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27 Gennaio 2019Elisabetta Marzetti
27 Gennaio 2019di Aldo C. Marturano
Immaginiamoci il contadino russo che al sorgere del sole nella stagione calda si alza, mangia una robusta colazione a base di ortaggi e di tanto pane abbrustolito con lardo o burro sciolto sopra (salomàta) e va al lavoro nei campi. Lavorerà sotto il sole cocente per ore e finalmente la fame lo costringerà a fare una prima sosta. Trovato un angolo nell’ombra, tirerà fuori dalla sua sacca… ancora un pezzo di pane!
Il quadro è abbastanza realistico perché si è ripetuto per secoli nella Pianura Russa ed è testimoniato nel folclore delle fiabe, prima della panificazione industriale e della meccanizzazione dell’agricoltura. La cosa che ci interessa di più nella detta scena è però il pane e, siccome c’è una lunga storia dietro questo prodotto come è fatto in Russia, noi cercheremo qui di condensarla in grandi tratti anche se stiamo parlando del cibo russo più popolare.
I dati statistici (2000) ci dicono addirittura che i russi sono i più grandi consumatori di pane d’Europa giacché ogni russo ne consuma al giorno mezzo chilo, rispetto, ad esempio, al tedesco (il maggior mangia-pane della U.E.) che ne consuma 250 g! E già questi numeri ci confermano per l’oggi quello che si deduce dal folclore per ieri e cioè che il pane costituisse l’alimento fondamentale della dieta contadina medievale russa.
Se ci fermiamo a queste poche parole però, metteremmo da parte alcuni aspetti notevoli del pane nella interpretazione pagana slava della vita umana che sono invece ancora vivi e importanti nella Pianura Russa come, ad esempio, il suo ruolo religioso di offerta suprema di ringraziamento agli dèi. Per cognizione generica sappiamo che si fa da un impasto di farine di cereali con acqua e sale e, ridotto in forme particolari, è cotto in un forno, a volte lievitandolo e a volte azzimo.
Con quali cereali si fa il pane? Potremmo rispondere: Con qualsiasi! In realtà la tradizione di migliaia di anni ha fissato nelle ricette canoniche i cereali da usare e le procedure. E così, se nel Mediterraneo il frumento era basilare, in altre regioni d’Europa i cereali erano altri. E non solo! A seconda della disponibilità di altri prodotti vegetali e animali l’impasto del pane veniva integrato con sapori diversi in certe circostanze particolari.
Esaminiamo però un problema del tutto peculiare alla situazione della Pianura Russa. Il frumento, troppo siliceo per il consumo se non era liberato dalle glume del seme, doveva essere macinato per farne farina come sappiamo che si faceva sin da tempi remoti con mulini fissi o portatili di tutti i tipi e misure fatti con pietre dure e non friabili e… tali pietre nella Pianura Russa purtroppo nel Medioevo erano impossibili da procurare. Per queste ragioni la macinatura fina con tali arnesi non esistette per molto tempo in Russia e le farine si continuò a ottenerle grossolane (krupà in russo) perché pestate nei mortai di legno dopo aver leggermente abbrustolito le cariossidi. D’altronde macinare, fare farina e impastare, lievitare e poi cuocere lentamente e a lungo erano dei lavori che rubavano troppo tempo, se dovevano essere ripetuti con frequenza, in una stagione nordica buona”, ma breve. Se aggiungiamo inoltre che il frumento non era coltivato ovunque a confronto con la segale, l’orzo o l’avena, arriviamo, per la produzione di pane, a poter dividere la Pianura Russa in due aree ben distinte: le Terre Nere, prevalenti nel nordest e dove si coltivava del frumento, e il centro-nord silvicolo dove invece prevaleva il coltivo della segale, orzo e avena. In parole più dirette: Sulla tavola dei Bulgari del Volga troneggiava il pane di farina di frumento e sulla tavola di san Vladimiro di Kiev (forse!) quello di segale con una differenza tipica fra i due tipi di pane non soltanto nella lavorazione, ma pure nel sapore e nell’apporto energetico.
E passiamo alle procedure. La farina di frumento a causa dell’alto contenuto di glutine, una volta setacciata, lega molto bene con l’acqua e lievita rapidamente. La massa ottenuta, cotta in forno, dà un prodotto finale gommoso di ottima tenuta e con una crosta dura (involucro necessario!), ma un po’ difficoltoso per staccarne dei pezzi.
