La follia secondo Virginia Woolf
10 Marzo 2019La follia
11 Marzo 2019Tesina – Esame di Stato II ciclo 2002
Cornelli Andrea
ALCUNI PRECEDENTI PERICOLOSI DELL’IMPERIALISMO:
1) ROMA E LA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
periodo repubblicano
Roma sorse da un gruppo di villaggi e divenne una vera città solo nel VI secolo a.C., sotto l’influenza di un popolo più civile che la dominava, gli Etruschi; intorno al 510 i Romani cacciarono gli Etruschi e fondarono una repubblica, che cominciò assai lentamente a espandersi. Così, al principio dei V secolo, mentre i Greci erano impegnati a respingere le invasioni persiane e Atene toccava l’apogeo del suo splendore sotto Pericle (a questo proposito si parla anche di imperialismo ateniese), i Romani controllavano solo una piccola parte dell’Italia centrale. Ma nel 264 a.C. era a capo di una vasta confederazione italica, e poco più di un secolo dopo dominava l’intero bacino Mediterraneo.
Il dominio etrusco, che nel momento della massima espansione si estendeva dal Po alla Campania, si scontrò con i Latini dell’Italia centrale e alla fine ne fu sottomesso. Fra le città latine Roma assunse gradualmente una posizione egemonica. Il conflitto iniziale si trasformò presto in un rapporto.di mutuo sostegno contro la pressione delle tribù vicine: i Sabini, gli Equi, i Volsci, e nel IV secolo i Sanniti. Durante queste lotte Roma moltiplicò sia il suo territorio (ager Romanus) sia le sue alleanze. Nel 500 a.C. controllava circa 900 chilometri quadrati di territorio; nel 260 a.C. circa 26.000. Alla conquista si accompagnava a volte l’estensione della cittadinanza romana, piena o limitata. Nello stesso tempo Roma fondò una confederazione con speciali privilegi per i Latini; nell’insieme i suoi alleati nel 260 controllavano circa 109.000 chilometri quadrati, per cui l’effettivo dominio romano si estendeva su circa 135.000 chilometri quadrati . Lo stato romano contava 292.000 cittadini, i suoi alleati circa 750.000; la popolazione totale dei territori controllati dall’Urbe si aggirava intorno ai 3 milioni.
Con questo territorio e questa forza numerica Roma si avviava a diventare una potenza mondiale. La sua influenza fu rafforzata dalla fondazione di colonie in posizioni strategiche, collegate da una rete di strade. Queste colonie erano formate o da soli cittadini romani o da Latini (a cui nei tempi più antichi si aggregavano alcuni Romani che avevano rinunciato alla cittadinanza); le prime facevano parte dello stato romano, le altre erano alleate con obblighi e privilegi particolari.
Il formarsi di questa potente confederazione costituiva una minaccia potenziale per Cartagine, che allora dominava le coste dell’Africa nord-occidentale, parte della Spagna, la Sardegna e la Sicilia occidentale. Più per caso che di proposito, le due potenti città-stato si scontrarono nel 264 a.C. Nella prima guerra punica (264-241) Roma, ancora precipuamente contadina, dovette trasformarsi in potenza navale; e scacciando i Cartaginesi prima dalla Sicilia e poi (238) dalla Corsica e dalla Sardegna, fece di queste ultime due isole delle province. La Sicilia fu costituita in provincia nel 227 a.C. Nella seconda guerra punica (218-201), Annibale invase l’Italia e mise in grave pericolo Roma, ma i Cartaginesi furono cacciati dalla Spagna, che fu divisa in due parti ridotte a province romane. Alla fine della guerra Roma dominava sul bacino occidentale dei Mediterraneo; più tardi, in una terza guerra, distrusse Cartagine e ne ridusse il territorio a provincia (provincia d’Africa, 146).
