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28 Dicembre 2019I primi diciotto versi del Canto VI del Purgatorio di Dante Alighieri introducono il tema della sete di salvezza dei penitenti.
I versi in questione si collocano all’inizio del sesto canto del Purgatorio di Dante Alighieri. Questo canto è caratterizzato da un’intensa riflessione sulla condizione dei penitenti e, in particolare, sulla natura umana in un contesto di pentimento e redenzione.
Di seguito, analizzeremo i temi principali, le immagini poetiche e il significato di questi versi.
1. Il gioco della zara come metafora
Dante inizia il canto con una metafora che paragona la situazione di chi si trova circondato dalla folla dei penitenti a quella di un giocatore che ha appena concluso una partita di zara, un gioco d’azzardo popolare nel Medioevo. Il perdente, triste e amareggiato, si isola nel suo dolore, mentre il vincitore viene subito circondato da persone che cercano di avvicinarsi a lui per ottenere qualcosa.
Questa metafora serve a rappresentare la situazione di Dante, che, una volta entrato nel Purgatorio, si trova circondato da anime che cercano di ottenere la sua attenzione, simili alla folla che si accalca attorno al vincitore di un gioco. Queste anime cercano in Dante un mediatore che possa ricordarle nelle sue preghiere quando tornerà tra i vivi.
2. Il tema della folla e del disordine
La folla descritta nei versi è un simbolo del disordine e della confusione che spesso accompagnano le passioni umane, anche in un contesto di purificazione come il Purgatorio. Le anime si affollano attorno a Dante, cercando di farsi notare, ma Dante, pur cercando di essere disponibile, è anche consapevole della necessità di difendersi dalla pressione della calca.
Questo tema del disordine è in contrasto con l’ordine spirituale che il Purgatorio dovrebbe rappresentare. Dante mostra come anche le anime penitenti, pur essendo sulla via della redenzione, non siano ancora completamente libere dalle preoccupazioni e dalle ambizioni terrene.
3. Il ruolo di Dante come intercessore
Dante, nel poema, assume spesso il ruolo di intercessore, colui che può portare alla memoria dei vivi le anime dei defunti affinché preghino per loro, accelerando così la loro ascesa al Paradiso. Questa responsabilità è rappresentata nei versi dal movimento di Dante nella folla, mentre volge il volto qua e là, promettendo di esaudire le richieste delle anime.
Questa immagine sottolinea il potere della preghiera e della memoria nel contesto del Purgatorio, e come Dante, in quanto ancora vivo, abbia un ruolo cruciale per le anime che incontra. Il pellegrino si trova quindi in una posizione di potere, ma anche di grande responsabilità.
4. I personaggi storici menzionati
Nei versi successivi, Dante elenca alcune anime che incontra nel Purgatorio, tutte personaggi storici che ebbero una morte violenta o drammatica:
- Benincasa da Laterina (l’Aretino), giurista ucciso da Ghino di Tacco, noto bandito.
- Cione di Tocco, annegato durante una battuta di caccia.
- Federico Novello, ucciso nella guerra tra pisani e lucchesi.
- Nino Visconti, giudice di Gallura, la cui morte segnò un momento di grande dolore per il padre Marzucco, che accettò la morte del figlio con forza d’animo.
Questi personaggi rappresentano una varietà di condizioni umane, tutte segnate dalla violenza, dalla sfortuna o dal conflitto. La loro presenza nel Purgatorio indica che, nonostante la tragicità delle loro morti, essi hanno avuto modo di pentirsi e ora attendono la purificazione.
Commento complessivo
Questi versi offrono una riflessione profonda sulla condizione umana e sulla tensione tra la dimensione terrena e quella spirituale. Dante utilizza la metafora del gioco d’azzardo per descrivere la continua lotta dell’uomo tra il successo e la sconfitta, tra l’attenzione al proprio ego e la necessità di cercare la redenzione.
La folla di anime che circonda Dante rappresenta l’umanità che, anche nel momento della purificazione, continua a lottare con le proprie debolezze. Tuttavia, l’esistenza del Purgatorio offre una speranza: quella della redenzione attraverso il pentimento, la preghiera e il ricordo.
In definitiva, questi versi mostrano l’abilità di Dante di intrecciare elementi quotidiani e simbolici per esplorare temi universali come la morte, il pentimento e la speranza di una vita migliore nell’aldilà.
Testo e parafrasi
Testo dei primi diciotto versi del Canto sesto del Purgatorio di Dante
Quando si parte il gioco de la zara, con l’altro se ne va tutta la gente; el non s’arresta, e questo e quello intende; Tal era io in quella turba spessa, Quiv’era l’Aretin che da le braccia Quivi pregava con le mani sporte
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Parafrasi Quando si conclude il gioco della zara (un gioco d’azzardo con i dadi), chi perde rimane triste, ripensando alle sue giocate e imparando la lezione con amarezza;mentre l’altro giocatore (il vincitore) viene circondato da tutta la folla: alcuni lo precedono, altri lo seguono, e altri ancora gli si affiancano per farsi notare. Il vincitore non si ferma, ma presta attenzione a tutti; porge la mano a chi si avvicina, ma non si fa pressare da nessuno, riuscendo così a proteggersi dalla folla. Io (Dante) mi trovavo in una situazione simile tra quella folla densa, voltandomi qua e là, promettendo di esaudire le loro richieste per riuscire a liberarmi da loro. Lì c’era l’Aretino (Benincasa da Laterina) che fu ucciso dalle mani spietate di Ghino di Tacco, e un altro (Cione di Tocco) che morì annegato mentre era a caccia. Lì pregava con le mani tese Federico Novello, e accanto a lui c’era il pisano (Nino Visconti) la cui morte rese evidente la forza d’animo del buon Marzucco (suo padre). |