Per contro la farina di segale (o di orzo e avena) invece non dà una buona tenuta alla pasta del pane che facilmente secca e si rompe. Nel caso della segale perché macinarne per fare farina, quando i suoi semi una volta nudi si possono ammorbidire nell’acqua e poi pressarli l’uno contro l’altro, magari mescolandoli con farina” di piselli o di fave per migliorarne la consistenza?
Dobbiamo pensare che in tempi antichissimi, prima del pane, si partisse da una zuppa di cereali ispessita e secca che ricotta in forno dava una crosta dura alla massa, simile perciò al prodotto presente nella Russia medievale. Insomma vogliamo dire che, abbandonata l’idea di ottenere farine fine e glutinose, il pane tipico doveva essere assolutamente uguale al moderno Pumpernickel tedesco fatto con l’impasto di soli semi e sopravvissuto fino ad oggi!
Ciò detto, ecco qualche dettaglio sulla sua preparazione.
Si potrebbe partire dalla farina di segale grossolana ottenuta pestando e non setacciarla o setacciarla a maglie larghe, ma si preferisce più frequentemente lavorare sui semi interi. Tenuti a mollo per qualche ora, si passa ad impastarli con poca fatica e la massa è lasciata riposare per ancora delle ore in acqua calda. Dopodiché formata in pani rotondi (salvo le preparazioni speciali in altre forme) viene tenuta nel forno per tutta la notte alla temperatura non elevata della brace. Questo è importante giacché, siccome durante il tempo di lavorazione sarà penetrato qualche fermento vagante nell’aria o per lo scatenarsi della microflora presente sui semi, si darà il via alla reazione di Maillard dell’amido. Di qui la fragranza del pane appena cotto e il colore bruno tradizionale (pane nero!), per tacere del suo sapore tipico leggermente acidulo e un po’ dolciastro. Il fatto di non essere lievitato come quello di frumento dà una pasta non molto coerente, facile da spezzare e senza una crosta troppo dura e cioè, in altre parole, a prova di dentature deboli. Dettaglio non trascurabile nel tempo passato!
Nelle Cronache Russe il pane nero di segale (in russo ito) viene indicato come il cibo delle classi meno abbienti mentre il pane bianco di farina di frumento (in russo hlieb) diventa il fiore della tavola dell’élite e naturalmente, come spesso succede nella storia che predilige i potenti, la parola hlieb si fissò per indicare il pane in generale e ito scomparve del tutto col vecchio significato! Tuttavia questa scala di valori sociali si invertiva lungo i Carpazi dove era la segale ad essere considerata più nobile” del frumento!
Il hlieb, come sappiamo, richiedeva coltivi di frumento con ritmi agricoli speciali praticamente sconosciuti nella Pianura Russa e perciò, con l’acquisizione delle Terre Nere (fine del X sec.), l’intera faccenda diventò una delle maggiori occupazioni dei monasteri. Con Cristo si era infatti creata una grande richiesta del cereale per produrre la prosforà, il pane senza sale per dir messa, e il frumento a poco a poco lo si vide apparire qua e là nei campi giusto al seguito dei preti che istituivano le parrocchie nei villaggi. Siccome il terreno del villaggio era lavorato in comune, le nuove coltivazioni imposte dalla Chiesa suscitarono proteste a non finire e alla fine si raggiunsero dei compromessi in cui si continuò a fare il pane di segale per la gente comune e di frumento per il prete e per il signore locale che pretese di avere anche lui il nobile pane bianco. Alla fine però accadde che le parrocchie compravano le ostie dai conventi e il parroco mangiava lo stesso pane di segale offerto dai parrocchiani! Aggiungiamo che nel sec. XIV arrivarono persino i primi mulini dalla Grecia e il mugnaio fu ritenuto un mago pericoloso (quasi quanto il prete cristiano dei primi tempi) per il fatto di produrre la materia prima per un cibo impuro e non sacro quale il pane bianco.
