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28 Dicembre 2019Analisi del passo dal Paradiso di Dante (Paradiso I, 82-142)
Introduzione
Questo passo è tratto dal canto I del Paradiso, nel quale Dante, accompagnato da Beatrice, ha appena iniziato il suo viaggio attraverso i cieli. Il poeta si trova sorpreso e confuso dal fatto di essersi elevato verso il cielo senza percepire alcuno sforzo fisico. Beatrice, vedendo il suo turbamento, lo rassicura spiegandogli il principio dell’ordine cosmico e il movimento naturale delle creature verso Dio.
Nel canto I del Paradiso, Dante e Beatrice si trovano nel primo cielo, quello della Luna. Il poeta è stupito dal fatto di non aver percepito fisicamente il movimento ascensionale e chiede spiegazioni. Beatrice, che rappresenta la conoscenza divina, lo istruisce sulla natura dell’ordine cosmico stabilito da Dio.
In questo brano, Beatrice spiega come ogni creatura si muove spontaneamente verso il proprio fine naturale, e perché Dante sale verso il cielo senza sforzo, proprio come un fiume scorre verso il mare o il fuoco si eleva verso l’alto.
Il tema centrale del brano è l’armonia universale stabilita dalla Provvidenza divina, che governa i movimenti di tutti gli esseri, sia materiali che spirituali. Questo principio spiega perché Dante possa ascendere al cielo in modo naturale, come un fiume che scende dalla montagna senza opporre resistenza.
Testo e parafrasi in colonna
TestoLa novità del suono e ’l grande lumedi lor cagion m’accesero un disio Ond’ella, che vedea me sì com’io, e cominciò: “Tu stesso ti fai grosso Tu non se’ in terra, sì come tu credi; S’io fui del primo dubbio disvestito e dissi: “Già contento requïevi Ond’ella, appresso d’un pïo sospiro, e cominciò: “Le cose tutte quante Qui veggion l’alte creature l’orma Ne l’ordine ch’io dico sono accline onde si muovono a diversi porti Questi ne porta il foco inver’ la luna; né pur le creature che son fore La provedenza, che cotanto assetta, e ora lì, come a sito decreto, Vero è che, come forma non s’accorda così da questo corso si diparte e sì come veder si può cadere Non dei più ammirar, se bene stimo, Maraviglia sarebbe in te se, privo Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso. 😊
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Parafrasi del testoLa novità della luce intensa e del grande splendore Allora Beatrice, che mi vedeva così come io vedevo lei, e disse: “Sei tu stesso che ti confondi Tu non sei più sulla Terra, come credi; Se fui liberato dal primo dubbio e le dissi: “Mi ero già tranquillizzato Allora Beatrice, dopo un sospiro compassionevole, e iniziò a spiegare: “Tutte le cose dell’universo Qui, nel Paradiso, gli angeli vedono chiaramente Tutte le creature sono inclinate a muoversi E così esse si muovono verso differenti mete Questo è ciò che porta il fuoco verso la luna, Ma questa forza non si applica solo alle creature prive di intelligenza, La Provvidenza, che governa con tanta saggezza, e ora noi siamo portati in alto È vero, però, che spesso la materia è imperfetta Allo stesso modo, anche le creature dotate di libero arbitrio proprio come si può vedere un fulmine Dunque, non devi stupirti della tua ascesa, La vera meraviglia sarebbe se, Dopo queste parole, Beatrice rivolse lo sguardo verso il cielo. |
Analisi del testo
1. Il tema del desiderio e della conoscenza
Il passo inizia con Dante che sente nascere in sé un desiderio ardente di conoscenza, suscitato dalla luce divina. Questo è un aspetto fondamentale della sua ascesa spirituale: la conoscenza e l’amore per Dio spingono l’anima a elevarsi.
2. La spiegazione di Beatrice: l’ordine cosmico
Beatrice, guida sapiente e simbolo della teologia, spiega a Dante il motivo della sua ascesa:
- Tutte le cose sono ordinate secondo la volontà di Dio (ordine universale).
- Ogni creatura tende spontaneamente verso il proprio principio d’origine.
