Napoli: salviamo i luoghi della cultura – di Gennaro Capodanno
24 Maggio 2013Libertà non e’ fare tutto quello che voglio
30 Maggio 2013più frequenti preoccupano gli enti preposti al suo monitoraggio e in
particolare l’Osservatorio regionale permanente. Prima di tutto bisogna fare una
distinzione tra fenomeni indicatori del disagio relazionale e quelli che invece
per determinate caratteristiche si configurano come ” atti di prevaricazione protratti nel tempo intenzionalmente da uno o
più compagni verso il soggetto più debole” di (Olweus).
Prima dell’età di 6-7 anni non si può parlare
di bullismo perché la personalità del bambino è in evoluzione costante e alcune
manifestazioni dimostrano soltanto un campanello d’allarme di problematiche aspecifiche. Dalla dichiarazione
di Kandersteg del 2007 si rileva che 200 milioni di bambini sono abusati dai
loro compagni e questo la dice lunga sul fenomeno che viene quotidianamente
messo in evidenza dai mass media. In ambito psicologico il primo passo per
prendere coscienza del problema è la descrizione del fenomeno, un approccio
superficiale ma necessario per evidenziarne gli aspetti più importanti. In
seguito si passa ad uno stadio operativo quando la comunicazione consente di entrare
in empatia con il soggetto problematico. L’atto comunicativo non è unico perché
le persone non sono tutte uguali, esso comunque deve rispondere ad alcuni requisiti,
essere cioè essenziale,comprensibile,
paritario. Mediante la narrazione che mette in relazione ciclica il sé e le
identità è possibile sviluppare quello
che il filosofo francese Ricoeur chiama
“l’agire comunicativo totale” in cui
si stabiliscono le convergenze e si mette in atto la fase dell’agire concreto.
Il racconto è fatto di memoria e ha i suoi ritmi anche molto lenti e non sempre
lineari. E’ importante dare rilievo al soggetto, colui che agisce, che compie
l’azione del racconto e verso il quale occorre dimostrare empatia e senso di
discernimento e non condanna o riprovazione. La modalità di persuasione ha come
obiettivo ottenere modifiche comportamentali attivando un processo ad indirizzo
morale (cosa è lecito o non lo è). Gli interventi psicologici devono seguire
tre linee di azione: pianificazione, organizzazione, controllo, definire cioè il problema, cercare le soluzioni e
valutare gli esiti del processo. Come ogni attività progettuale la valutazione
è un momento fondamentale e indispensabile perché consente di monitorare
l’efficacia degli interventi messi in atto ed eventuali correzioni di
intervento. I conflitti sono sempre esistiti ma devono ” avere cittadinanza” , cioè appartenere ad un contesto ben definito
in cui attivare le risorse e le competenze necessarie per la risoluzione del
problema. La buona prassi per la costruzione di interventi efficaci è racchiusa
in queste tre parole: responsabilità,
condivisione, azione. La responsabilità consiste nel riconoscere ed accettare la
realtà, individuare i meccanismi di difesa (scuse, giustificazioni) che possono
distorcere la realtà e inoltre rispondere facendosi carico delle proprie
azioni. La condivisione presuppone l’ascolto attivo e la comprensione, la
ricerca di un linguaggio comune, la formulazione adeguata del proprio punto di
vista, la visione positiva nel cercare modalità di mediazione al problema. Per
attivare gli interventi adeguati bisogna inoltre avere obiettivi chiari,
adeguati e possibili, ricercare risorse interne ed esterne al contesto (coping
e problem solving) e scegliere le forze da utilizzare ( self empowerment). Sul
piano didattico intervenire sui fenomeni di bullismo significa educare i
giovani alla corresponsabilità e alla prosocialità. Sappiamo che nell’85% dei
casi il fenomeno ha degli spettatori e
proprio il gruppo dei pari, nel 60% dei casi,
può determinare la cessazione dell’atto bullistico in 10 secondi. Il
fenomeno del bullismo mette in crisi il sistema complesso della scuola e in
particolare la qualità della convivenza
scolastica, lo sviluppo della cittadinanza, l’occasione autentica di accesso
alla libertà che sono i presupposti dell’insegnamento e apprendimento collaborativi.
Sul piano operativo l’istituzione scolastica prevede opportune strategie di
intervento che sono contemplate nelle indicazioni nazionali : l’impiego
flessibile della programmazione didattica, le funzioni e l’organizzazione
dell’insegnamento e la valutazione. La pedagogia del curricolo sposta la sua
attenzione verso gli obiettivi a lungo termine perché l’educazione più di
qualsiasi altra attività esige che si guardi lontano. Importante è gestire gli
interventi in un clima di corresponsabilità
cioè di impegno condiviso dai soggetti interessati singolarmente (
alunno, insegnante) e dalla intera comunità scolastica e organismi
territoriali. Ridefinire i ruoli è fondamentale, gli insegnanti e i genitori
devono essere “buoni quanto basta” (
Bettelheim) incentivando gli stati
affettivi collegati al consolidamento e alla differenziazione
dell’apprendimento. Il percorso è lungo e non privo di difficoltà e non bisogna
mai pensare di aver ottenuto tutto e il meglio. ” Tanto maggiore è la cultura professionale tanto più si spegne l’incubo della perfezione” ( Winnicot).