Santa Monica
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30 Giugno 2023San Liberio è il trentaseiesimo papa della storia, molto controverso a causa di una sua ipotetica “caduta”, cioè per le sue “concessioni” all’arianesimo imperante al tempo di Costanzo II, e anche per la presenza contemporanea a Roma dell’antipapa Felice II.
“Liberio salì al soglio pontificio il 22 maggio 352. Pochi mesi dopo giunsero a Roma due deputazioni: una, inviata dai vescovi d’Oriente, per consegnare al papa una requisizione contro il vescovo di Alessandria; l’altro venne a fare, a nome di tutti i vescovi d’Egitto, l’apologia dello stesso personaggio. Liberio cosa fa? Convoca un concilio a Roma, fa leggere le lettere dei Vescovi d’Oriente e quelle dei Vescovi d’Egitto, ascolta i detti delle due parti, e, sufficientemente edificato sulla causa, chiude i dibattiti e dichiara l’accusa mossa contro Atanasio privo di fondamento, ogni fondamento.
Al Concilio di Arles del 353, il legato Vincent de Capoue riteneva che il bene della Chiesa richiedesse il sacrificio di un uomo per la pace generale. La fede di Nicea è rispettata, ma Atanasio è condannato. Liberio, prima che questa notizia sia penetrata dal dolore; Chiama prevaricatrice la sua eredità, giura di morire piuttosto che abbandonare gli innocenti.
Un anno dopo, l’imperatore ariano Costanzo rimproverò nuovamente Liberio per la sua adesione al vescovo di Alessandria, ma il papa resistette.
Nel 355, prima l’ufficiale Eusebio, poi lo stesso imperatore, fecero pressioni su Liberio affinché condannasse chi vedeva come suo nemico personale. “Come, ti prego, agire così nei confronti di Atanasio?, risponde Liberio. Come possiamo condannare colui che è stato dichiarato puro e innocente da due concili riuniti di tutta la terra, colui che è stato congedato in pace da un concilio di Roma? Chi ci persuaderà a separare da noi, in sua assenza, colui che, in sua presenza, abbiamo ammesso alla comunione e ricevuto con tenerezza? Nessun posto per la scomunica; tutto è pieno, invece, di prove della più sincera adesione» (Costante, t. I, p. 329 – 331).
“L’imperatore cerca di far cedere San Liberio con doni e minacce, ma invano. L’imperatore ordinò allora che fosse relegato a Berea di Tracia e fece nominare a Roma un “Papa”, di nome Felice II. A seguito di una richiesta delle dame romane, l’imperatore convoca San Liberio. San Liberio avrebbe fatto concessioni dottrinali all’arianesimo, per poter tornare dall’esilio?
L’antipapa Felice II, pur aderendo alla fede nicena, mantenne rapporti con gli ariani. Per questo era detestato dai fedeli di Roma e la sua chiesa era vuota. Al ritorno di San Liberio, l’accoglienza del popolo fu trionfante. Se san Liberio avesse fatto qualche concessione agli ariani, i parrocchiani gli avrebbero mostrato la stessa ostilità che mostrarono a Felice II. Il vescovo Osius mantiene la fede fino all’età di 90 anni, dopodiché sottoscrive sotto costrizione una formula ariana. La sua caduta fece un gran rumore. Se San Liberio avesse avuto una caduta simile, lo scandalo sarebbe stato ancora più grande e la sua memoria sarebbe stata censurata per sempre. Ora, questo Pontefice gode di una reputazione eccezionale, incompatibile con una presunta caduta. “C’è da meravigliarsi che Siricio lo veda come uno dei suoi più illustri predecessori; che san Basilio lo chiama “beato, beatissimo”, sant’Epifanio “pontefice di felice memoria”, Cassiodoro “il grande Liberio, il santissimo vescovo che supera tutti gli altri per meriti e si trova in tutte le cose uno dei più illustri”; Teodoreto “l’illustre e vittorioso atleta della verità”; Zósimo “uomo raro sotto ogni aspetto che si consideri”; Lucio Destro “San Liberio”; Sant’Ambrogio “santissimo, santissimo vescovo?”