Nel frattempo Roma era penetrata anche nel bacino orientale del mediterraneo. Sconfisse i monarchi ellenistici della Macedonia (197 a.C.) e della Siria (190 a,C.) ma per circa mezzo secolo si astenne dall’imporre nella regione il suo dominio diretto. Infine nel 146, introdusse la Macedonia nel proprio sistema provinciale. Nel 133 il re Attalo di pergamo lasciò in eredità ai Romani il suo regno, che divenne la provincia d’Asia.
L’Italia raggiunse l’unità politica quando la cittadinanza romana fu estesa a tutti i gli italici nel 90-89 a.C.; ma il crescente potere di Roma nell’intero bacino dei mediterraneo diede origine a conflitti interni ed esterni. All’interno, l’ordinamento repubblicano fu minato e alla fine rovesciato da una serie di dittatori militari, Silla, Pompeo, Cesare, che dopo aver rafforzato il loro potere nelle province piegarono al loro volere le autorità centrali. Nel frattempo, in parte sotto la spinta di ambizioni personali, l’impero seguitò a espandersi. Per proteggere Marsiglia, loro alleata, i Romani si trovarono a combattere e sconfiggere le tribù della valle dei Rodano, e poco dopo il 120 a.C. ridussero la Gallia meridionale a provincia romana coi nome di Gallia Narbonensis (l’attuale Provenza). La necessità di combattere la pirateria condusse Roma ad annettere Cirene (74 a.C.) e Creta (67 a.C.), mentre le guerre contro Mitridate re del Ponto fruttarono a Pompeo altre conquiste in oriente: la Bitinia, il Ponto, la Cicilia, la Siria e Cipro divennero province romane. Subito dopo il 50 a.C. Cesare conquistò la Gallia Transalpina, e quindi incorporò la Gallia Cisalpina (Valle Padana) nell’Italia.
Così nell’anno 44 a.C., alla morte di Cesare, Roma dominava tutto il mondo mediterraneo, o direttamente o attraverso forme di protettorato sui sovrani locali.
L’IMPERO ROMANO DA AUGUSTO A GIUSTINIANO
Sconfiggendo Antonio e Cleopatra ad Azio dei 31 a.C., Ottaviano divenne signore indiscusso non solo dell’Egitto, che acquisì a titolo personale, ma di tutto il mondo romano. Nel 27 a.C. accettò il titolo di Augusto con cui, dopo la morte, sarebbe assurto fra gli dei di Roma. Senza avversari politici di rilievo e con l’appoggio incondizionato dell’esercito, riuscì a introdurre importanti riforme – in campo tributario, nella vita sociale e nel costume, con l’eliminazione della corruzione in patria e nel governo delle province e coi ripristino di antichi culti religiosi romani e italici – che diedero all’impero, ormai quasi stabilizzato, un nuovo e potente impulso vitale. Si autonominò primo cittadino (princeps), diede un nuovo assetto costituzionale allo stato, ampliò e rafforzò le frontiere tanto che era legittimo sperare che sarebbero rimaste immutate per secoli.
Pur esercitando da solo il potere assoluto, Augusto permise al senato, alle vecchie magistrature repubblicane e alla classe borghese (ordo equestris) di dividere con lui il compito di amministrare l’impero. Cosi, almeno in teoria, si aveva la “restaurazione della repubblica” e il governo rimaneva civile e non militare.
Pur a prezzo della perdita di un certo grado di libertà personale, la stabilità politica garantì alla maggior parte del mondo occidentale circa due secoli e mezzo di pace e prosperità: in tutte le province i municipi godettero di una certa autonomia locale, mentre la cultura occidentale, prevalentemente latina, controbilanciava l’ellenismo predominante in Oriente.
Questo periodo di relativa tranquillità fu turbato da due brevi guerre civili (nel 69 e 193 d.C.) che evidenziarono la sempre maggiore importanza dell’esercito e il
predominio del princeps. Con l’accentuarsi delle pressioni barbariche alle frontiere settentrionale e orientale, nel 235 il governo civile si sfasciò, in varie province gli eserciti tentarono di proclamare imperatori i propri comandanti (i cosiddetti Trenta Tiranni) e l’economia si disgregò. Tra il 268 e il 284 tuttavia, una serie di imperatori capaci riuscì a respingere i Goti e altri invasori e a restaurare una parvenza di governo stabile.
