Verbi della terza coniugazione
27 Gennaio 2019Maurizio Zini
27 Gennaio 2019dalla Storia romana
di Carlo Zacco
Situazione. Il Senato era dunque un istituzione asfittica: costituita da poche famiglie dalla mentalità chiusa, che si occupavano solo di interessi personali e il cui sguardo non si estendeva al di fuori di Roma. I problemi erano molti, tra cui: l’Insurrezione in Spagna; l’ostilità di Mitridate in oriente; la rivolta di Spartaco. Per risolvere questi problemi occorreva un personaggio forte, un capo militare sostenuto dal Senato.
Pompeo. L’uomo giusto era il generale Pompeo: aveva combattuto vittoriosamente per Silla; nel 77 a.C. aveva sedato in Etruria una rivolta dei proprietari terrieri, guidata da Marco Emilio Lepido, che si rifiutavano di cedere le loro terre ai veterani di Silla.
Insurrezione spagnola. Nell’80 a.C. scoppia in Spagna una rivolta per l’indipendenza della Lusitania, in Portogallo. Questa rivolta locale fu sostenuta e guidata da Quinto Sertorio, un seguace di Mario rifugiatosi in quella zona sostenuto dagli altri esuli romani. Pompeo vi prende parte nel 76 a.C. e porta avanti una guerriglia estenuante per quattro anni. Il conflitto si conclude nel 72 a.C. solo perché Sertorio viene tradito da un soldato.
Rivolta degli Schiavi. Mentre Pompeo si trovava in Spagna, nel 73 a.C. in Italia scoppia la rivolta degli schiavi guidata da Spartaco.
– Spartaco. Era un pastore originario della Tracia. In un primo momento venne arruolato come soldato nell’esercito romano, da cui fuggì; venne dichiarato disertore, acciuffato, e mandato a Capua nella scuola dei gladiatori. Ma Spartaco non si rassegna alla prospettiva di essere sbranato da una belva feroce, e insieme ad un altro manipolo di schiavi organizza la fuga.
– La rivolta. Il progetto di Spartaco era semplicemente quello di tornarsene in Tracia, ma durante il tragitto si unirono al piccolo gruppo una moltitudine di altri ribelli: schiavi, contadini poveri, braccianti senza lavoro, e Spartaco si trovò senza volerlo a capo di un gruppo di 150.000 persone, che ebbe labilità di trasformare in un esercito armato e potente.
– Reazione romana. Roma non poté ignorare la cosa e li affrontò schierandogli contro un proprio esercito guidato da Crasso, che li sconfisse nel 71 a.C.
Fine della rivolta. L’esercito di Spartaco fu sconfitto. Come pena esemplare i 6.000 schiavi sopravvissuti furono crocifissi nella via Appia. Spartaco riesce a fuggire con un piccolo gruppo di sopravvissuti, ma furono fermati e annientati in Etruria da Pompeo e il suo esercito di ritorno dalla Spagna.
Il consolato. Questi successi diedero molta notorietà a Pompeo, che si mise in testa di diventare Console, pur non avendo ricoperto le cariche di Pretore e Questore richieste dalle nuove norme stabilite da Silla sul cursus honorum.
– L’aiuto di Crasso. Per raggiungere questo obiettivo ottenne l’aiuto di Crasso: ex luogo tenente di Silla; compagno nella lotta contro Spartaco; arricchitosi enormemente con le proscrizioni.
– L’aiuto dei Populares. Pompeo e Crasso chiedono il sostegno dei populares promettendo loro una modifica della costituzione Sillana in loro favore, qualora l’intento di Pompeo di diventare console fosse stato raggiunto: i populares guidati da Pompeo e Crasso si accamparono così fuori Roma, minacciando la città. Il senato cede, e nel 70 a.C. nomina Pompeo e Crasso consoli.
Modifica della costituzione sillana. Una volta consoli i due mantengono la promessa, e modificano la costituzione:
a) Cavalieri: restituisce loro l’appalto per la riscossione delle tasse in Asia; e la carica che gli era stata tolta di giudici nei tribunali che giudicavano reati di concussione;
b) Tribuni della Plebe: gli restituisce il diritto di intercessio (veto sulle deliberazioni del Senato); riapre loro le altre cariche pubbliche, prima consentite solo agli aristocratici.
c) Senatori: ne fa espellere 80 tra quelli che erano stati nominati da Silla.
