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6 Aprile 2011
La lettura del testo Tre anni dopo: Paul Robert rivisita le scuole finlandesi sul sito dell’ADI (Associazione Docenti Italiani) è molto interessante, perché l’autore Paul Robert è costretto ad ammettere che la Finlandia, la terra dell’insegnante “vicino agli allievi piuttosto che dietro la cattedra” (ma questo vale per la primaria) in realtà, quando si tratta di indirizzare gli studenti agli studi superiori, tra lezioni frontali e monologhi dei professori, è molto tradizionale.
Certo, vi è un forte accento sulla responsabilità dello studente, che è molto spiccata in una struttura scolastica liceale quasi pre-universitaria, in cui gli studenti scelgono il loro piano di studi, ma proprio per questo torna in vigore la lezione frontale, poiché, checché ne dicano i pedagogisti e i sociologi, in certi contesti essa continua ad vere un suo valore insostituibile.
Inoltre, il liceo finlandese non ha risolto il problema del costo dell’istruzione e dell’anticipazione del percorso scolastico, poiché, se da un lato, teoricamente, gli alunni più bravi potrebbero, superando tutti gli esami dei singoli corsi, completare il percorso liceale in due soli anni invece dei tre standard, in realtà molti di essi ci impiegano quattro anni, e anche di più, poiché non sempre in grado di gestire con maturità la responsabilità loro affidata (fuori-corso al liceo).
In definitiva, non è poi così vetusto e anacronistico il nostro modello di liceo gentiliano, magari un po’ selettivo e borghese, ma forse troppo sbrigativamente sostituito dai licei “light” meno impegnativi, sovraccarichi di alunni difesi a oltranza dai genitori (vedi il caso del Parini), mentre in Finlandia il liceo continua ad essere per una minoranza rispetto alla maggioranza degli alunni presenti nei percorsi professionalizzanti.
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