Una scuola da democratizzare
27 Gennaio 2019Geert Wilders. Immagini
27 Gennaio 2019di A. Lalomia
Le notizie, riportate da diversi organi di stampa (1), relative alla diffusione sempre più massiccia di psicofarmaci e di alcolici tra gli studenti delle nostre scuole (in particolare tra i quindicenni e i sedicenni, ma la soglia tende ad abbassarsi), destano sicuramente allarme, soprattutto tra i genitori e il personale scolastico.
Personalmente, però, non rimango sorpreso più di tanto dai dati resi noti dai giornali, che a volte citano le conclusioni di ricerche analitiche sul tema (2) . E come me, credo che anche molti docenti considerino le cifre fornite del tutto prevedibili e addirittura scontate (semmai, fatta salva la scientificità delle indagini, approssimate per difetto).
Ogni docente che concepisca la sua attività come una vera professione (3) -e non come un lavoro da impiegato – e che sia provvisto di un minimo di sensibilità e di senso critico, non può fare a meno di interrogarsi sui comportamenti ‘strani di alcuni degli allievi che ha avuto o che ha in classe e che comunque vede in istituto.
Certi atti di sopraffazione, al limite del teppismo, soprattutto verso i compagni più deboli; certe volgarità da taverna; lo stesso look con cui si presentano a scuola; l’arroganza verso i dipendenti dell’istituto; la totale assenza di interesse e di impegno verso le attività didattico-formative; gli improvvisi cambiamenti di umore;
le difficoltà di favella e i discorsi sconclusionati, sconnessi, caotici, privi di logica e di pertinenza con quanto si sta affrontando in classe; certi sguardi ‘allucinati’ o fissi nel vuoto; il fatto che improvvisamente si addormentino in classe e non riescano a svegliarsi se non dopo diversi tentativi posti in essere dal docente e dai compagni; e altro ancora (4);
in diversi casi potrebbero spiegarsi proprio alla luce dell’assunzione di tali sostanze (o di peggio) da parte dei suddetti allievi.
Se questo è il quadro, è necessario quindi che le autorità scolastiche superiori adottino al più presto quei provvedimenti tesi prima di tutto a reprimere con particolare rigore gli atti di violenza e di inciviltà verso dipendenti e compagni;
nello stesso tempo, bisognerebbe istituire all’interno di ciascuna scuola presidi sanitari efficienti, con esperti del settore, operativi tutti i giorni di lezione e per l’intera durata dell’attività didattica quotidiana.
Lo scopo dovrebbe essere proprio quello di verificare se determinati soggetti assumono o meno sostanze psicoattive, alcolici o altro, con procedure ed interventi volti ad aiutarli soprattutto sul piano psicologico, ma finalizzati anche alla prevenzione di particolari scelte da parte degli altri studenti.
Tali procedure dovrebbero essere seguite senza spirito di criminalizzazione, certo, ma senza neanche sottovalutare comportamenti che non possono e non devono essere più tollerati. (5)
Il bullismo e altre forme di devianza disciplinare giovanile si combattono anche in questo modo. (6)
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Note
(1) Cfr. ad esempio: www.lastampa.it del 6-04-09 (Nelle scuole un ragazzo su dieci usa psicofarmaci”);
Idem, 30-05-09 (“[……] Alcol facile: è allarme bambini. Nel Vco i ragazzi cominciano a bere a 11 anni, la media europea
è 14″) ; Idem, 15-06-09 ([……] “Alcol tra gli adolescenti, è allarme: non si beve per dimenticare, ma per vivere”).
(2) V. ad esempio l’ultimo rapporto annuale ESPAD.
(3) Una professione peraltro che deve prevedere anche specifiche competenze in ambito educativo e quindi non soltanto la conoscenza della propria materia.
Un docente il quale ritenga che il suo compito debba limitarsi alla trasmissione dei contenuti della sua disciplina, senza interessarsi dell’aspetto comportamentale ed educativo del ragazzo, non può certo considerarsi un modello di professionalità.