Agli albori dell’impero, le lunghe frontiere erano difese da un esercito permanente di circa 300.000 uomini, dislocati in baraccamenti e schierati dietro i confini costituiti per lo più da barriere naturali come mari, fiumi e monti. L’opera di difesa era sostenuta e facilitata da una complessa rete di strade militari, mentre la flotta tutelava gli intensi traffici marittimi mercantili di Roma. La cittadinanza romana venne gradualmente estesa finché nel 212 Caracalla la concesse a tutti gli abitanti liberi dell’impero. Quando, con la morte di Traiano (117), l’espansione imperiale ebbe fine, furono erette difese permanenti, molle in muratura, per proteggere i confini, nell’Inghilterra settentrionale e in Scozia, oltre il Reno, lungo il Danubio; in Siria e in Africa settentrionale. Ma verso la metà del III secolo era la debolezza interna a minacciare l’esistenza dei sistema e della compagine imperiale.
Quando, nel 284, sali al potere Diocleziano, era evidente che un uomo solo non era più in grado di governare tutto l’impero: di qui la divisione dei poteri fra Diocleziano stesso e un collega associato nella carica di Augusto, con due Cesari come collaboratori, e la divisione dell’impero in quattro prefetture e dodici diocesi. Il principato era morto; l’elemento militare aveva del tutto sopraffatto quello civile. Sotto l’influenza delle concezioni orientali, il princeps diventò dominus, signore e padrone, a capo di un’immensa burocrazia. Il centro di gravità dell’impero si andò spostando verso oriente: Costantino stabili la nuova capitale cristiana Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli (330), e varò molte importanti riforme, anche di carattere tributario, che favorirono una ripresa dell’impero. Ma il declino era solo rimandato. Benché in teoria governato da due sovrani associati, gradualmente l’impero si spaccò in una metà orientale è una occidentale, mentre le province periferiche cadevano in mano agli invasori barbari. Anche Roma fu saccheggiata dai Visigoti di Alarico (410) e dai Vandali di Genserico (455), e nel 493 sorse in Italia un regno ostrogoto. L’impero d’occidente era ormai in balia degli invasori e il tentativo operato da Giustiniano nel Vi secolo di riconquistarlo ebbe esito parziale e transitorio. In Oriente, invece, l’impero di Bisanzio sopravvisse per altri mille anni, fino alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi (1453).
Per due secoli dopo il crollo dell’impero d’Occidente la monarchia bizantina conservò le istituzioni romane e il latine come lingua di corte. Poi il greco sostituì il latino e l’amministrazione fu decentrata. Comunque fu l’impero d’Oriente a compilare i due grandi monumenti del diritto romano, i codici di Teodosio e di Giustiniano, e fu l’Oriente a conservare e a trasmettere al mondo moderno gran parte dei retaggio di quello antico. Anche in Occidente sopravvissero molte tradizioni romane: il latino, pur gradatamente sostituito dalle lingue romanze o da altre, restò la lingua ufficiale della Chiesa e della scienza; la legge romana costituisce ancora la base del diritto di molti stati europei. le opere dell’ingegneria romana sono ancor oggi visibili in gran parte ‘Europa e nel resto del mondo classico; la chiesa di Roma raccolse ed elaborò l’eredità imperiale; i sovrani tedeschi dei Sacro Romano Impero avevano il titolo di “re dei Romani”
L’APOGEO DELLO SVILUPPO: ROMA ALLA FINE DEL II SECOLO D.C.
