegnamenti e si contrappone al lavoro di squadra che è in ordinamento da mezzo secolo. Il sostantivo “Introduzione” è inequivocabile.
La resistenza al cambiamento è dovuta alla mancata attenzione per le indicazioni di legge: si vuole difendere il tradizionale modello organizzativo gerarchico, ormai obsoleto. Per sanare la situazione sarebbe sufficiente applicare sostanzialmente la legge 12/2020 che ha separato e differenziato la finalità della scuola da quella dell’università. Da un lato si afferma la strumentalità della conoscenza per il rafforzamento delle qualità intellettuali e operative dei giovani; dall’altro i singoli insegnamenti sono separati e indipendenti. I ministri, prevalentemente accademici, aderiscono a questa seconda concezione.
Pertanto la svolta auspicata non è necessaria, non bisogna inventare nuovi modelli: è sufficiente applicare con rigore le leggi esistenti. Un esempio è tratteggiato in rete: “Un approccio scientifico alla riforma della scuola”.