L’ Arabia preislamica e Maometto
28 Dicembre 2019Tito Livio. Vita ed opere
28 Dicembre 2019Questi versi, tratti dal carme “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo, costituiscono un’intensa riflessione sulla funzione e sul significato delle tombe e dei riti funebri nella storia e nella società umana.
Nel suo discorso, Foscolo intreccia riferimenti storici, filosofici e mitologici per esprimere il valore civile e spirituale della memoria dei defunti.
Analisi e Commento
1. Contesto storico e civile: Foscolo inizia descrivendo un tempo arcaico, in cui le “umane belve” — ossia gli uomini in una fase primitiva e selvaggia della loro esistenza — impararono a diventare più umani attraverso le istituzioni sociali come le nozze, i tribunali e gli altari. Queste istituzioni, secondo Foscolo, insegnarono agli uomini la pietà verso se stessi e gli altri, un tema centrale nella civiltà umana.
2. Il valore delle tombe: Nei versi successivi, Foscolo sottolinea come i vivi abbiano sempre avuto il bisogno di proteggere i resti dei morti “all’etere maligno ed alle fere”, ovvero dagli elementi naturali e dagli animali, per preservarli. Le tombe diventano quindi testimonianze della storia (“a’ fasti eran le tombe”) e simboli sacri per i discendenti, come dimostrato dai riti che si svolgevano attorno a esse, e dai giuramenti fatti sulle polveri degli antenati, considerati inviolabili. Questo legame tra tomba e memoria è visto come una “religione” civile che ha permesso di trasmettere le virtù e la pietà attraverso le generazioni.
3. Il culto dei morti nelle civiltà antiche: Foscolo critica la consuetudine di seppellire i morti sotto il pavimento dei templi, una pratica che a volte contaminava i luoghi di culto. In contrasto, egli elogia la tradizione più antica e nobile di onorare i defunti in luoghi sacri e tranquilli, lontano dalle città, dove cipressi e cedri, simboli di eternità, crescevano sopra le tombe. Le urne funerarie, contenenti ceneri e lacrime votive, rappresentano il rispetto per i defunti e la continuità del ricordo.
4. La pietà funebre: Foscolo definisce “pietosa insania” l’abitudine di visitare le tombe e di mantenere vivo il ricordo dei defunti attraverso i riti funebri. Egli parla delle “britanne vergini”, che visitano le tombe delle madri perdute per pregare per il ritorno dei loro cari. Questa “pietosa insania” rende cari i luoghi di sepoltura suburbani e dimostra come l’amore e la memoria superino la morte.
5. Critica alla vanità dei monumenti: Nella parte successiva, Foscolo critica i monumenti pomposi e le sepolture nei palazzi dei potenti, che considera inutili rispetto ai veri valori che dovrebbero essere tramandati. Per il poeta, le tombe dei grandi non servono solo a celebrare la gloria passata, ma devono ispirare le generazioni future a compiere grandi azioni, risvegliando il “forte animo”.
6. L’importanza delle tombe dei grandi: Foscolo sostiene che le “urne de’ forti”, ovvero le tombe degli uomini illustri, sono capaci di accendere nobili sentimenti in coloro che le visitano. Cita l’esempio di celebri figure come il poeta Alfieri (che “temprando lo scettro a’ regnatori”), che con le sue opere ha svelato le sofferenze nascoste sotto il potere, e Newton, che “sgombrò primo le vie del firmamento”, aprendo la strada alla comprensione dell’universo.
7. Il culto della memoria come valore civile: Foscolo conclude elogiando l’Italia, una terra che ospita i resti di queste grandi figure e che, grazie a queste memorie, diventa sacra e “bella e santa” agli occhi dei viandanti. Egli celebra l’Italia per la sua bellezza naturale e per la sua capacità di perpetuare la memoria dei suoi eroi, rendendo la terra stessa parte della grandezza umana.
Parafrasi dei Versi
Dal dì che nozze e tribunali ed are / Dier alle umane belve esser pietose / Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi / All’etere maligno ed alle fere / I miserandi avanzi che Natura
Fin dal giorno in cui le nozze, i tribunali e gli altari insegnarono agli uomini, un tempo selvaggi, a diventare compassionevoli verso se stessi e verso gli altri, essi hanno iniziato a proteggere i resti dei morti dal cielo infausto e dalle bestie feroci, quei resti miserabili che la Natura destina, con cicli eterni, a nuovi scopi.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe, / Ed are a’ figli; e uscian quindi i responsi / De’ domestici Lari, e fu temuto / Su la polve degli avi il giuramento:
Le tombe diventavano testimonianze per gli annali storici e altari per i figli; da esse uscivano i responsi dei Lari domestici, e il giuramento fatto sulle ceneri degli antenati era temuto e rispettato.
Religïon che con diversi riti / Le virtù patrie e la pietà congiunta / Tradussero per lungo ordine d’anni.