- Le anime beate ascendono naturalmente verso Dio, così come il fuoco sale verso l’alto.
Questo ordine è una manifestazione della Provvidenza divina, che governa il cosmo con armonia e giustizia.
3. Il libero arbitrio e il peccato
Nonostante l’ordine perfetto, l’uomo possiede il libero arbitrio, che può portarlo a deviare dal suo cammino naturale.
- Il peccato è paragonato a un fulmine che devia dalla sua traiettoria, attratto da un piacere ingannevole.
- Chi segue il bene ascende naturalmente a Dio, chi segue il male cade.
Questa riflessione anticipa il grande tema della responsabilità individuale nella salvezza: l’uomo può seguire il suo istinto naturale verso il bene oppure perdersi a causa delle proprie scelte.
Figure retoriche e stilistiche
- Metafora del fiume → “Non dei più ammirar… se d’alto monte scende giuso ad imo”: il movimento dell’anima verso Dio è naturale come quello dell’acqua che scorre a valle.
- Metafora della freccia e dell’arco → “La provedenza… cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto”: la Provvidenza è come un arco che lancia l’anima verso Dio.
- Similitudine del fulmine → “sì come veder si può cadere foco di nube…”: il peccato è come un fulmine che devia dalla sua traiettoria naturale.
- Personificazione della Provvidenza → “La provedenza, che cotanto assetta…”: la Provvidenza è presentata come un’intelligenza ordinatrice che governa il cosmo.
Riflessione
Questo passo è cruciale nel Paradiso perché segna la prima grande spiegazione teologica del viaggio di Dante. Beatrice illustra l’ordine dell’universo, governato da Dio, e il modo in cui ogni creatura si muove secondo la propria natura.
La legge divina è perfetta, ma l’uomo, dotato di libero arbitrio, può scegliere di deviare dal bene e cadere nel peccato. Tuttavia, se segue la sua vera natura, l’anima tende spontaneamente a Dio.
Questa visione cosmica riflette la concezione medievale del mondo, in cui ogni cosa ha un suo posto prestabilito e armonico. Dante ci offre così un’immagine straordinaria dell’universo **
Testo e parafrasi terzina per terzina
Testo originale (Paradiso I, 82-142)
La novità del suono e ’l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume.
(La novità del suono e la grande luce che mi circondava suscitarono in me un desiderio così forte come mai avevo provato prima.)
Ond’ella, che vedea me sì com’io,
a quïetarmi l’animo commosso,
pria ch’io a dimandar, la bocca aprio
(E allora Beatrice, che mi leggeva dentro come io vedevo lei, per calmare la mia agitazione, aprì la bocca per parlarmi prima ancora che io le ponessi la domanda.)
e cominciò: “Tu stesso ti fai grosso
col falso imaginar, sì che non vedi
ciò che vedresti se l’avessi scosso.
(E disse: “Sei tu stesso che ti confondi con i tuoi falsi pensieri, tanto da non riuscire a vedere ciò che sarebbe chiaro se ti liberassi dai dubbi.)
Tu non se’ in terra, sì come tu credi;
ma folgore, fuggendo il proprio sito,
non corse come tu ch’ad esso riedi”.
(Tu non sei più sulla Terra, come credi; ma nemmeno un fulmine che cade sulla terra si muove veloce quanto te che ora torni al tuo luogo naturale.)
S’io fui del primo dubbio disvestito
per le sorrise parolette brevi,
dentro ad un nuovo più fu’ inretito
(Se da questo primo dubbio fui liberato grazie alle parole brevi e rassicuranti di Beatrice, subito fui catturato da un altro ancora più grande.)
e dissi: “Già contento requïevi
di grande ammirazion; ma ora ammiro
com’io trascenda questi corpi levi”.
(E dissi: “Ero già soddisfatto e tranquillo rispetto alla mia prima meraviglia, ma ora mi stupisco ancora di più di come io possa attraversare questi corpi sottili dell’aria.”)
