Masetto da Lamporecchio. Decameron, III, 1
28 Dicembre 2019I pastori di Gabriele D’Annunzio
28 Dicembre 2019Il “Somnium Scipionis” è il culmine della parte finale del De re publica di Cicerone, uno dei testi filosofici più profondi dell’antichità.
In questo brano. siamo verso la fine del sogno che Scipione Emiliano, il protagonista, ha avuto, durante il quale dialoga con suo nonno adottivo, l’altrettanto celebre Publio Cornelio Scipione Africano, colui che sconfisse Annibale a Zama.
Gli ultimi due capitoli, 28 e 29, sono la chiusa di questo viaggio visionario e filosofico in cui Scipione riflette sull’immortalità dell’anima e sulla sua natura divina.
Testo latino e Traduzione
Testo latino
(28) Cum pateat igitur aeternum id esse, quod a se ipso moveatur, quis est, qui hanc naturam animis esse tributam neget? Inanimum est enim omne, quod pulsu agitatur externo; quod autem est animal, id motu cietur interno et suo; nam haec est propria natura animi atque vis. Quae si est una ex omnibus, quae sese moveat, neque nata certe est et aeterna est. |
Traduzione: (28) “Poiché dunque è chiaro che è eterno ciò che si muove da sé, chi è che potrebbe negare che questa natura sia stata attribuita agli animi? Infatti è inanimato tutto ciò che si muove grazie a un impulso esterno; invece, ciò che è animato si muove con un moto interno e proprio, poiché questa è la natura peculiare e la forza dell’anima. Se quindi essa è l’unica fra tutte le cose che si muova da sé, di certo non è nata ed è eterna.” |
(29) Hanc tu exerce optimis in rebus! Sunt autem optimae curae de salute patriae; quibus agitatus et exercitatus animus velocius in hanc sedem et domum suam pervolabit; idque ocius faciet, si iam tum, cum erit inclusus in corpore, eminebit foras et ea, quae extra erunt, contemplans quam maxime se a corpore abstrahet. Namque eorum animi, qui se corporis voluptatibus dediderunt earumque se quasi ministros praebuerunt impulsuque libidinum voluptatibus oboedientium deorum et hominum iura violaverunt, corporibus elapsi circum terram ipsam volutantur nec hunc in locum nisi multis exagitati saeculis revertuntur. Ille discessit; ego somno solutus sum. |
(29) “Tu esercitala nelle migliori occupazioni! E infatti le migliori occupazioni sono quelle che riguardano il benessere della patria; agitato e allenato da queste, l’anima volerà più velocemente verso questa dimora e la sua sede naturale; e ciò avverrà più rapidamente, se già mentre sarà racchiusa nel corpo, essa emergerà all’esterno e, contemplando ciò che è fuori, si distaccherà il più possibile dal corpo. Infatti le anime di coloro che si sono abbandonati ai piaceri del corpo e si sono offerti come loro servitori, violando per impulso delle passioni i diritti degli dei e degli uomini, una volta sfuggite dai corpi si aggirano attorno alla terra stessa e non tornano in questo luogo se non dopo essere state tormentate per molti secoli.” Lui si allontanò; io mi svegliai dal sonno. |
Analisi e commento letterario
Il capitolo 28 espone un argomento che affonda le radici nella filosofia platonica e aristotelica. Cicerone, infatti, attinge dalla concezione dell’anima come principio di movimento, un’idea che risale a Platone, per cui l’anima è l’unica realtà capace di muoversi autonomamente, e proprio per questa ragione essa non è soggetta alla corruzione o alla morte. Il termine chiave qui è “a se ipso moveatur”, ovvero ciò che si muove da sé, concetto che rappresenta per Cicerone la caratteristica distintiva dell’anima e della sua eternità. L’argomento procede con una dicotomia fra “inanimum” (il non animato) e “animal” (ciò che ha anima), rinforzando la tesi che tutto ciò che è animato si muove grazie al proprio impulso interiore. Questo spiega perché l’anima, essendo auto-motrice, non può essere nata: ciò che non è soggetto alla nascita non è soggetto neppure alla morte, e pertanto è eterno.
Il capitolo 29 esprime una forte esortazione morale, tipica del pensiero ciceroniano, il quale sottolinea il valore dell’impegno civile e politico, qui simbolizzato dal concetto di salus patriae. È qui che Cicerone afferma come l’anima, dedicandosi alle migliori azioni, in particolare al bene della patria, si eleva e si libera dalle passioni corporali, riuscendo così a raggiungere più velocemente la sua vera dimora, cioè il cielo. La tensione verso un ideale etico-politico sublime è, per Cicerone, una via privilegiata verso l’immortalità dell’anima.
L’ultima parte del capitolo 29, invece, è riservata ai peccatori: coloro che si abbandonano ai piaceri corporei e alle passioni (qui descritte con il termine “libidinum”) non riescono a elevarsi dopo la morte. Le loro anime sono condannate a rimanere vicine alla terra, legate ancora al mondo materiale e tormentate per secoli prima di poter ambire a un ritorno alla loro sede celeste. Questa visione riflette una dualità platonica fra anima e corpo, in cui il primo deve purificarsi dai desideri terreni per poter raggiungere la beatitudine eterna.
Infine, il risveglio di Scipione rappresenta il classico ritorno alla realtà dal mondo delle visioni oniriche e profetiche, un topos ben noto nella letteratura antica.
Commento filosofico
Il Somnium Scipionis si inserisce pienamente nel contesto del platonismo. Il concetto dell’anima come principio di movimento autonomo si ricollega al mito dell’auriga nel Fedro di Platone, in cui l’anima è rappresentata da un carro trainato da cavalli, uno dei quali simbolizza la ragione e l’altro le passioni. La capacità dell’anima di elevarsi e distaccarsi dal corpo è strettamente legata all’idea di crescita morale e intellettuale. La descrizione del destino delle anime dopo la morte, poi, riecheggia il mito di Er nel La Repubblica di Platone, dove le anime vengono premiate o punite in base alle azioni compiute in vita.
Cicerone, nel suo eclettismo filosofico, non manca tuttavia di inserire la propria visione romana: l’accento sulla salus patriae tradisce infatti la sua formazione come statista, per cui il bene dello Stato era la massima preoccupazione di ogni buon cittadino. Qui si manifesta la fusione tra filosofia greca e virtù romana, che è uno dei tratti distintivi del pensiero ciceroniano.
In conclusione, il brano non solo rappresenta un capolavoro della letteratura latina, ma anche una sintesi straordinaria tra il pensiero filosofico greco e l’impegno morale romano. Il messaggio è chiaro: l’anima è eterna, ma il suo destino dipende dalla vita che si è condotta.