Un bravo docente non deve soltanto ‘traghettare’ nozioni, ma ha l’obbligo di contribuire alla formazione della personalità dell’allievo, di accompagnarlo nel processo di crescita morale e civile, indicandogli i percorsi eticamente più validi per orientarsi in una realtà in continuo mutamento. Un docente dev’essere anche -se non soprattutto – un educatore, un’maestro’, anche in quegli istituti in cui questo aspetto non viene preso in debita considerazione; dove determinati comportamenti degli allievi, al limite della delinquenza, vengono considerati ‘ragazzate’ o addirittura ignorati del tutto; dove lo ‘smarrimento’ della borsa di un’alunna non scuote più di tanto l’insipienza, la mediocrità e la prosopopea di chi avrebbe l’obbligo di far luce sull’episodio e rimane invece completamente inerte. Un docente che rinuncia alla sua funzione di educatore (forse perché il primo a dover essere ‘educato’ è proprio lui ?) è giusto che cambi attività.
(4) Ci si riferisce in particolare a quegli episodi che spesso vengono liquidati con l’etichetta generica e un po sbrigativa di ‘disagio scolastico.
Vale comunque la pena precisare che determinati comportamenti ‘strani sono tipici anche di alcuni dipendenti e non escluderei che possano influenzare -sia pure parzialmente e nelle forme più ‘innocue- la condotta di una parte almeno degli studenti. Penso ad esempio a quelle insegnanti arcigne, scontrose e scorbutiche, che entrano in sala docenti, dove si trova un professore intento a correggere compiti e dove sono presenti anche allievi (i quali assistono alla scena), senza neanche salutare e fissando anzi il suddetto professore con aria torva e vendicativa (e il povero professore si domanda quali crimini abbia mai commesso per meritarsi tali sguardi); o che si introducono in una classe dove sta svolgendo lezione un docente, ancora una volta senza salutare, per chiedere ai ragazzi, con tono stizzito, indisponente e retorico Allora? Dopo che fate? Devo aspettarvi o uscite?”, come se un docente potesse andarsene prima della fine del suo orario di servizio solo perché sa che, alla sua ora, la classe rimarrà deserta.
Che idea devono farsi gli allievi di comportamenti -e soprattutto di domande- di questo tipo ? Quanto pesano episodi del genere sul mancato rispetto delle regole da parte di parecchi studenti ? E quanto pesano gli stessi episodi sul modo in cui troppi politici e media presentano la scuola, facendo peraltro di ogni erba un fascio, senza tener conto che ‘tipologie del genere rappresentano una minoranza (per fortuna) ?
(5) In questambito, un ruolo fondamentale dovrebbe essere svolto dai coordinatori di classe e di corso consapevoli dei loro compiti e delle loro responsabilità.
Si rimane senza parole ascoltando dei coordinatori (non certo quelli che sono degli autentici modelli di buone maniere e di professionalità) su come essi intendono l’incarico che è stato loro assegnato e per il quale vengono retribuiti con un extra, che in alcuni casi è tutt’altro che insignificante. Si rendono conto questi coordinatori che le somme che percepiscono sono comprensive anche di attività (per esempio di vigilanza, di monitoraggio -in stretta collaborazione con i docenti della classe, che devono consultare tassativamente e sistematicamente per informarsi sull’andamento degli allievi-, ma anche di assistenza, attivandosi ad esempio per conoscere il motivo per cui alcuni studenti si assentano per settimane o addirittura per mesi, senza far sapere niente di loro) che essi non svolgono e in certi casi non hanno intenzione di svolgere?
(6) Sul tema, cfr. gli articoli di Vincenzo Andraous, presenti su questo portale, nella sua pagina web, come La pedagogia della nonna ossia del buon esempio, Bullismo: il coraggio di denunciare, Tre ingiustizie da riparare, Bullismo: una vera e propria contrapposizione culturale, Tra bullismo e babygang
V. anche Bullismo: il coraggio di denunciare di A. Lalomia, apparso il 29-04-09 nell’area ‘Bullismo di www.orizzontescuola.it e riportato anche nella mia pagina all’interno di questo portale.
Mi sembra importante ricordare però che certi episodi di violenza giovanile non avvengono soltanto nei nostri istituti. Basti pensare alla recente aggressione subita dalla docente di una scuola media francese, accoltellata in classe da un alunno tredicenne soltanto perché si ‘era permessa di riprenderlo per il mancato svolgimento dei compiti assegnati.
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