Si obietterà che sant’Atanasio parla della caduta di Liberio, e nella sua Apologia contro gli ariani, e nella sua Storia degli ariani rivolta ai solitari; ma tutti concordano che l’Apologia sia stata scritta al più tardi nel 350, cioè due anni prima che Liberio diventasse papa. La parte in cui si parla della sua caduta è dunque evidentemente un’aggiunta successiva, fatta da mano strana e inesperta, poiché lungi dal dare forza all’Apologia, la rende inetta e ridicola. La storia degli Ariani è stata scritta ugualmente prima del tempo in cui si suppone la caduta di Liberio, o almeno prima del tempo in cui sant’Atanasio avrebbe potuto conoscerla (la caduta di Liberio), non più di quella di Osio; perché di Leonzio di Antiochia si parla spesso come ancora vivo. E abbiamo visto che la sua morte è riportata a Roma, al tempo in cui le dame romane pregarono Costanzo di autorizzare il ritorno del Papa, il quale allora certamente non aveva ancora trasgredito. Il passo in cui si parla della sua caduta è dunque anche un’aggiunta fatta posteriormente, e che non si accorda più con ciò che precede che con ciò che segue: ma da chi potrebbero essere state fatte queste interpolazioni? Abbiamo visto che durante la sua vita gli ariani redassero una lettera di sant’Atanasio a Costanzo. Ciò che hanno potuto fare durante la loro vita, lo hanno potuto fare ancora più facilmente dopo la loro morte” (Padre René François Rohrbacher: Storia universale della Chiesa cattolica, 1842 – 1849, t. II, p. 167).
“Si obietterà ancora che sant’Ilario in molti passaggi dei suoi scritti, avrebbe anatemizzato san Liberio come eretico. Ma qui si tratta ancora di interpolazioni da copisti ariani. Scriveva infatti lo storico Ruffin cinquant’anni dopo la morte di san Liberio: “I libri istruttivi composti da sant’Ilario per contribuire alla conversione dei firmatari della cabala ariana di Rimini, sono stati in seguito così falsificati dagli eretici che Ilario stesso non volle riconoscerli” (In: Constant, t. I, p. 328).
Lutero: L’origine moderna della negazione dell’infallibilità del papa. Maschera mortuaria di Lutero, che si suicidò per quanto i nemici del papato cercassero di nasconderlo.
Gli ariani falsificarono gli scritti di sant’Atanasio, san Girolamo, sant’Ilario e lo stesso san Liberio (analisi dettagliata in Constant, t. I, p. 294 – 349). Che San Liberio sia caduto nell’eresia ariana e che abbia scomunicato Atanasio è un’invenzione forgiata dai falsi ariani. La storia degli Ariani presenta una raccolta di falsi di tutti i gradi: inseriscono surrettiziamente una lettera in una parola per alterarne il significato, cancellano le firme, aggiungono segretamente elementi a decisioni prese in pubblico, compongono lettere. Abbiamo visto quelle attribuite a Liberio. Anche Atanasio fu colpito da questo tipo di prove: “Quando ho saputo che gli ariani affermavano che avevo scritto una lettera al tiranno Massenzio e che affermavano addirittura di averne una copia, ero fuori di me; Ho trascorso notti insonni, ho attaccato i miei presenti denunciatori; piangeva forte e supplicava Dio con lacrime e singhiozzi che tu volessi ascoltare favorevolmente la mia giustificazione” (Sant’Atanasio: Apol. Ad Const). Altre volte falsificano petizioni e simulano firme. Infine danno il nome di concilio cattolico alle loro adunanze, e sotto questa veste pubblicano i propri atti come se fossero stati canonicamente redatti e approvati, e questo stratagemma riesce a tal punto che lo stesso sant’Agostino confonde a lungo il concilio ariano di Filippopoli col rispettabile concilio di Sardica. Ci sembra, dopo ciò, che non ci si stupirà che alcuni dei suoi scrittori abbiano accusato Liberio di dividere i suoi sentimenti, che alcuni cattolici abbiano garantito per le sue calunnie così abilmente fabbricate e così arditamente sostenute” (Costante, t. I , pp. 359-361).
