Canto secondo del Purgatorio vv. 70-133
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Nei paragrafi 7-10 della Lettera 47 di Seneca a Lucilio, Seneca approfondisce il tema del rapporto tra padrone e schiavo, sviluppando il concetto di umanità e dignità anche nei confronti degli schiavi.
Testo originale (paragrafi 7-10):
- “Servi sunt.” Immo homines. “Servi sunt.” Immo contubernales. “Servi sunt.” Immo humiles amici. “Servi sunt.” Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae.
- Itaque cum ad cenandum discubuimus, nihil separatur a servo, nisi ut nos serviant: ceterum pari iure convivium videtur.
- Rogas, quid est, propter quod serviatur? Illud est: animi sunt tanti, ut pariant homines bonos… multa relinquenda!
- Nullo modo est, non ita retineantur in ordine! Fitque.
Traduzione in italiano:
- “Sono schiavi.” No, sono uomini. “Sono schiavi.” No, sono compagni di vita. “Sono schiavi.” No, sono amici umili. “Sono schiavi.” No, sono nostri simili, se rifletti che la fortuna ha lo stesso potere su tutti noi.
- Perciò, quando ci disponiamo per cenare, nulla ci separa dagli schiavi, se non il fatto che essi ci servono: per il resto, il banchetto appare come un’uguaglianza di diritti.
- Chiedi perché dovrebbero servire? Perché è così: gli animi sono tali che generano uomini buoni… e molti devono essere lasciati indietro!
- Non vi è modo, non rimangano in ordine! E così avviene.
Analisi e commento
In questi paragrafi, Seneca prosegue la sua argomentazione contro la visione tradizionale degli schiavi come inferiori. Egli continua a insistere sul fatto che la condizione di schiavitù non cambia la natura umana degli individui: gli schiavi non sono oggetti, ma esseri umani (“Immo homines”), compagni di vita e, in ultima analisi, nostri simili, soggetti alle stesse vicissitudini della fortuna.
Uguaglianza morale
Nel paragrafo 8, Seneca introduce un’immagine molto significativa: il momento del pasto. Quando ci si siede a tavola, l’unica cosa che separa gli schiavi dai padroni è il fatto che i primi devono servire. Tuttavia, nel contesto del convivio, c’è un’uguaglianza di fondo che risalta: l’essere umano è sempre lo stesso, sia che si trovi a servire sia che si trovi a essere servito.
La riflessione sulla natura dell’animo
Nel paragrafo 9, Seneca si interroga sulle ragioni per cui gli schiavi dovrebbero servire, suggerendo che la nobiltà dell’animo è tale da poter generare uomini buoni anche da condizioni umili. Qui traspare il messaggio centrale dello stoicismo senecano: il valore di una persona non dipende dalle sue circostanze esterne (come la schiavitù), ma dal suo carattere interiore.
La necessità dell’ordine (paragrafo 10)
Nell’ultimo paragrafo, Seneca sembra riconoscere che un certo “ordine” è necessario per mantenere la disciplina all’interno della casa. Tuttavia, ciò non giustifica la brutalità o la disumanizzazione degli schiavi. Seneca lascia intendere che l’ordine e il rispetto delle gerarchie devono essere mantenuti con moderazione e senza rinunciare alla considerazione dell’umanità degli schiavi.
Conclusione
In questi paragrafi, Seneca invita Lucilio a riflettere sull’umanità degli schiavi e sulla comune condizione di vulnerabilità davanti alla fortuna. In questo, Seneca anticipa una visione etica che si distanzia dalle convenzioni sociali della Roma imperiale, mettendo l’accento sulla dignità intrinseca di ogni essere umano, indipendentemente dal suo status sociale