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28 Dicembre 2019
Nel secondo capitolo di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, intitolato “Sul fondo”, l’autore ci trasporta nel cuore delle sofferenze del campo di concentramento di Auschwitz.
Brani tratti da “Sul fondo” secondo capitolo di Se questo è un uomo di Primo Levi
SUL FONDO
Il viaggio non durò che una ventina di minuti. Poi l’autocarro si è fermato, e si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora mi percuote nei sogni): arbeit macht frei, il la- voro rende liberi.
Siamo scesi, ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell’acqua nei radiatori ci rende feroci: sono quattro giorni che non beviamo. Eppure c’è un rubinetto: sopra un cartello, che dice che è proibito bere perché l’acqua è inquinata. Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è una beffa, «essi» sanno che noi moriamo di sete, e ci mettono in una camera e c’è un rubinetto, e Wassertrinken verboten. Io bevo, e incito i compagni a farlo; ma devo sputare, l’acqua è tiepida e dolciastra, ha odore di palude.
Questo è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno de- ve essere cosí, una camera grande e vuota, e noi stanchi stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente. Come pensare? Non si può piú pensare, è come essere già morti. Qualcuno si siede per terra. Il tempo passa goccia a goccia.
[…]
D’altronde, l’intero processo di inserimento in questo ordine per noi nuovo avviene in chiave grottesca e sarcastica. Finita l’operazione di tatuaggio, ci hanno chiusi in una baracca dove non c’è nessuno. Le cuccette sono rifatte, ma ci hanno severamente proibito di toccarle e di sedervi sopra: cosí ci aggiriamo senza scopo per metà della giornata nel breve spazio disponibile, ancora tormentati dalla sete furiosa del viaggio.
[…]
Tale sarà la nostra vita. Ogni giorno, secondo il ritmo prestabilito, Ausrücken ed Einrücken, uscire e rientrare; lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire o morire.
… E fino a quando? Ma gli anziani ridono a questa domanda: a questa domanda si riconoscono i nuovi arri- vati. Ridono e non rispondono: per loro, da mesi, da an- ni, il problema del futuro remoto è impallidito, ha perso ogni acutezza, di fronte ai ben piú urgenti e concreti problemi del futuro prossimo: quanto si mangerà oggi, se nevicherà, se ci sarà da scaricare carbone.
Se fossimo ragionevoli, dovremmo rassegnarci a questa evidenza, che il nostro destino è perfettamente inconoscibile, che ogni congettura è arbitraria ed esattamente priva di fondamento reale. Ma ragionevoli gli uomini sono assai raramente, quando è in gioco il loro proprio destino: essi preferiscono in ogni caso le posizioni estreme; perciò, a seconda del loro carattere, fra di noi gli uni si sono convinti immediatamente che tutto è perduto, che qui non si può vivere e che la fine è certa e prossima; gli altri, che, per quanto dura sia la vita che ci attende, la salvezza è probabile e non lontana, e, se avremo fede e forza, rivedremo le nostre case e i nostri cari. Le due classi, dei pessimisti e degli ottimisti, non sono peraltro cosí ben distinte: non già perché gli agnostici siano molti, ma perché i piú, senza memoria né coerenza, oscillano fra le due posizioni-limite, a seconda dell’interlocutore e del momento.
Eccomi dunque sul fondo.
Audio Lezioni su Primo Levi del prof. Gaudio