Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon
28 Dicembre 2019Seconda parte del Carme dei Sepolcri vv. 91-172
28 Dicembre 2019Questi versi dei Sepolcri di Ugo Foscolo, una delle sezioni più celebri del poema, sono ricchi di significato storico, mitologico e poetico.
Analizzeremo i temi, il contesto e il significato dei versi, fornendo anche una parafrasi.
Analisi e Commento
- Firenze e Dante: I primi versi celebrano Firenze come la città che accolse il poeta esiliato Dante Alighieri. Foscolo sottolinea come la città sia stata testimone della creazione del “carme” (la Divina Commedia), che “allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco” (Dante esiliato). Firenze è così legata non solo al dolore dell’esilio di Dante, ma anche alla nascita di una delle più grandi opere della letteratura mondiale.
- L’eredità culturale: Foscolo riconosce l’importanza di Firenze non solo per Dante, ma anche per Petrarca e Boccaccio, figure fondamentali nella nascita della letteratura italiana. Si celebra il contributo culturale di Firenze e il suo ruolo nel preservare l’eredità culturale italiana, in un contesto storico in cui l’Italia era sotto minaccia straniera.
- Le glorie italiche: La città di Firenze viene vista come un luogo sacro che custodisce le “Itale glorie”, simbolo dell’unità culturale di un’Italia frammentata politicamente. In questo senso, Firenze diventa un tempio della memoria e dell’identità italiana, un luogo da cui trarre ispirazione per il riscatto nazionale.
- Vittorio Alfieri: Foscolo cita Vittorio Alfieri, drammaturgo e poeta, che si recava spesso a Firenze per cercare ispirazione tra le tombe dei grandi del passato. Alfieri, irato e deluso dalla situazione politica dell’Italia, trovava conforto e motivazione tra i monumenti funebri, dove “posava l’austero; e avea sul volto il pallor della morte e la speranza”. Questa figura di intellettuale in cerca di ispirazione nei luoghi sacri della memoria collettiva è centrale per Foscolo.
- Le tombe di Maratona: Il poema si sposta poi sulla narrazione mitica e storica, ricordando la battaglia di Maratona, dove i Greci combatterono contro i Persiani. Le tombe dei caduti sono viste come simboli eterni della virtù e dell’ira patriottica. Foscolo usa queste immagini per esprimere il potere evocativo delle tombe, che non solo ricordano i defunti, ma ispirano e animano i vivi.
- Il mito e l’eternità: La sezione finale dei versi analizzati esplora l’idea di eternità attraverso il mito. Foscolo racconta di Elettra, amata da Giove, e della sacralità della sua tomba, un luogo di culto e di memoria perpetua. Questo mito rappresenta il desiderio umano di immortalità attraverso la memoria e la fama, concetti centrali nel pensiero foscoliano.
TestoE tu prima, Firenze, udivi il carme Ma più beata chè in un tempio accolte 180 Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, 200 E me che i tempi ed il desio d’onore Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto |
ParafrasiVv. 173-174: E tu, Firenze, per prima ascoltavi il canto (la Divina Commedia) che alleviò la collera del Ghibellino (Dante Alighieri), esiliato dalla sua città natale. Vv. 175-178: E tu (Firenze) donasti a quel dolce poeta, ispirato da Calliope (musa della poesia epica), la famiglia e la lingua italiana, lo stesso poeta che, adornando Amore in Grecia e a Roma con un velo bianchissimo, lo riportava nel grembo della Venere Celeste (simbolo della bellezza ideale). Vv. 179-180: Ma sei più fortunata (Firenze) perché in un tempio (Santa Croce) conservi le glorie italiane, che sono forse le uniche rimaste… Vv. 181-185: …da quando le Alpi, mal difese, e il continuo mutamento della sorte hanno permesso che eserciti e ricchezze straniere invadessero le tue armi, i tuoi altari, la tua patria, lasciandoti priva di tutto, tranne che della