L’impero romano costituiva una grande area economica, con un’unica valuta e insignificanti barriere doganali, in cui il commercio non era ostacolato né da pirati né da frontiere ed era anzi favorito da una vasta rete di strade e di porti. Mentre i bisogni elementari della grande maggioranza della popolazione erano soddisfatti dall’agricoltura e dall’artigianato locali, quelli della civiltà greco-romana suscitarono vasti movimenti di prodotti naturali e manufatti su grandi distanze e su larga scala. Molte città, specialmente in Grecia e nell’Asia Minore, dipendevano regolarmente dal grano importato. Altrove, la necessità di importare cereali poteva aversi a seguito ad annate sfavorevoli. In alcune regioni dell’impero, soprattutto in Italia, in Grecia, in Siria, in Egitto e in Africa (Tunisia), mancavano risorse locali di metalli indispensabili. Tutto l’impero usava per scrivere il papiro egiziano. V’era un attivo commercio di tessuti pregiati dalle regioni produttrici di lana e di fino, e in tutte le province giungevano i prodotti di lusso dell’Oriente. Gli abiti di seta erano usati dai più ricchi come simbolo della loro condizione sociale; le spezie, specialmente il pepe, insaporivano il cibo di più larghi strati della popolazione. Il commercio con l’Oriente faceva defluire dall’impero grandi quantità di denaro.
Gran parte di questi spostamenti di merci su lunghe distanze era diretta conseguenza dell’esistenza stessa dell’impero. La ricchezza si concentrava soprattutto a Roma che, con una popolazione di oltre un milione di abitanti, consumavo la maggior parte dei tributi in natura provenienti dalla Sicilia, dall’Africa e dall’Egitto, più altri ingenti quantitativi di frumento e di olio, soprattutto spagnolo, procurati da privati importatori. I marmi ornamentali e talora la stessa pietra da costruzione dei grandi edifici pubblici, gli animali per gli spettacoli circensi, venivano da molto lontano. Inoltre, le legioni stanziate nelle province di frontiera davano luogo a una forte domanda sia di materie prime che di prodotti finiti. Ne risultò che queste zone godettero di un vivace sviluppo dell’agricoltura, delle industrie estrattive e dell’artigianato, le forniture militari, come quelle civili, seguivano le grandi strade o, se possibile, venivano trasportate per via fluviale lungo il Reno, il Rodano, il Danubio e i loro affluenti. Un certo numero di grandi città, da Treviri (Augusta Treverorurn) a Lione (lugdunum), da Aquileia ad Antiochia erano insieme capoluoghi amministrativi e centri di smistamento commerciali. In molte parti dell’impero sorsero, spesso presso gli accampamenti militari, colonie popolate da veterani. Le legioni, le colonie, l’inurbamento dei provinciali più abbienti crearono nell’Europa occidentale e nei Balcani una vasta domanda di beni di consumo introdotti dal costume romano: vino, olio d’oliva, armi, oggetti d’arte in metallo, in ceramica fine o in vetro. Al principio del I secolo d.C. l’Italia esportava vino, olio, manufatti metallici campani, ceramiche di Arezzo (Arretiurn) in Spagna, Britannia, Gallia e Balcani occidentali. Poi l’industria ceramica si spostò più a nord, in fasi successive, verso centri come La Graufesenqué e Lezoux nelle Gallie, e in Renania. L’industria del vetro fiorì intorno a Colonia (Colonia Agrippina) e la metallurgia nella regione collinosa a sud-ovest dì questa città. La Spagna divenne una forte produttrice di olio d’oliva, vino e altre derrate, ivi compresa una deliziosa (per i Romani) pasta di pesce detta garum che veniva riposta in anfore e spedita via mare a Roma in grandi quantità; attraverso ì Pirenei e i fiumi della Gallia, il garum giungeva anche in Britannia. Più tardi l’Africa settentrionale cominciò a produrre ed esportare su larga scala olio d’oliva e ceramica di pregio in tutto il bacino dei Mediterraneo. Alla fine dei II secolo le esportazioni italiane erano in declino, poiché vaste regioni dell’impero erano divenute autosufficienti.
