Altri scritti letterari di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019Introduzione al carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019Il Carme dei Sepolcri di Ugo Foscolo è un’opera di profonda riflessione sul significato dei sepolcri e sul valore della memoria dei defunti.
In questi versi, Foscolo esplora il legame tra i vivi e i morti, e l’importanza della tomba come luogo in cui si custodiscono gli affetti e si perpetuano i valori della società. Il carme è ispirato dalla legge napoleonica del 1804, che imponeva di collocare i cimiteri fuori dalle città, allontanando così i sepolcri dalle comunità che li frequentavano. La tomba diventa, per Foscolo, simbolo del ricordo, della tradizione e della trasmissione dei valori umani.
Testo e parafrasi
Testo All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne Tutte cose l’obblio nella sua notte; Sol chi non lascia eredità d’affetti Pur nuova legge impone oggi i sepolcri Forse tu fra plebei tumuli guardi 70 Rapían gli amici una favilla al Sole |
Parafrasi:
All’ombra dei cipressi e dentro le urne bagnate di lacrime, è forse meno doloroso il sonno della morte? Quando il Sole non renderà più fertile la terra con le sue piante e animali, e quando le ore future non danzeranno più davanti a me con le loro promesse, e non sentirò più la tua poesia, caro amico, né la malinconia che la accompagna; quando nel mio cuore non sentirò più la voce delle Muse e dell’amore, unico conforto della mia vita errabonda, quale consolazione potrà darmi un sasso che distingua le mie ossa da quelle infinite disperse dalla morte sulla terra e nel mare? È vero, Pindemonte! Anche la Speranza, ultima Dea, abbandona i sepolcri, e l’oblio inghiotte ogni cosa nella sua notte; e una forza incessante muove tutto, trasformando il mondo e cancellando le sembianze delle tombe e le reliquie della terra e del cielo. Ma perché l’uomo dovrebbe togliersi, prima del tempo, l’illusione che anche da morto lo trattiene alla soglia dell’Ade? Non continua forse a vivere, anche sotto terra, quando il suono della vita sarà cessato, se può risvegliarlo con dolci cure nella mente dei suoi cari? È divina questa corrispondenza di sentimenti, dono celeste che permette di vivere con l’amico morto e di sentire l’estinto vicino, se la terra che lo accolse da bambino e lo nutrì gli offre come ultimo rifugio il suo grembo materno, proteggendo le sue reliquie dal maltempo e dalla profanazione dei passanti. Soltanto chi non lascia eredità di affetti riceve poca gioia dall’urna; e se anche vede il suo spirito dopo la morte, lo vede vagare tra i lamenti degli inferi o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio: ma la sua polvere è abbandonata alle ortiche di un terreno deserto, dove nessuna donna amata prega né un passante ascolta il sospiro che dalla tomba manda la Natura. Ora una nuova legge impone che i sepolcri siano posti fuori dalla vista dei familiari, e nega ai morti il conforto del loro nome. Così, senza una tomba, giace il tuo poeta, o Talia, che cantava per te, nel suo povero rifugio coltivava con amore un alloro e intrecciava corone per te; e tu rendevi più belli i suoi versi con il tuo sorriso, versi che criticavano il Sardanapalo lombardo, per il quale solo è piacevole il muggito dei buoi che, dai pascoli vicini e dal Ticino, lo riforniscono di cibo e lo immergono nei suoi ozi. O bella Musa, dove sei? Non sento il profumo divino, segno della tua presenza, tra queste piante dove io siedo e penso alla mia casa natale. Un tempo venivi e sorridevi a lui sotto quel tiglio che oggi, abbassando i rami, trema perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio a cui prima donava ombra e pace. Forse ora tu vaghi tra le tombe comuni, cercando dove riposa il capo sacro del tuo Parini? La città, che ammalia i cantori privi di virilità, non gli ha dedicato una tomba nelle sue mura, né una pietra, né un’iscrizione; e forse le sue ossa, con il cranio mutilato, sono lordate dal sangue del ladro che ha lasciato i suoi crimini sul patibolo. Senti grattare tra le macerie e i cespugli la cagna abbandonata che, affamata, vaga sulle tombe e ulula; e dal teschio, dove si nascondeva la Luna, esce l’upupa e vola tra le croci sparse per il cimitero, e accusa le stelle, devote alle tombe dimenticate, con il suo triste verso. Invano, o Dea, chiedi la rugiada della notte squallida per il tuo poeta. Ahi! sui morti non sboccia nessun fiore se non è onorato dal rispetto degli uomini e dalle lacrime d’affetto. Da quando nozze, tribunali e templi insegnarono agli uomini di essere compassionevoli con se stessi e con gli altri, i vivi toglievano all’aria e agli animali i resti che la Natura, con i suoi cicli eterni, destina a trasformarsi in nuove forme. Le tombe erano testimonianze della storia e altari per i figli; e da esse provenivano gli oracoli dei Lari familiari, e giurare sulle ceneri degli avi era un atto sacro. Era una religione che, attraverso diversi riti, univa le virtù civili alla pietà per lunghissimi anni. Non sempre le pietre tombali costituivano il pavimento dei templi; e l’odore dei cadaveri non contaminava con il suo fetore i fedeli durante le preghiere, e le città non erano rattristate da scheletri scolpiti: le madri balzavano dai loro sonni, spaventate, e tendevano le braccia nude sulla testa dei loro bambini per proteggerli dai lamenti continui di un morto che dal santuario chiedeva preghiere pagate ai suoi eredi. Ma cipressi e cedri, impregnando l’aria di profumo puro, protendevano il loro verde eterno sulle urne come per memoria perenne, e preziosi vasi raccoglievano le lacrime offerte in segno di devozione. |
Analisi e figure retoriche
- All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne: L’immagine dei cipressi richiama la classicità e il mondo cimiteriale. Il cipresso è simbolo tradizionale di lutto e immortalità.
