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27 Gennaio 2019La sussidiarietà è un principio in base al quale vale la pena di valorizzare i soggetti che operano nella società , piuttosto che demandare la gestione di tutto alle istituzioni statali. In questo modo i soggetti che operano, aiutano lo stato (da qui il termine sussidiarietà ), a realizzare il bene comune. Essi cioè lavorano non solo nel proprio interesse, ma anche nell’interesse comune, nel momento in cui costruiscono realtà sociali utili a tutti. Lo stato riconosce che non può intervenire direttamente in tutte le situazioni, e sovvenziona e incentiva l’intervento di vari enti ed associazioni non statali.
A fondamento della sussidiarietà c’è il pensiero occidentale, a partire da Aristotele, Platone e, soprattutto, Tommaso d’Aquino. Questi filosofi hanno indagato il rapporto tra persona e stato in termini non unidirezionali.
Occorre applicare questo metodo virtuoso della sussidiarietà anche nella scuola, sia nella scuola non statale, valorizzando quanto già fanno le associazioni di genitori e insegnanti, sia nella scuola statale, attuando pienamente l’autonomia e accettando il rischio della scuola-fondazione.
In questo panorama fondamentale è il ruolo di guida dei processi da parte del dirigente scolastico. Egli è contemporaneamente leader educativo e anche guida di processi formativi ed educativi da tradurre in regole. Una volta il “preside” non era altro se non un insegnante anziano, premiato con questo ruolo, per la sua riconosciuta professionalità nel campo didattico, ed operava quasi esclusivamente nel campo didattico, coma “primo” professore, anzi spesso continuava a fare l’insegnante. Oggi il dirigente scolastico è un “facilitatore” dei ruoli educativi, ma è anche un organizzatore di realtà che non hanno più niente di prestabilito e di calato dall’alto. Una volta il ministro, e i suoi rami, provveditori ed ispettori, dettavano al singolo preside tutto l’agire pedagogico, dal calendario e dall’orario scolastico, fino ai programmi e alla scansione oraria. Oggi non è più così, fortunatamente.