La distribuzione delle città riflette il grado di sviluppo delle diverse zone. La Bitinia, provincia asiatica, la Siria, l’Egitto, l’Africa (Tunisia) , la Spagna dei Sud, la Grecia, la Provenza e, naturalmente, l’Italia erano le regioni più progredite. Nelle città la proprietà era distribuita in modo assai ineguale e l’erezione degli edifici pubblici era finanziata dai contributi di un piccolo gruppo di uomini particolarmente ricchi. L’esercito permanente, soprattutto in tempi di pace, era adibito alla costruzione di strade, ponti o fortificazioni. L’aspetto imponente dei ruderi romani tende oggi a nasconderci l’arretratezza economica dell’impero, la cui vita dipendeva da un’agricoltura che costringeva a lasciare incolti i terreni ad anni alterni e non era in grado di coltivare i pesanti suoli argillosi. Lo sviluppo economico era ostacolato dalla lentezza e dall’alto costo dei trasporti terrestri, effettuati a mezzo di asini, muli e buoi, piuttosto che di cavalli. Era più economico spedire del grano per nave da un capo all’altro dei Mediterraneo che trasportarne la stessa quantità su carri per 150 chilometri.
La classe mercantile fu per molto tempo debole, sia economicamente sia come prestigio sociale. Il patrimonio anche del più ricco mercante era inferiore a quello di un normale proprietario terriero, per non parlare dei membri dell’aristocrazia imperiale. Gran parte dei commercio era svolta da umili rivenduglioli; e l’unità di produzione era comunemente la bottega, non la fabbrica; l’economia era estremamente vulnerabile. Le crisi politiche e militari che si ripeterono dopo il 230 d.C. indebolirono permanentemente le classi commerciali delle province occidentali. Per pagare le truppe, il governo sviliva progressivamente il titolo della moneta argentea; a questa svalutazione si accompagnò un rapido processo di inflazione.
Intorno al 300 d.C. Diocleziano restaurò la stabilità interna e inaugurò il periodo dei Basso Impero. Da allora in avanti il governo soddisfece le esigenze dei funzionari, dei soldati e delle città capoluogo di provincia attraverso una tassazione in natura; il trasporto dei tributi era esso stesso una tassa. Fu introdotta una nuova moneta a base aurea, ma la rapida svalutazione della moneta di rame continuò fino alla fine dei ]V secolo. La sfera d’azione della moneta e dell’economia di mercato, e di conseguenza quella dell’imprenditore e del mercante privato, fu grandemente ridotta. Nello stesso tempo le province occidentali registrarono un’inversione di tendenza nel fenomeno dell’inurbamento: tanto i nobili locali quanto gli artigiani presero a trasferirsi dalle città alle campagne.
Per tutto il periodo imperiale gli schiavi costituirono una percentuale relativamente alta della popolazione in molte regioni dell’impero. Fornivano manodopera per i lavori domestici, per l’agricoltura e le manifatture. Anche molte funzioni gestionali a medio livello nelle aziende agricole o nelle officine, sulle navi e nelle banche erano svolte da schiavi o liberti. La scarsità di testimonianze non ci consente di stabilire l’andamento quantitativo dell’impiego degli schiavi, ma pare che un graduale declino della condizione sociale e giuridica dei ceti più bassi della popolazione libera abbia contribuito a ridurre l’importanza sociale ed economica della schiavitù .
Visto in una prospettiva globale, l’impero romano rappresentava un’unica entità economica, autosufficiente in tutti i beni essenziali. la sua coesione era resa possibile da fattori geografici, quali il Mare Mediterraneo e il sistema dei fiumi che vi sboccano. Ma lo sviluppo di alcune regioni rispetto ad altre, e la direzione e il volume dei movimento di merci, erano largamente determinati dalla organizzazione politica delle singole zone. Il crollo dell’impero d’Occidente nel V secolo d.C. pose termine al massiccio trasferimento di risorse, regolato dalle autorità, dalle aree periferiche a Roma, all’Italia e agli eserciti di frontiera. Gli scambi commerciali spontanei durarono più a lungo, pur declinando.
Torna all’indice della tesina L’imperialismo di Andrea Cornelli