Finley
27 Gennaio 2019Appunti
27 Gennaio 2019Il giorno lunedì 19 Maggio noi con la classe prima I siamo andati a Pavia presso la casa del giovane, un centro di recupero e riabilitazione per tossicodipendenti, alcolisti, persone con problemi familiare e individui appena usciti dal carcere.
Come ci è stato spiegato appena arrivati, da Vincenzo, un pregiudicato pentito con 34 anni di carcere alle spalle e non ancora interamente scontati, la comunità è stata fondata nel 1971 da don Enzo Boschetti, parroco deceduto da qualche tempo, che in questi anni, come ci racconta lui stesso in un RVM, tutto è cominciato negli anni ’70, quando c’è stato il boom dell’eroina.
Infatti poiché passava spesso nei dintorni della stazione centrale di Milano, notava molte persone semidistrutte dalla droga e dall’alcool, sdraiati per terra per cercare di smaltire i fumi di queste sostanze.
Don Enzo non poteva restare a guardare, così decise di accogliere tutti coloro che ne avevano bisogno in un ritrovo di fortuna: uno scantinato malridotto, che con l’aiuto di persone dall’animo buono che decisero di effettuare una donazione per sostenere questo “progetto” nato per caso, le persone accolte da don Enzo hanno potuto alloggiare in una dimora più dignitosa.
Tale ritrovo venne chiamato in seguito “Casa del Giovane”.
Questo “progetto” nacque in Lombardia, ma si diramò in tutto il nord Italia.
Dopo aver ricevuto le nozioni principali riguardo la Casa del Giovane abbiamo visitato i laboratori dove le persone della comunità svolgevano il loro compito (parlando in prima persona con loro (stampa ferramenta e falegnameria) che ci hanno sottolineato l’importanza del gruppo e di badare alle conseguenze.
I laboratori consistevano in un laboratorio di stampa all’avanguardia, un laboratorio di ferramenta e una falegnameria che si occupava anche di restaurare i mobili antichi.
Inoltre, per constatare quanto fosse dura la vita della comunità , abbiamo provato la fatica di coloro che vi alloggiavano sulla nostra pelle, aiutandoci a vicenda a trasportare le panche, capendo così quanto fosse importante il lavoro di squadra.
Dopo esserci rifocillati e dopo aver fatto una breve pausa allietata dal suono della chitarra del proff. Gaudio, abbiamo conversato con Vincenzo toccando temi come la droga, il carcere e il bullismo e interagendo con il diretto conoscitore di tutto ciò: lui stesso.
Abbiamo ascoltato la sua esperienza di vita che mi è sembrata molto travagliata e solcata da grandi sofferenze, e ciò mi è sembrato interessante e istruttivo.
Dalle parole di Vincenzo ho capito quanto sia importante riflettere sulle proprie azioni, cercando di ragionare anche sulle conseguenze di tali azioni, che non sempre possono avere un buon esito, e di conseguenza lasciare una traccia indelebile che segnerà tutto il resto della tua vita.