RIASSUNTO CAPITOLO 27 – promessi sposi
2 Luglio 2012Dove la giustizia spesso arranca
2 Luglio 2012Anche questo capitolo si apre con una digressione storica che ci aiuta a comprendere maggiormente ciò che avverrà a seguire spiegandone le cause e il percorso che ha portato alla successiva situazione.
Dopo il tumulto di san Martino tutti, avidamente e senza una giusta misura, spendevano i propri averi per fare dispense di pane, aggravando così la situazione delle scorte di farina, già scarsa.
Si cerca di fermare la situazione con leggi e grida che, come al solito non vengono messe in pratica, finché la situazione costringe ad adottare metodi diversi per la lavorazione del pane, aggiungendo il riso, il farro o una mistura a volte anche non commestibile per supplire alle mancanze.
La situazione peggiora, l’impoverimento aumenta, il lavoro scarseggia e con l’andare del tempo Milano si riduce ad un covo di barboni petulanti, morti di fame, nobili in miseria, contadini senza più un campo, bravi spogli del loro antico onore e crudeltà. In mezzo a tanta povertà, però, spicca in maniera evidente la generosità e la carità di molti tra cui si distingue il buon Federigo, che impegna tutti i suoi mezzi per aiutare i poveri, anche se risulta insufficiente rispetto al grande bisogno.
Si cerca una soluzione nell’isolamento dei più colpiti dalla fame e dal disagio nel lazzaretto di Cantù, precedentemente usato per rifugio degli appestati.
In quelle condizioni per niente igieniche e di pericoloso sovraffollamento, inizia a defilarsi un inizio di contagio che porta ulteriori morti e devastazione.
La situazione sembra risolversi però con l’arrivo dell’estate e del nuovo raccolto che, essendo maggiore del precedente, lentamente porta alla normalità la città di Milano, sebbene porti i segni di un tale pericolo fino al seguente autunno, in cui un’altra disavventura attende i poveri cittadini milanesi.
L’assedio al Casale continua così, per porre rimedio, l’imperatore austriaco manda i suoi soldati mercenari, i Lanzichenecchi, a Mantova. Passano però per molte città, tra cui Milano, portando morti, saccheggi, devastazioni e una nuova epidemia: la peste, malattia che inizialmente viene sottovalutata con il risultato dell’aggravamento maggiore della situazione.
Don Gonzalo lascia Milano a mani vuote, portando con sé solo la delusione di un’azione fallita miseramente e su di sé le ingiurie di un popolo devastato a causa sua.
1 Comment
mi sembra un riassunto ben dettagliato…grazie