Una religione che, attraverso diversi riti, ha tramandato le virtù civiche e la pietà, conservandole per molti anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi / Fean pavimento; nè agl’incensi avvolto / De’ cadaveri il lezzo i supplicanti / Contaminò, nè le città fur meste / D’effigïati scheletri: le madri / Balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono / Nude le braccia su l’amato capo / Del lor caro lattante onde nol desti
Non sempre le pietre tombali costituivano il pavimento dei templi; né l’odore dei cadaveri avvolti negli incensi contaminava i fedeli, e le città non erano rattristate dalla presenza di scheletri raffigurati: le madri non si svegliavano spaventate dai sogni, stendendo le braccia nude sul capo del loro bambino, per proteggerlo dal pianto incessante di qualche anima morta.
Il gemer lungo di persona morta / Chiedente la venal prece agli eredi / Dal santuario. Ma cipressi e cedri / Di puri effluvj i zefiri impregnando / Perenne verde protendean su l’urne / Per memoria perenne, e prezïosi / Vasi accogliean le lagrime votive.
Che chiedeva, dal santuario, preghiere mercenarie ai suoi eredi. Invece, cipressi e cedri, impregnando i venti con puri effluvi, estendevano un verde perenne sopra le urne, per una memoria duratura, e preziosi vasi raccoglievano le lacrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole / A illuminar la sotterranea notte / Perchè gli occhi dell’uom cercan morendo / Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro / Mandano i petti alla fuggente luce.
Gli amici rubavano una scintilla al Sole per illuminare la notte sotterranea, poiché gli occhi degli uomini, morendo, cercano la luce del Sole; e tutti i petti emettono l’ultimo sospiro verso la luce che fugge.
Le fontane versando acque lustrali / Amaranti educavano e vïole / Su la funebre zolla; e chi sedea / A libar latte e a raccontar sue pene / Ai cari estinti, una fragranza intorno / Sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Le fontane, versando acque purificatrici, coltivavano amaranti e viole sulla terra funebre; e chi sedeva a versare latte e a raccontare le proprie pene ai cari defunti, sentiva attorno a sé una fragranza simile a quella dell’aria dei beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti / De’ suburbani avelli alle britanne / Vergini dove le conduce amore / Della perduta madre, ove clementi / Pregaro i Genj del ritorno al prode / Che tronca fe’ la trïonfata nave / Del maggior pino, e si scavò la bara.
Una pietosa follia che rende cari i cimiteri suburbani alle vergini britanniche, che vi sono condotte dall’amore per la madre perduta, dove esse pregano con pietà i geni del ritorno per il valoroso che, avendo
Testo dei Versi
Dal dì che nozze e tribunali ed are
Dier alle umane belve esser pietose
Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi
All’etere maligno ed alle fere
I miserandi avanzi che Natura 95
Con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
Ed are a’ figli; e uscian quindi i responsi
De’ domestici Lari, e fu temuto
Su la polve degli avi il giuramento: 100
Religïon che con diversi riti
Le virtù patrie e la pietà congiunta
Tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
Fean pavimento; nè agl’incensi avvolto 105
De’ cadaveri il lezzo i supplicanti
Contaminò, nè le città fur meste
D’effigïati scheletri: le madri
Balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
Nude le braccia su l’amato capo 110
Del lor caro lattante onde nol desti
Il gemer lungo di persona morta
Chiedente la venal prece agli eredi
Dal santuario. Ma cipressi e cedri
Di puri effluvj i zefiri impregnando 115
Perenne verde protendean su l’urne
Per memoria perenne, e prezïosi
Vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
A illuminar la sotterranea notte 120
Perchè gli occhi dell’uom cercan morendo
Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
Mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
Amaranti educavano e vïole 125
Su la funebre zolla; e chi sedea
A libar latte e a raccontar sue pene
Ai cari estinti, una fragranza intorno
Sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti 130
De’ suburbani avelli alle britanne
Vergini dove le conduce amore
Della perduta madre, ove clementi
Pregaro i Genj del ritorno al prode
Che tronca fe’ la trïonfata nave 135
Del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite geste
E sien ministri al vivere civile
L’opulenza e il tremore, inutil pompa
E inaugurate immagini dell’Orco 140
Sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
Decoro e mente al bello Italo regno,
Nelle adulate reggie ha sepoltura
Già vivo, e i stemmi unica laude. A noi 145
Morte apparecchi riposato albergo
Ove una volta la fortuna cessi
Dalle vendette, e l’amistà raccolga
Non di tesori eredità, ma caldi
Sensi e di liberal carme l’esempio. 150
A egregie cose il forte animo accendono
L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
E santa fanno al peregrin la terra
Che le ricetta. Io quando il monumento
Vidi ove posa il corpo di quel grande 155
Che temprando lo scettro a’ regnatori
Gli allôr ne sfronda, ed alle genti svela
Di che lagrime grondi e di che sangue;
E l’arca di colui che nuovo Olimpo
Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide 160
Sotto l’etereo padiglion rotarsi
Più mondi, e il Sole irradïarli immoto,
Onde all’Anglo che tanta ala vi stese
Sgombrò primo le vie del firmamento;
Te beata, gridai, per le felici 165
Aure pregne di vita, e pe’ lavacri
Che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’äer tuo veste la Luna
Di luce limpidissima i tuoi colli
Per, vendemmia festanti, e le convalli 170
Popolate di case e d’oliveti
Mille di fiori al ciel mandano incensi: