La sfrontata impudenza di Catilina, Prima Catilinaria, I, 1
28 Dicembre 2019Orrido cominciamento. Introduzione alla prima giornata del Decameron
28 Dicembre 2019Ecco il testo, la traduzione e l’analisi del capitolo 20 del Somnium Scipionis di Cicerone
Testo
Haec ego admirans, referebam tamen oculos ad terram identidem.
Tum Africanus: “Sentio,” inquit, “te sedem etiam nunc hominum ac domum contemplari; quae si tibi parva, ut est, ita videtur, haec caelestia semper spectato, illa humana contemnito! Tu enim quam celebritatem sermonis hominum aut quam expetendam consequi gloriam potes? Vides habitari in terra raris et angustis in locis et in ipsis quasi maculis, ubi habitatur, vastas solitudines interiectas eosque, qui incolunt terram, non modo interruptos ita esse, ut nihil inter ipsos ab aliis ad alios manare possit, sed partim obliquos, partim transversos, partim etiam adversos stare vobis; a quibus exspectare gloriam certe nullam potestis.”
Traduzione
Io, meravigliandomi di queste cose, rivolgevo più e più volte gli occhi a terra.
Allora l’Africano disse: “Capisco che stai ancora contemplando la dimora e la sede degli uomini; e se essa ti sembra piccola, come in effetti è, guarda sempre verso le cose celesti e disprezza quelle umane! Quale celebrità nel parlare degli uomini o quale gloria che valga la pena di essere cercata puoi ottenere? Vedi che la terra è abitata solo in pochi e angusti luoghi e che in questi stessi luoghi, simili a macchie sparse, ci sono immense solitudini interposte. Inoltre, coloro che abitano la terra sono così separati tra loro che nulla può essere trasmesso da una regione all’altra, e in parte si trovano obliquamente, in parte trasversalmente, e in parte perfino in direzione opposta a voi; da costoro, certamente, non potete aspettarvi alcuna gloria.”
Analisi del testo
Nel capitolo 20 del Somnium Scipionis, Scipione Africano prosegue la sua lezione al nipote, Scipione Emiliano, cercando di convincerlo a disprezzare la gloria terrena e a rivolgere lo sguardo verso le cose celesti, molto più elevate e degne di considerazione. La visione filosofica che Cicerone mette in bocca a Scipione Africano è fortemente influenzata dalla tradizione platonica e stoica, che invita a guardare oltre il mondo fisico e a concentrarsi su ciò che è eterno e divino.
1. Contemplazione del mondo umano
Scipione Africano osserva che il suo interlocutore sta ancora contemplando la “sedem hominum ac domum”, cioè la dimora e il mondo degli uomini. Questa espressione si riferisce alla Terra e alla vita terrena. Tuttavia, Africano sottolinea che, se la Terra appare piccola e insignificante, ciò è del tutto appropriato: il mondo umano è effettivamente limitato e meschino rispetto all’immensità del cosmo. Pertanto, invita il giovane a guardare sempre verso il cielo, cioè verso le cose eternamente celesti, e a disprezzare quelle umane.
“haec caelestia semper spectato, illa humana contemnito!”
Questa esortazione a rivolgersi verso le cose divine riflette l’idea, propria della filosofia stoica e platonica, che la vera realizzazione dell’uomo risiede non nelle imprese terrene, ma nella contemplazione e nella virtù spirituale.
2. La futilità della gloria terrena
Africano pone poi una domanda retorica al nipote: “Quam celebritatem sermonis hominum aut quam expetendam consequi gloriam potes?” (Quale celebrità tra i discorsi degli uomini o quale gloria che valga la pena di essere cercata puoi ottenere?). Questa domanda mira a far riflettere sull’assurdità di aspirare alla gloria terrena, che è limitata nel tempo e nello spazio. Anche se un uomo riuscisse a ottenere fama tra i suoi contemporanei, questa non sarebbe duratura né universale.
3. La Terra abitata come piccole macchie sparse
Scipione descrive il mondo abitato dagli uomini come una serie di piccole macchie sparse sulla superficie terrestre, con immense solitudini interposte tra una e l’altra. Questa immagine sottolinea la frammentazione dell’umanità, che abita solo in piccoli luoghi ristretti, mentre la maggior parte della Terra è inabitabile o non popolata. Tale visione ridimensiona ulteriormente l’importanza del mondo umano e della gloria terrena, ridotta a poche zone di vita su un pianeta per lo più deserto.
“Vides habitari in terra raris et angustis in locis et in ipsis quasi maculis, ubi habitatur, vastas solitudines interiectas”
Questo pensiero evidenzia anche un relativismo geografico: il mondo abitato è molto meno esteso e rilevante di quanto si potrebbe pensare, riducendo di conseguenza la portata della gloria o della fama che una persona potrebbe ottenere.
4. Separazione tra i popoli
Scipione sottolinea che i popoli che abitano la Terra sono separati gli uni dagli altri da tali distanze e solitudini che nulla può essere trasmesso da una regione all’altra. Inoltre, specifica che alcuni popoli si trovano in posizioni oblique, trasversali o addirittura opposte rispetto ai Romani.
“eosque, qui incolunt terram, non modo interruptos ita esse, ut nihil inter ipsos ab aliis ad alios manare possit, sed partim obliquos, partim transversos, partim etiam adversos stare vobis”
Questa parte del discorso serve a dimostrare ulteriormente l’impossibilità di ottenere gloria universale. La fama o il successo di una persona non possono diffondersi al di fuori di piccoli confini regionali, poiché i popoli sono geograficamente e culturalmente troppo distanti tra loro.
5. La gloria impossibile
Infine, Scipione afferma che da questi popoli separati e differenti, non ci si può aspettare alcuna gloria:
“a quibus exspectare gloriam certe nullam potestis”
Questo passaggio rafforza il concetto che la gloria è un’illusione: non solo essa è limitata a piccole porzioni della Terra, ma nemmeno tra i popoli del mondo può essere condivisa. La fama e il riconoscimento tra gli uomini non hanno quindi valore universale e sono effimeri e limitati.
Commento
Il capitolo 20 del Somnium Scipionis si concentra sul ridimensionamento dell’importanza della gloria terrena. Cicerone, tramite Scipione Africano, espone una concezione cosmologica e filosofica in cui la vita umana e le sue aspirazioni materiali sono irrilevanti di fronte all’immensità dell’universo. La Terra, vista da una prospettiva cosmica, appare piccola e insignificante, abitata solo in minuscole zone, separate da vasti deserti, e la celebrità di cui gli uomini si vantano risulta impossibile da raggiungere su scala universale.
Questa riflessione si inserisce nel contesto del pensiero stoico e platonico che invita a disprezzare le cose materiali e a concentrarsi sulla virtù e sulla contemplazione delle cose divine. La fama e il successo terreno, presentati come obiettivi desiderabili nella vita pubblica romana, sono qui ridotti a illusioni senza significato duraturo.
In definitiva, Scipione esorta il giovane Emiliano a distogliere lo sguardo dalle effimere aspirazioni umane e a concentrarsi su ciò che è eterno, ovvero sulla conoscenza e sulla virtù, che conducono all’immortalità dell’anima.
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