Ond’ella, appresso d’un pïo sospiro,
li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante
che madre fa sovra figlio deliro,
(Allora Beatrice, dopo aver sospirato con dolcezza, mi guardò con lo stesso sguardo con cui una madre guarda il figlio febbricitante e delirante.)
e cominciò: “Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l’universo a Dio fa simigliante.
(E disse: “Tutte le cose dell’universo sono ordinate tra loro, e questo ordine è ciò che rende il cosmo simile a Dio.”)
Qui veggion l’alte creature l’orma
de l’etterno valore, il qual è fine
al quale è fatta la toccata norma.
(Gli angeli vedono chiaramente in questo ordine il riflesso del valore eterno di Dio, che è il fine ultimo a cui tende l’universo intero.)
Ne l’ordine ch’io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;
(Tutte le creature seguono questo ordine, secondo la loro natura, alcune più vicine a Dio e altre più lontane.)
onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti.
(E così si muovono verso diversi fini nel grande mare dell’esistenza, guidate da un istinto che le orienta naturalmente.)
Questi ne porta il foco inver’ la luna;
questi ne’ cor mortali è permotore;
questi la terra in sé stringe e aduna;
(Questa forza porta il fuoco verso la Luna, muove il cuore degli uomini, e fa sì che la Terra si mantenga unita e compatta.)
né pur le creature che son fore
d’intelligenza quest’arco saetta,
ma quelle c’ hanno intelletto e amore.
(E questa forza non guida solo le creature prive di intelligenza, ma anche quelle dotate di ragione e amore.)
La provedenza, che cotanto assetta,
del suo lume fa ’l ciel sempre quïeto
nel qual si volge quel c’ ha maggior fretta;
(La Provvidenza, che ordina tutto con saggezza, mantiene immobile il cielo empireo, il luogo in cui si muove più rapidamente chi ha maggiore desiderio di Dio.)
e ora lì, come a sito decreto,
cen porta la virtù di quella corda
che ciò che scocca drizza in segno lieto.
(E ora proprio lì, come in un luogo predestinato, ci porta la forza di questa energia divina, che dirige ogni cosa verso il suo fine ultimo e beato.)
Vero è che, come forma non s’accorda
molte fïate a l’intenzion de l’arte,
perch’a risponder la materia è sorda,
(È vero però che, così come la materia a volte non risponde all’intenzione dell’artista, anche le creature umane possono deviare dal loro percorso naturale.)
così da questo corso si diparte
talor la creatura, c’ ha podere
di piegar, così pinta, in altra parte;
(Così, a volte, l’uomo può allontanarsi dal suo fine, poiché ha il libero arbitrio e può dirigersi verso il male.)
e sì come veder si può cadere
foco di nube, sì l’impeto primo
l’atterra torto da falso piacere.
(E proprio come si può vedere un fulmine che devia dalla sua traiettoria naturale, così l’impulso originario dell’uomo può essere corrotto dal piacere ingannevole.)
Non dei più ammirar, se bene stimo,
lo tuo salir, se non come d’un rivo
se d’alto monte scende giuso ad imo.
(Quindi non devi meravigliarti della tua ascesa, così come non ti stupisci se un fiume scende da un monte verso valle.)
Maraviglia sarebbe in te se, privo
d’impedimento, giù ti fossi assiso,
com’a terra quïete in foco vivo”.
(La vera meraviglia sarebbe se, senza ostacoli, tu rimanessi fermo invece di salire, come se il fuoco restasse immobile sulla terra.)
Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso.
(Dopo queste parole, Beatrice rivolse lo sguardo verso il cielo.)
Commento finale
Il passo spiega come l’universo sia regolato da un ordine perfetto e come ogni creatura tenda naturalmente verso Dio. L’uomo, però, possiede il libero arbitrio e può deviare dal suo cammino, attratto dal “falso piacere”.
L’immagine del rivo che scende dal monte enfatizza come l’ascesa di Dante sia naturale, poiché la sua anima è diretta verso il suo fine ultimo, Dio.
Con uno stile elevato e ricco di metafore cosmologiche, Dante esprime così la perfetta armonia dell’universo medievale, dove ogni cosa ha un proprio scopo divino.