Mario Capurso
27 Gennaio 2019Atto di citazione
27 Gennaio 2019Tra dogmatismo e relativismo
di Franco Caristo
Il rischio latente che sottende la riflessione su questioni che riguardano la scienza, letica e la religione è spesso il ricorso alla propria ideologia per legittimare, non senza più o meno evidenti forzature, le personali convinzioni etico-morali e religiose o il proprio punto di vista. Ciò a volte genera reali difficoltà nell’approccio ai problemi e alla loro comprensione.
In questa prospettiva, pertanto, e per quanto riguarda il nostro discorso, ritengo che ogni atteggiamento dogmatico – sia laico che religioso – porta ad arroccarsi nella difesa aprioristica di posizioni dottrinarie e di principi che impediscono di cogliere in maniera equilibrata le relazioni, le convergenze e gli innegabili intrecci tra i grandi temi del nostro tempo: tra il pensiero scientifico e la religione , tra la scienza e letica, tra i diritti soggettivi e le leggi di uno Stato, tra le spinte verso la totale laicizzazione delle moderne società e le radicate convinzioni confessionali o i consolidati valori morali collettivi della tradizione.[1] Perciò credo che quando si propone alla riflessione della pubblica opinione , fuori dunque dall’ambito specialistico, un ventaglio di problematiche che vanno dalla manipolazione genomica fino alla clonazione – transitando su tematiche come l’aborto, leutanasia, la procreazione assistita, la ricerca sugli embrioni umani, la manipolazione del Dna, l’inizio e la fine della vita – non vi è dubbio che bisognerebbe procedere con molta onestà intellettuale, poiché ci si imbatte in posizioni e principi storicamente dialettici: da una parte, cioè, la religione, – quale che essa sia con le sue credenze, la sua morale, i suoi stereotipi valoriali, i suoi fedeli e il suo fideismo – dall’altra la scienza – con il suo abitus epistemologico, l’immanentismo, i suoi metodi razionalistici, la radicalità delle sue conclusioni antimetafisiche. Due concezioni e due tipi di cultura – scrive Nicola Romanò – totalmente opposti : da un lato la cultura scientifica generalmente posizionata su una concezione galileiana dell’universo votata a un forte positivismo che legittima qualsiasi azione dall’altro quella umanistica,soprattutto quella di stampo religioso che riconosce dei forti limiti oltre i quali non è giusto che l’uomo si spinga in alcuna situazione “ .[2] Non si può negare, d’altra parte, che la componente dogmatica, presente nelle due concezioni e negli uomini che le difendono, è spesso nemica della razionalità e del rigore intellettuale che si pretendono allorquando si dibattono tematiche di così largo interesse e di indubitabile peso politico e morale. Ma sulla neutralità” – come equilibrio di valutazioni e di giudizi – che dovrebbe essere il carattere distintivo del dibattito sull’etica e sulla scienza prevalgono antiteticamnete i punti di vista di chi difende l’uno o l’altro sistema, che va ad assumere dunque la forma di inconfutabile certezza.
Tale antitesi è più evidente nella evoluta società nella quale viviamo, segnata da una oggettiva complessualità, causa nello stesso tempo ed effetto delle irreversibili trasformazioni tecnologiche e materiali che rappresentano il comune denominatore della storia europea dei secoli XIX e XX.
Bisogna riconoscere che è una società adulta, che cerca la propria fisionomia attraverso la ridefinizione dei paradigmi valoriali dominanti e dei modelli etici diventati, nell’arco di secoli, sovrastrutture fondative della morale corrente; una società pertanto non più in atteggiamento di dipendenza dallimmutabile sistema etico -ideologico della Chiesa, ma che al contrario nel corso degli ultimi due secoli ha privilegiato una nuova etica della conoscenza – fondata sulla scienza e sulla ricerca – come unico valore antropologico e ontologico, all’interno di una visione pragmatica, fenomenologia della vita e della persona umana. [3]
All’interno delle imponenti trasformazioni culturali del XIX secolo – che procedono dall’idealismo al positivismo, dal creazionismo all’evoluzionismo – matura irreversibilmente, accanto al pensiero laico e allo sviluppo scientifico dell’Europa moderna e contemporanea, anche una diversa idea della vita [4] : da una concezione sacrale” si passa a una concezione biologica”, dalla cultura della vita ” si passa alla libertà della scienza ” con le conseguenti giustificazioni per qualsivoglia intervento scientifico.