memoria. Vv. 186-188: Quando una speranza di gloria brillerà per le menti coraggiose e per l’Italia, da qui (dalle tombe) trarremo gli auspici. E a questi monumenti funebri veniva spesso Vittorio Alfieri a trovare ispirazione. Vv. 189-195: Arrabbiato con gli dèi della patria, errava silenzioso lungo le rive più deserte dell’Arno, osservando con desiderio i campi e il cielo; e poiché nessun volto vivente poteva alleviare il suo dolore, si fermava qui, austero, con il pallore della morte sul volto ma anche con la speranza. Vv. 196-198: Ora abita eternamente con questi grandi (gli altri illustri sepolti a Santa Croce), e le sue ossa vibrano d’amore per la patria. Ah sì! Da quella pace religiosa (che si respira nel luogo) un nume (spirito divino) parla: Vv. 199-201: Nutriva, contro i Persiani a Maratona, la virtù greca e l’ira (patriottica), dove Atene consacrò tombe ai suoi eroi. Vv. 202-210: Il navigante che veleggiava sotto l’isola di Eubea vedeva nell’oscurità scintille balenare dagli elmi e dalle spade che si scontravano, vedeva pire fumare di vapori ardenti, e vedeva spettri di guerrieri corazzati cercare la battaglia. E nel silenzio notturno si diffondeva un tumulto di falangi, il suono delle trombe, e il galoppo dei cavalli che correvano, calpestando gli elmi dei moribondi. Vv. 211-212: Si udivano pianti, inni e il canto delle Parche (le dee che tessono il destino degli uomini). Vv. 213-215: Felice te, Ippolito, che nei tuoi verdi anni correvi per il vasto regno dei venti! Vv. 216-218: E se il pilota ti guidò oltre le isole dell’Egeo, certamente udisti le coste dell’Ellesponto risuonare delle gesta antiche, e la marea mugghiare mentre portava alle rive di Retée le armi di Achille sopra le ossa di Aiace. Vv. 219-225: Per i nobili, la morte è giusta dispensatrice di glorie; e né l’astuzia né il favore dei re potevano garantire a Ulisse le sue spoglie preziose, poiché l’onda, incitata dagli dèi infernali, gliele strappò via dalla sua nave errante. Vv. 226-230: E me, che i tempi e il desiderio di onore costringono a fuggire per terre straniere, me chiamino le Muse, animatrici del pensiero mortale, a evocare gli eroi. Esse sono custodi dei sepolcri… Vv. 231-235: …e quando il tempo, con le sue fredde ali, cancella persino le rovine, le Muse (le Pimplée) rendono felici i deserti con il loro canto, e la loro armonia vince il silenzio di mille secoli. Vv. 236-240: Oggi, nella Troade incolta, brilla eternamente un luogo per i pellegrini, consacrato alla Ninfa (Elettra), che fu amata da Giove e che gli diede un figlio, Dardano, da cui discendono Troia, Assaraco, i cinquanta talami e il regno della gente di Giulio Cesare. Vv. 241-246: Quando Elettra sentì la Parca chiamarla via dalle aure vitali del giorno ai cori dell’Eliso, rivolse il suo voto supremo a Giove: “E se, disse, ti furono cari i miei capelli e il mio volto, e se non mi è concesso un premio migliore dal destino, guarda almeno la mia tomba dal cielo, affinché resti la fama di Elettra tua.” Vv. 247-251: Così pregava mentre moriva. E Giove ne fu commosso; e annuendo con il capo immortale, fece cadere ambrosia dai suoi capelli sulla Ninfa e rese sacro quel corpo e la sua tomba. Vv. 252-255: Lì fu sepolto Erittonio, e lì riposa il giusto cenere di Ilo; lì le donne troiane scioglievano i loro capelli, ahimè!, pregando invano di evitare il destino imminente per i loro mariti. Vv. 256-260: Lì venne Cassandra, quando il dio la fece profetizzare il giorno fatale di Troia, e cantò un carme d’amore alle ombre (dei morti), guidando i nipoti e insegnando loro il lamento amoroso. Vv. 261-268: Diceva sospirando: “Oh, se mai il cielo vi permetterà di ritornare da Argo, dove nutrirete i cavalli per Diomede e per Ulisse, invano cercherete la vostra patria! Le mura, costruite da Febo, fumeranno sotto le loro rovine.”
|