Ogni decina di giorni, più o meno, si faceva il pane”. C’era un posto dove esisteva lo spazio per lavorare la segale e dove era installato un forno apposito presso un dvor vicino per cuocere. Perché un forno e un dvor particolare? Essendo il cibo primario, occorreva il fondo speciale di una pe?ka riservata e sacralizzata che, prima di porvi le pagnotte a cuocere, andava pulita accuratamente e benedetta. Inoltre in quel dvor dovevano esserci custodite le formelle (sacre!) da usare per i tipi di pane richiesti nelle diverse celebrazioni.
Le pagnotte una volta pronte, già calcolate nel numero in base ai rispettivi dvor, erano consegnate con cerimonia solenne ai rispettivi capifamiglia partecipanti. Notiamo per curiosità che per conservarne la freschezza il pane era avvolto in foglie di cavolo…
Tutto era presieduto da un sacerdote (prima pagano e poi dal prete cristiano) giacché tali manifestazioni confermavano la coesione del villaggio intorno al pane, comune e indispensabile, e assicuravano a questo cibo i due aspetti di purezza e di sacralità richiesti dalla tradizione. Con il Cristianesimo questi aspetti dovettero essere rispettati e, stavolta, per tutti e due i tipi di pane, bianco e nero, e alla fine il pane si cosse ogni domenica con la benedizione del prete locale.
Il pane azzimo non scomparve però del tutto e continuò ad esser prodotto e consumato nei Carpazi secondo le antiche tradizioni slave fino a qualche decennio fa.
Tornando ai punti di vista pagani, il pane era il frutto del lavoro duro di ognuno nei campi e la sua bontà e appetibilità dimostrava il favore degli dèi che avevano concesso buone e abbondanti messi per farlo. Se il raccolto a volte risultava insufficiente o quando all’avvicinarsi della primavera le provviste si assottigliavano, era previsto ricorrere a miscelare la pasta da pane con moltissime altre erbe e granaglie… persino con la scorza macinata di quercia o di betulla o con la crusca sottratta agli animali, pur di non consumare i semi eletti da riseminare. In questi casi il pane che si otteneva riceveva vari nomi a seconda dell’erba/cereale estraneo” presente. In Bielorussia e fra gli Slavi dei Carpazi (Liemki e Hutzuli) si cuocevano, ad esempio, nei momenti di penuria i palòvy di segale mescolata con la farina d’avena.
Nei casi più estremi di penuria lo si surrogava con la rapa cotta …
Eppure, al contrario del pane di frumento, la segale talvolta uccideva. Il fungo micidiale Segale cornuta (Claviceps purpurea, in russo sporynià o rokì) causava (non molto spesso) il cosiddetto ergotismo, se la pulitura dei semi era stata fatta male, e la sindrome era mortale per chi ingerisse ito inquinato. E forse fu unepidemia di ergotismo che si abbatté su Polozk dei Krivici nel 1092 al tempo di Vseslav il Mago (principe nipote di secondo grado di Vladimiro di Kiev) causando molti morti, sebbene i monaci compilatori della Cronaca Russa che riporta l’episodio l’attribuissero ai peccati dei contadini (!).
A parte ciò, c’era un saluto russo che ricordava il peso culturale del pane e che in antico suonava: Sol’ da hlieb! cioè Sale e pane! Con queste parole ci si augurava l’un l’altro che nel dvor non mancassero i prodotti considerati vitali: Il sale per conservare il cibo per i momenti difficili e per insaporire e il pane per saziare la fame! Questo complesso di credenze e di realtà si esprimeva in modo più chiaro nel rito slavo-russo dell’accoglienza dell’ospite detto Hliebosolie ossia col Pane e col Sale.
Ricostruiamolo allora in una scena possibile.
La prima apparizione davanti ai gradini che portano ai seni è di una giovane ragazza (già pubere) agghindata appositamente per accogliere il nuovo arrivato come si deve. In una mano tiene un bicchierino di legno con il sale e nell’altra una forma di pane di cui l’ospite è obbligato a mangiarne dopo averlo intinto nel sale. Se avete guardato bene il pane presentato, avrete notato che non è intero e alla pagnotta è stato già asportato un pezzettino. Anche questo fa parte del rito giacché quella piccola porzione viene dedicato agli antenati, testimoni onnipresenti delle cerimonie di casa.
Una nota è da farsi: l’offerta separata del sale nel quale intingere il pane ci induce a credere, benché non c’è conferma nei documenti, che probabilmente il pane in origine non fosse salato.
