L’Italia nel seicento
27 Gennaio 2019Il Gran Priorato giovannita di Capua
27 Gennaio 2019Le colonie americane sono state, fin dalle prime esplorazioni, luogo d’immigrazione per i perseguitati in patria per motivi politici, religiosi, o solamente per cercare fortuna, e questo flusso migratorio fu talmente frequente che verso la metà del ‘700 si erano formate tredici colonie con quasi due milioni di persone.
Le quattro colonie del nord (Massachusset, New Hampshire, Rhode Island, Connecticut) erano di formazione puritana ed i rapporti politici con essa erano molto democratici, aveva un’economia fondata soprattutto su un’agricoltura cerealicola, il commercio ittico, di legname e di pelli. Le colonie del centro (NY, Pennsylvania, New Jersey, Delaware) avevano un’economia molto simile a quella delle colonie del New England ma avevano una formazione sociale molto variegata che comprendeva irlandesi, tedeschi, olandesi, svedesi, scozzesi. Quelle del sud invece (Virginia, Maryland, Georgia) erano a maggioranza anglicana e avevano un’economia di piantagione, con coltivazioni di tabacco e riso. Tutte commerciavano lo zucchero di canna con le Antille per la produzione di rhum da scambiare con la manodopera negriera importata dalle coste africane: questo però era proibito poiché avrebbero dovuto solamente commerciare con compagnie della madrepatria. L’Inghilterra era abbastanza indulgente anche perché fino a quel punto non considerava molto le colonie; anche politicamente esse non erano rappresentate in parlamento e l’applicazione delle leggi veniva controllata da un governatore che discuteva con i rappresentanti delle varie assemblee.
Però dopo la guerra dei Sette Anni l’Inghilterra aveva bisogno di nuove entrate per risanare il bilancio quindi, per riaffermare le sue prerogative, Giorgio III emise lo sugar act, che imponeva la riscossione di tasse e controlli sui commerci clandestini e nel 1766 vi fu anche la tassa sul bollo, che veniva utilizzato per tutti i documenti in carta da bollo che testimoniavano rapporti commerciali e giuridici. I coloni si ribellarono a queste misure non tanto per la somma di denaro ma per una questione di principio: essi, non essendo politicamente rappresentati, non erano nemmeno tenuti a pagare le tasse. Anche quando il re ritirò alcune tasse la situazione rimase tesa. Nel 1773 venne concesso il monopolio del commercio del thè alla compagnia delle Indie ma quando arrivò una nave carica nel porto di Boston venne presa d’assalto (Boston Tea Party). Questo fu l’inizio della rivoluzione. Nell’autunno del 1774 il Primo Congresso di Philadelphia decise di armare le colonie con a capo George Washington. In aprile dell’anno seguente vi fu la prima vittoria americana a Lexington poiché avevano una grande conoscenza del territorio e anche a causa di alcuni errori strategici inglesi. Finalmente il 4 luglio 1776 il Congresso votò la Dichiarazione d’Indipendenza scritta da Thomas Jefferson e Thomas Paine; un’altra vittoria si ebbe l’anno successivo a Saratoga e la fine si ebbe nel 1781 a Yorktown e la pace di Parigi del 1783 che segnò ufficialmente l’indipendenza delle colonie americane. E’ da sottolineare che non tutti volevano ciò:
– I lealisti non volevano staccarsi dalla madrepatria
– Il movimento repubblicano (maggioranza) invece teorizzava la necessità di una chiara indipendenza politica
Dopo la dichiarazione si presentò il problema della scelta della struttura politica: era certo che una monarchia era impensabile, ma si era indecisi tra:
La confederazione, costituita da stati che mantengono molte delle loro autonomie rispetto ad un governo centrale che ha un compito rappresentativo;
La federazione, in cui governo centrale decide in merito ad aspetti fondamentali come l’unità monetaria, la politica estera ma si ha una certa autonomia giuridica.
Tra le due si risolse poi per la federazione poiché erano stati deboli che temevano per la loro neounione a rischio di smembramento.
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Questo grande cambiamento economico avvenne grazie a fenomeni complessi, non settoriali, che coinvolsero tutta la struttura del paese. Perché in GB?
– Incremento demografico a causa della rivoluzione agricola dei primi del ‘700 che aveva aumentatato e migliorato la produzione;
– Regime politico costituzionale liberale, con una presenza di facilitazioni nei commerci -> vedi Atto di Navigazione ed una relativa stabilità interna;
– Presenza di materie prime, come carbone ferro legno;
– Presenza di una classe borghese forte che aveva una mentalità aperta e capitali da investire.
– Presenza di una sviluppata rete di vie di comunicazioni; soprattutto fluviali.
I settori che furono maggiormente interessati furono il tessile, l’estrattivo e il siderurgico. Il primo lavorava soprattutto il cotone poiché era meno caro della lana e più facilmente lavorabile. Le operazione erano due: la filatura, dalla fibra al filo, e la tessitura, dal filo alla stoffa. Per velocizzare il meccanismo per aumentare la produzione, venne inventata la navetta volante, che rendeva molto più spedita la filatura, però così si veniva a creare una strozzatura in cui il prodotto già filato si accumulava poiché il processo meccanico era ancora lento, così venne ideato il telaio meccanico a vapore.
Nel settore energetico l’Inghilterra era scarsa di legna e spesso aveva dovuto importarla dalla Svezia quindi si passò al carbon fossile, che per essere estratto bisognava mantenere asciutte le falde freatiche grazie all’invenzione dei pistoni idraulici a vapore che avrà il suo massimo utilizzo nella ferrovia. Il metodo tradizionale per produrre ferro esigeva di avere a disposizione, nella stessa area, ferro, legname da trasformare in carbone e un fiume per la forza motrice. Il minerale di ferro era introdotto in una fornace alimentata con carbone di legna in presenza di carbonato di calcio e argilla che favorivano l’eliminazione delle scorie. La fornace era accesa e quando il ferro fondeva, si dovevano separare le scorie e versare il metallo liquido in canaletti di raffreddamento. Ciò che si otteneva era la ghisa, una lega di ferro e carbonio molto dura ma anche molto fragile, di impiego limitato. Il metodo per sottrarre carbonio alla ghisa era quello usato dei fabbri che riscaldavano le barre di ghisa martellandole con magli fino a espellere gran parte del carbonio dalla ghisa. Ciò che si otteneva era ferro dolce che si presta a molti usi, per esempio i chiodi, ma ha l’inconveniente di non essere elastico, ossia quando subisce una flessione non riprende la conformazione iniziale. Per molti usi, forse i più interessanti, occorreva un metallo elastico, più duro del ferro, ma meno fragile della ghisa, ossia l’acciaio, conosciuto da millenni ma non facile da ottenere in grandi quantità. Il procedimento per ottenere acciaio era di limitare il carbonio a circa il 2% e di far raffreddare repentinamente la barra immergendola in acqua.
Lo sviluppo nelle altre zone europee non avvenne omogeneamente ma solo in Alsazia, Belgio, lungo il bacino del Reno, Slesia e dove vi erano disponibilità di capitali e risorse. In un secondo momento arrivò anche in Italia, Spagna e Russia dove fu la ferrovia il punto di partenza per lo sviluppo poiché facilitava i trasporti, aumentava il lavoro delle industrie siderurgiche, meccaniche ed estrattive.
Le conseguenze di tutto ciò furono che sparirono i piccoli mercanti ed il lavoro a domicilio, inuburbazione delle periferie cittadine, sviluppo della questione sociale
Rossella Natalini