Sarebbe un errore pensare che Pompeo appoggiasse sentitamente la causa dei populares, in realtà sosteneva tutte quelle cause che avrebbero potuto portagli maggiore fama, nella convinzione che il Senato era ormai un’istituzione debole, corrotta, destinata a fallire.
Vicenda di Verre. Quanto ciò fosse vero di può vedere dalla vicenda di Verre che si svolse in quegli anni. Verre era un pretore che operava in Sicilia.
– Il processo. Nel 70 a.C. partì un processo nei suoi confronti che lo accusava di abusi nei confronti della popolazione siciliana: eccessive ritorsioni e imposizione di tasse; furti di opere d’arte; vessazioni di ogni tipo inflitti ai romani. Il fatto è che sia gli altri pretori che molti senatori sostennero Verre nel timore di vedere ridotto il proprio potere, boicottando il processo: prolungandolo con rinvii immotivati e manovre diversive.
– Cicerone. La situazione fu risolta da Cicerone, che con le sue celebri orazioni (le Verrine) attaccò i senatori che proteggevano Verre, e procurò che questi fosse condannato ad un maxi risarcimento di 750.000 dracme.
Pompeo e i Pirati. Una volta finito il mandato a Pompeo viene offerto il governo di una provincia, ma lui rifiuta, e resta a Roma, determinato a realizzare le proprie ambizioni. Un’occasione importante gli si propose quando nel 67 a.C. il Senato decise di affrontare una volta per tutte il problema dei pirati.
– Il problema. I pirati cerano sempre stati nel Mediterraneo, la novità era che adesso non colpivano più in maniera episodica ed isolata, ma si erano uniti in vere e proprie flotte organizzate. Giunsero a costituire una minaccia per chiunque si mettesse in mare, che poteva essere rapito e venduto come schiavo. Inoltre bloccavano gli approvvigionamenti di grano diretti a Roma e finalizzati a distribuzioni gratuite, vitali per la gestione del consenso.
– La soluzione. Il tribuno della Plebe Aulo Gabinio propose la lex de Piratis persequendis, una legge che conferiva a Pompeo un potere di cui mai nessuno aveva disposto prima: ottenne al suo comando 500 navi, 120.000 soldati, 5.000 cavalieri. Il Senato fu obbligato ad approvare la legge dal popolo che temeva carestie. In tre mesi Pompeo annientò i pirati e riaprì il Mediterraneo.
Pompeo e Mitridate. Nel 66 a.C. venne varata un’altra legge ad personam: la lex Manilia, che conferiva a Pompeo poteri straordinari allo scopo di interrompere definitivamente le rivolte che Mitridate continuava a fomentare ai danni di Roma.
– Antefatto. Mitridate tramava contro Roma. Si era alleato con Tigrane, Re d’Armenia, ed nel 75 a.C. aveva occupato Cappadocia e Bitinia, zone sottoposte a protettorato romano. Per risolvere la situazione Roma aveva mandato da quelle parti Licinio Lucullo, che però fallì, e nel 66 a.C. in virtù appunto della lex manilia, vi invia Pompeo.
– Fine di Mitridate. Dopo tre anni, nel 63 a.C. Mitridate, circondato per terra e per mare, abbandonato da Tigrane, e infine tradito dal figlio, si uccide.
Oriente ellenistico. Dopo la seconda guerra mitridatica l’oriente ellenistico si poteva dire completamente conquistato: Siria, Bitinia e Cappadocia, già conquistate da Tigrane, divennero province romane; la Palestina restò indipendente ma rientrò sotto il protettorato romano.
Il rientro a Roma. Nel 62 a.C. Pompeo rientra a Roma, dove il prestigio raggiunto, le ricchezze accumulate, la fedeltà delle sue legioni, avevano diffuso timori circa sue intenzioni di abolire la Repubblica e costituire un principato monarchico. Ma Pompeo dissipò questi timori, ed al suo rientro chiese solo la ratifica dei provvedimenti presi in Asia, e la distribuzione di terre ai suoi veterani.