San Liberio condanna le sette eretiche di Tiro, Arles, Milano e Rimini. Nuova prova della sua ortodossia. Un’altra prova è che non fu invitato alla cabala riminese organizzata dagli ariani. Nel 359 l’imperatore ariano Costanzo convoca la cabala riminese, ma si guarda bene dall’invitare san Liberio, Atanasio ei cinquanta vescovi esiliati dall’Egitto.
San Girolamo commenta gli effetti della cabala riminese con una famosa frase: “L’universo geme e si stupisce di essere ariano”. Solo san Liberio ebbe il merito di correggere la situazione: annullò la cabala riminese e incoraggiò i vescovi firmatari a respingere l’interpretazione eretica. “I termini “ipostasi” e “consustanziale” sono come un forte inespugnabile, che sfiderà sempre gli sforzi degli ariani. Invano ebbero a Rimini la capacità di radunare i vescovi per costringerli con trucchi o minacce a condannare le parole prudentemente inserite nel Simbolo; A nulla è servito questo artificio. Accogliamo nella nostra comunione i vescovi ingannati di Rimini, purché rinuncino pubblicamente ai loro errori e condannino Ario” (In: Costante, t. I, pp. 401 – 403).
La situazione si fa più drammatica l’anno successivo. Nella cabala di Costantinopoli (359 o 360), gli Acaci e gli Ariani ripresero la formula di Rimini e l’eresia del Concilio ariano di Nizza in Tracia (359), che rifiutava la parola “sostanza”, sempre con lo scopo di minando la fede definita nel concilio cattolico di Nicea del 325. “Il concilio fece firmare questa formula a tutti i vescovi, e la invia a tutte le province dell’impero, con ordine dell’imperatore di esiliare tutti coloro che si rifiutassero di firmare Esso. Il gran numero di vescovi firma” (Paul Guérin: I concili generali e particolari, Bar-le-Duc 1872, t. I, p. 141). Tra i rarissimi difensori della fede che si sono rifiutati di firmare, si annovera papa san Liberio.
È triste leggere, sotto certe penne, che san Liberio sarebbe stato ariano. Ha avuto l’immenso merito di salvare, da solo, l’intero universo cattolico. Che era stato messo in ombra durante l’arianesimo, quando centinaia di vescovi riuniti nel concilio riminese firmarono i testi suscettibili di un’interpretazione ariana. Incoraggia i vescovi di Rimini a ritrattare. Quando questi vescovi lo fecero, San Liberio informa i vescovi macedoni. La sua lettera merita di essere citata, perché, leggendola, non si vede come questo papa canonizzato possa essere accusato di essere ariano. Al contrario, è di una santità senza compromessi, che è tutto a suo onore ea onore del Papato. “Noi ci teniamo a precisarlo, perché tu non ignori, che tutti i bestemmiatori riminesi sono stati anatemizzati da coloro che sono stati ingannati con l’inganno” (vale a dire i vescovi ingannati da alcuni ariani durante la cabala, ma che si erano reintegrati grazie al Papa ). “Ma dovete indicarlo a tutti, perché coloro che, con la forza o con la frode, hanno subito un danno alla loro fede, possano ora uscire dalla trappola eretica per accedere alla luce divina della libertà cattolica. Se qualcuno si rifiuta di espellere il virus della dottrina perversa, di respingere tutte le bestemmie di Ario e di condannarle con anatema: sappia che tutto come Ario: i suoi discepoli e altri serpenti, cioè i Sabelli, i Patropassi o chissà cosa altri eretici, è straniero ed estraneo alla comunione della Chiesa, che non ammette figli adulteri» (San Liberio: lettera Optatissimum nobis. 366).
A conclusione, una citazione dell’antico storico Teodoreto (Storia Ecclesiastica, libro II, c. 37):
San Liberio fu veramente “l’illustre e vittorioso atleta della verità”.