- Confortate di pianto: L’urna, bagnata dalle lacrime dei vivi, diventa simbolo di memoria e affetto. La personificazione dell’urna “confortata” rende il dolore umano capace di lenire, almeno simbolicamente, il dolore della morte.
- Bella d’erbe famiglia e d’animali: Foscolo evoca la bellezza della natura, concepita come una famiglia armoniosa di piante e animali. Il termine “famiglia” crea un’immagine armonica della natura che si contrappone al senso di isolamento della morte.
- Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso / Che distingua le mie dalle infinite / Ossa che in terra e in mar semina morte?: Questa frase esprime il dubbio dell’autore sul valore del sepolcro. Il termine “sasso” indica la tomba, e Foscolo sottolinea come la morte renda ogni uomo simile all’altro.
- Anche la Speme / Ultima Dea, fugge i sepolcri: La Speranza, personificata e definita “Ultima Dea”, rappresenta l’ultima illusione di consolazione, che però abbandona i morti e svanisce davanti alla potenza inesorabile del tempo e dell’oblio.
- E involve / Tutte cose l’obblio nella sua notte: L’oblio è rappresentato come una notte avvolgente che cancella ogni cosa, con una metafora della notte come buio eterno della dimenticanza.
- Celeste è questa / Corrispondenza d’amorosi sensi: L’espressione “corrispondenza d’amorosi sensi” è una celebre metafora che descrive il legame spirituale e affettivo che continua tra vivi e morti. È una forma di immortalità, simbolica, che sopravvive grazie all’amore e al ricordo.
- Sol chi non lascia eredità d’affetti / Poca gioja ha dell’urna: Foscolo distingue tra coloro che lasciano un’eredità di affetti e quelli che non lo fanno, indicando che solo i primi possono sperare di essere ricordati con amore.
- Fra ’l compianto de’ templi Acherontei: L’Acheronte, fiume dell’oltretomba, rappresenta simbolicamente l’abbandono e la desolazione dei morti che non sono ricordati.
- E la sua polve / Lascia alle ortiche di deserta gleba: La polvere è una metonimia per indicare i resti dei defunti dimenticati, abbandonati alla natura selvaggia e ai luoghi desolati, un’immagine di esclusione e perdita di identità.
Commento finale
In questi versi, Foscolo sviluppa il tema del sepolcro non solo come luogo di riposo, ma come spazio di memoria collettiva e legame tra le generazioni. La tomba diventa un luogo sacro in cui il ricordo dei defunti continua a vivere, grazie agli affetti e all’amore dei vivi. Per Foscolo, è proprio questa “corrispondenza d’amorosi sensi” che dà alla vita un senso di eternità e di continuità: il ricordo affettuoso dei defunti non solo aiuta a tenere viva la loro memoria, ma contribuisce a costruire e rafforzare i valori della società.
Foscolo esprime però anche un sentimento di profonda malinconia e scetticismo. L’idea che tutto finisca nell’oblio è una verità amara, che emerge nei versi in cui la “Speranza, ultima Dea” abbandona i sepolcri. Tuttavia, anche se la fine ultima è l’oblio, Foscolo sostiene che finché esiste il ricordo degli affetti, il sepolcro ha ancora un significato, e rappresenta un luogo che nutre i vivi di un sentimento di umanità, bellezza e solidarietà.
In conclusione, Foscolo celebra nel Carme dei Sepolcri la funzione civile e morale dei sepolcri: essi non sono solo un rifugio per il corpo del defunto, ma rappresentano un’eredità di affetti e un simbolo di valori condivisi, indispensabili per costruire una società coesa e consapevole del proprio passato.