Ma non vi è dubbio – senza soffermarci più di tanto sulle correnti filosofiche antimetafisiche del ‘900 o sul pensiero nietzschiano che affida alla scienza il compito di demistificare i valori assoluti [5] – che lo spirito laico e laicista ha contribuito alla nascita di una società nella quale – demitizzato lo scientismo dogmatico e l’intransigente manicheismo cristiano – convivono visioni pluralistiche – e nondimeno discordanti – dei problemi etico-scientifici, all’interno di una oggettiva relativizzazione del concetto di valore”, convivono una libertà di pensiero e uno spirito di tolleranza che servono ad impedire pericolose e polemiche chiusure in difesa dei propri paradigmi valoriali, giusti o meno che siano . E necessario dunque che nella discussione su temi di rilevanza universale si superi il residuale ideologismo, poiché i nodi problematici, dal punto di vista delle responsabilità etiche, riguardano sia l’uomo di scienza sia l’uomo di fede, sia lateo che il credente. Infatti le ineludibili sfide etiche che il progresso della conoscenza inevitabilmente oggigiorno propone hanno una dimensione dilatata e indifferenziata, che attraversano spazio e categorie culturali, e richiedono soluzioni condivise e obiettivamente legittimate da finalità pratiche tendenti a rendere migliore la qualità della vita delle persone. [6]
Nel campo della bioetica, in particolare, che tocca le concezioni e i sentimenti più profondi dell’uomo, credo che ogni discorso dovrebbe tendere a superare le posizioni ideologiche preconcette, che contrappongono credenti e laici, a superare soprattutto i fondamentalismi che impediscono alla morale contemporanea di integrare i principi etico – religiosi con la scienza, considerando come anche sotto il profilo giuridico assumono nella complessità della questione principi come la tutela della libertà personale e della dignità degli esseri umani, specie quando trattasi di ricerca sugli embrioni, sulla clonazione e sulle cellule staminali. [7]
Non vi è dubbio che il relativismo etico dei nostri tempi si oppone alla immutabile concezione del mondo propria della religione – con il suo fardello di obblighi, di comandamenti, di dogmi, di limitazioni, con le sue fabulazioni superstiziose – la quale cessa di essere il modello predominante per la vita degli individui, finendo con il creare una frattura insanabile tra morale laica e morale religiosa, radicalizzando ulteriormente i contrasti storici .
Ma mi pongo una domanda : laffrancamento dall’autoritarismo della religione ha portato l’uomo a scavalcare la propria dimensione morale, a improntare la propria condotta ad una sorta di anarchia etica ?
Pur rispondendo negativamente, non vi è dubbio che se in non meno di 150 anni l’uomo è uscito da una condizione di minorità” – come scrive Kant – ciò lo si deve alla scienza , fattore di storia che ha risolto problemi pratici di immensa portataampliando lo spettro delle nostre possibilità di intervento sulle cose e su noi stessi “. [8]
Pertanto: può l’umanità sopravvivere senza la scienza e le sue applicazioni ? soprattutto a chi giova innalzare o rafforzare steccati sui grandi temi etici e morali diventati ormai patrimonio universale – ma a volte anche sottili e inutili pretesti per violente campagne ideologiche – configurando più visioni del mondo e più morali ? [9]
Si prepara dunque un altro mondo, una civiltà diversa, unera del tutto nuova, con effetti rivoluzionari sulle nuove generazioni e con differenti valori etici”[10] che possono nondimeno essere non integrati” con quelli della tradizione, ma non per questo dovrebbero correre il rischio di vedersi travolgere dalle crociate fideistiche e dal parossismo religioso.
Certo la prospettiva di una società tecnologicamente disumanizzante” laddove enorme sarà il potere della scienza alla quale tutto sarà subordinato, sollecita continuamente i richiami della Chiesa e lo stesso Giovanni Paolo II nella Enciclica Fides et Ratio così scrive : la scienza si prepara a dominare tutti gli aspetti dell’esistenza umana attraverso il progresso tecnologicola mentalità scientista è riuscita a far accettare l’idea secondo cui ciò che è tecnicamente fattibile diventa per ciò stesso anche moralmente ammissibile”. [11]
All’interno, dunque, del dibattito sulle grandi questioni etiche generate dalla scienza è significativo, in questa sede, focalizzare il punto di vista delle religioni – quella ebraica e quella cristiana nell’articolazione delle sue Chiese (evangelica, valdese,metodista, battista. ..) che si muovono in un tracciato fatto di coesistenza e di dialogo aperto con la scienza e con gli Stati laici, per contribuire ad una equa e solidale ricerca del progresso materiale e morale della società.
Si può affermare perciò – ma il tema troverà una sua ampiezza di trattazione intus – che di fronte a questioni etiche fondamentali come l’aborto, leutanasia, la procreazione medicalmente assistita, la clonazione ecc la posizione delle confessioni religiose è mediamente equilibrata, trattandosi di problemi che coinvolgono l’essenza stessa della vita umana, e si orientano verso atteggiamenti di ragionevole apertura nei riguardi di temi che si raccordano fortemente alla bioetica e alla stessa struttura sociale.