A parte ciò, che significa in sé il rito? Le interpretazioni sono numerose, ma la più logica è quella che abbiamo appena derivato dall’antico saluto e cioè si comunica all’ospite che: Abbiamo cibo a sazietà e quindi puoi mangiare con noi quello che c’è e, se è il caso, ricorreremo a quello che abbiamo messo da parte con piacere. Lo stesso rito d’altronde si ripeteva nella promessa e nella celebrazione del matrimonio benché in questi casi fosse il promesso sposo ad essere accolto nella casa della promessa sposa per essere esaminato e approvato dai parenti, non fidandosi delle descrizioni esuberanti dei mediatori di matrimonio, o la sposa quando entrava nella casa della famiglia dello sposo per la convivenza definitiva.
Aggiungiamo subito che un rito molto simile è celebrato nella steppa russa dai nomadi per le medesime occasioni.
A proposito delle forme, è importante sottolineare che in esse si materializzavano le concezioni pagane della campagna russa. Ad esempio, la forma tonda, la più comune, rappresentava il sole. Più grande delle solite pagnotte e con figurine o, addirittura, con rametti di alberi infissi sulla crosta era il karavài che si cuoceva per le nozze. La lésenka invece era una treccia di pane che somigliava ad una scala a pioli come quella (vera in miniatura) che si poneva nelle tombe affinché il morto ritornasse fra i suoi dal profondo della terra quando volesse e la si consumava proprio nei giorni di ricordo degli antenati o pomìnki (numerosi durante l’anno).
Altra forma particolare, probabilmente presa in prestito dalla Bulgaria del Volga dato che era fattibile solo con farina di frumento fina, era quella del gallo e la si cuoceva ripiena di carne di montone. Questo pane ripieno si chiamava in russo kurnik (da kura cioè gallinaceo).
© 2012 di Aldo C. Marturano
N.B. La bibliografia per ragioni di spazio è stata omessa, ma è disponibile richiedendola all’autore.
Glossario:
Dvor
Traducibile con l’italiano cascina, è un complesso di costruzioni nella campagna per i vari usi e tutte di legno.
Pianura Russa
Intendiamo qui la parte europea della Federazione Russa includendo le tre repubbliche baltiche, Ucraina e Bielorussia.
Terre Nere
In russo Cernoziòm, sono una parte della grande e molto fertile striscia che si estende dalla Cina all’Ungheria con composizione del suolo molto particolare che contiene un’argilla ricca di minerali. In Russia si trova un po’ a sud di Kiev e intorno a Mosca e nel Tatarstan.
Bulgaria del Volga
E’ uno dei primi stati sorti nella Pianura Russa. La capitale Bulgar oggi è soltanto un sito archeologico sulla riva sinistra del fiume Viatka mentre il suo porto Bolgar ha conservato monumenti di pietra del tempo passato e guarda sul Volga, a sud di Kazan, capitale del Tatarstan. Era lo stato più ricco e tecnologicamente più avanzato della Pianura finché non fu conquistato dai discendenti di Cinghis Khan nel XIII sec.
Vladimiro di Kiev
E’ il primo sovrano veramente documentato dello stato chiamato Rus’ di Kiev. Figlio di santa Olga di Kiev, introdusse il Cristianesimo nella Pianura Russa nel 989 (data tradizionale) e poi fu fatto santo alla sua morte. Il suo potere in pratica correva lungo il Dnepr includendo molte piccole città e, con una certa dipendenza, anche Grande Novgorod presso il Lago Ilmen e Polozk sul fiume Dvinà (il Daugava di Riga).
Slavi dei Carpazi
Sono numerose etnie residuali degli Slavi e dei Turchi nomadi con le loro varietà dialettali e costumi e vivono sui declivi al di qua dei Monti Carpazi.
Reazione di Maillard
In realtà è una serie di reazioni chimico-fisiche catalizzate da esseri viventi microscopici di natura fungina (spore che vagano nell’aria o la microflora che si annida fra i semi già dal momento della raccolta e della trebbiatura) che scompone l’amido in anidride carbonica, acqua e zuccheri vari. L’anidride carbonica, gas, rimane intrappolata nella pasta (mollica) e dà al pane la caratteristica elasticità che resiste finché anche l’acqua è presente.