Vita di Galileo
27 Gennaio 2019ATTO QUARTO
27 Gennaio 2019
saggio breve o articolo di giornale
AMBITO ARTISTICO – LETTERARIO
TIPOLOGIA B – REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.
Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Se scegli la forma dell«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato.
Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
ROMANTICISMO
TIPOLOGIA B – Saggio breve Ambito artistico-letterario
Argomento: Poetiche e poeti nell’età romantica
Documenti
1
La poesia è invero qualcosa di divino. E’, ad un tempo, il centro e la circonferenza della conoscenza; è ciò che comprende ogni scienza e ciò a cui ogni scienza deve essere riferita la poesia non è, come il raziocinio, facoltà da poter essere esercitata secondo le determinazioni della volontà. Non può dirsi: Io comporrò poesia”. Né i più grandi poeti possono dirlo; poiché la mente creando è come un carbone semispento, cui certe invisibili influenze, come vento incostante, svegliano a un passeggero splendore; ma il loro potere emana dallintimo, come il colore dun fiore impallidisce e muta durante il suo sviluppo; e le parti coscienti del nostro spirito non sanno profetizzar né il suo avvicinarsi né il suo dipartire. Se questo influsso potesse durare nella sua originaria purezza e intensità, sarebbe impossibile predire la grandezza dei risultati; ma quando l’atto del comporre principia, l’ispirazione è al suo declinare, e la più gloriosa poesia che mai sia stata messa al mondo non è forse che una debole ombra delle concezioni primitive del poeta.
Percy B. Shelley , La difesa della poesia (1821)
2
All’uomo sensibile e immaginoso che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbietti [oggetti] sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione.
Giacomo Leopardi, Lo Zibaldone (1827).
3
mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possono ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso mi sembra poter essere questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e linteressante per mezzo
Alessandro Manzoni, Lettera al Marchese Cesare D’Azeglio sul Romanticismo (1823)
4
Caspar David Friedrich, Viandante davanti al mare di nebbia (1817-18), olio su tela, Amburgo
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5
Il sentimento per la poesia ha molto in comune col senso mistico. E’ il senso per ciò che è proprio, personale, ignoto, misterioso, da rivelare,esso rappresenta lirrapresentabile, vede l’invisibile, sente il non sensibile. La critica della poesia è un assurdo. E’ già difficile distinguere (eppure è la sola distinzione possibile) se qualcosa sia poesia oppure no. Il poeta è veramente rapito fuori dai sensi; in compenso tutto accade dentro di lui il sentimento per la poesia ha una vicina affinità col senso della profezia e col sentimento religioso, col sentimento dell’infinito in genere. Il poeta ordina, unisce, sceglie, inventa ed è incomprensibile a lui stesso perché accada proprio così e non altrimenti. Poeta e sacerdote erano in principio una cosa sola, e soltanto più tardi li hanno distinti. Ma il vero poeta è sempre rimasto sacerdote, così come il vero sacerdote è sempre rimasto poeta. E non dovrebbe l’avvenire ricondurre l’antico stato di cose?
Novalis, Frammenti (1800)
6
Vanamente dunque avevo sperato di ritrovare nel mio paese di che calmare l’inquietudine, l’ardore di desiderio, che mi seguono dovunque. Lo studio del mondo non mi aveva insegnato nulla, e tuttavia non avevo più la dolcezza dell’ignoranza […] Mi ritrovai ben presto più isolato nella mia patria, di quanto non lo fossi stato su una terra straniera. Volli gettarmi per qualche tempo in un mondo che non mi diceva nulla e che non mi intendeva. La mia anima, che nessuna passione aveva ancora logorato, cercava un oggetto che potesse legarla a sé; ma mi avvidi che davo più di quanto non ricevessi. Non si richiedeva da me né un linguaggio elevato, né un sentimento profondo. Non erao occupato che a rimpicciolire la mia vita, per metterla al livello della società. Trattato ovunque come uno spirito romantico, vergognoso della parte che sostenevo, disgustato sempre più dalle cose e dagli uomini, presi la decisione di ritirarmi in un sobborgo per vivervi totalmente ignorato. Trovai da principio abbastanza piacere in questa vita oscura e indipendente. Sconosciuto, mi mescolavo alla folla: vasto deserto duomini! [Dopo poco tempo, però] Quella vita, che maveva all’inizio affascinato, non tardò a divenirmi insopportabile. Mi stancai delle ripetizione delle scene e delle stesse idee. Mi misi a sondare il mio cuore, a domandarmi che cosa desiderassi. Non lo sapevo; ma mi convinsi tutta un tratto che i boschi sarebbero stati per me deliziosi. Eccomi all’improvviso risoluto di terminare in un esilio campestre una carriera appena cominciata, e nella quale avevo già divorato dei secoli. Abbracciai quel progetto con l’ardore che metto in tutti i miei disegni; partii precipitosamente per seppellirmi in una capanna, come ero partito un tempo per fare il giro del mondo. Mi si accusa daver gusti incostanti, di non poter godere a lungo della stessa chimera, d’essere la preda di unimmaginazione che si affretta di arrivare al fondo dei piaceri, come se fosse oppressa dalla loro durata; mi si accusa di oltrepassare sempre la meta che sono in grado di raggiungere: ahimè! cerco soltanto un bene sconosciuto, il cui istinto mi perseguita. E’ colpa mia se trovo ovunque dei limiti, se ciò che è finito non ha per me alcun valore? Tuttavia sento che amo la monotonia dei sentimenti della vita, e se avessi ancora la follia di credere nella felicità, la cercherei nell’abitudine
Chateaubriand François de, René (1800 ca.)