In un documento della Tavola Valdese approvato dal Sinodo 2000 sulla Bioetica – composto da un Gruppo di lavoro che ha discusso sulle questioni etiche poste dalla scienza, costituito da membri delle Chiese Evangeliche attive nell’ambito della ricerca, dell’università e della chiesa – si legge che l’etica non disconosce il concetto di autonomia della scienza anche se si prospetta tuttavia un’intima relazione tra conoscenza e responsabilità”.[12] Di fronte ad alcuni assunti importanti della società contemporanea il pensiero protestante si muove comunque sempre assumendo come riferimento etico – e morale i modelli biblici ( vetero e neotestamentari). Così ad esempio circa l’aborto, gli embrioni, la fine della vita ecc
Anche il punto di vista della tradizione ebraica riguardo i temi della bioetica appare vicino ai bisogni reali degli individui: sull aborto si mostra assai equilibrato giacché non lo esclude completamente, né lo consente indiscriminatamente, suffragandolo addirittura con il ricorso alla Halakhah (la legge ebraica) che governa lo status del feto. Sugli altri problemi posti dalla bioetica le autorità rabbiniche, e più in generale il pensiero ebraico, hanno dimostrano una ragionevole attenzione agli sviluppi tecnici e ai loro potenziali benefici per l’uomo, insieme a una prudente vigilanza e a una incessante e talora lacerante riflessione, per la tutela dei principi etici su cui si fonda la tradizione dell’ebraismo e la convivenza civile dell’umanità .
Note
[1] Sotto tale profilo richiamo, en passant, la recente polemica sollevata dalle parole dell’arcivescovo di Genova Mons. Angelo Bagnasco che ha rifiutato di andare al Festival della Scienza , sostenendo che il programma è a senso unico, troppo laicistico” (Il Corriere della sera del 30/10/2006) .
[2] N. Romanò, Bioetica e Diritto:come regolamentare la scienza, in www.Scienze.it
[3] La moderna ricerca scientifica, levando alla religione il monopolio” della definizione delle ontologie trascendenti ” – l’esistenza di Dio, il dono della vita, il valore salvifico della morte, la prospettiva trascendente dell’esistenza ecc.. – e della codificazione e storicizzazione dei valori “, ha ricondotto la riflessione sull’esistenza dell’uomo come persona e non come figlio di Dio, con tutte le conseguenti implicazioni scientifiche, etiche e morali.
[4] Sul problema della differenza tra bioetica laica e cattolica si veda: FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, Milano,2005
[5] Cfr: F.W. NIETZSCHE, La gaia scienza, testo che rappresenta il momento illuministico e positivistico del filosofo tedesco il quale esalta il pensiero scientifico e antimetafisico che ha il compito di decostruire la morale tradizionale “.
[6] In questa prospettiva non trova posto , è chiaro, la ricerca pura o fine a se stessa o piegata a scopi che vanno contro il bene dell’umanità poiché deve esistere la relazione tra progresso tecnico-scientifico e ottimizzazione della dimensione materiale dell’esistenza. Le risorse della scienza non possono essere utilizzate dagli Stati come strumenti di potere né poste al servizio della ricchezza. Su questo aspetto Cfr: GROCHOLEWSKI, Il vangelo e la cultura nel cammino dell’uomo, Conferenza tenuta a Santiago di Compostela, luglio 2000.
[7] Si deve prendere atto che oggi resta inscindibile il trinomio scienze – etica – diritto e che la scienza ha bisogno di una regolamentazione normativa laddove lascia intravedere una preponderanza sulla coscienza”. Il biodiritto difatti se non può codificare le coscienze, deve occuparsi di nodi delicati quanto fondanti della persona umana, quali i diritti inviolabili dell’uomo, la libertà, la dignità, la tutela della persona, contemperando bisogni della scienze e necessità dell’etica.
[8] GISMONDI, Dizionario interdisciplinare di scienze e fede, v. Progresso, Roma,2003
[9] Anche in ambito prettamente cattolico non mancano studiosi poco propensi a riconoscersi nelle posizioni dottrinarie ufficiali della Chiesa, espressi dal magistero di Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Cfr: FORNERO, Bioetica cattolicacit. intr. P. X
[10] Cfr: U. APOLLONIO, Scienza e ricerca cit. p. 22
[11] GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et Ratio, 14 settembre 1998, cap.5
[12] Cfr: I problemi etici posti dalla scienza, documento programmatico della Tavola Valdese, formulato dal Gruppo di lavoro composto nel 2000 da membri delle chiese evangeliche operanti nel settore della ricerca e della chiesa.