Una scuola da democratizzare
27 Gennaio 2019Geert Wilders. Immagini
27 Gennaio 2019L’esempio della Commissione Europea
di A. Lalomia
Nella conferenza svoltasi a Bruxelles dal 12 al 15 maggio 2009 nell’ambito del progetto “Velo-City” organizzato dalla Commissione Europea, sono state proposte iniziative di indubbio interesse per cercare di rendere più vivibili le nostre città (1) , oppresse da un traffico caotico, lugubre, feroce, ‘assassino’, completamente ingovernabile anche a causa dell’assenza di vigili ‘sul campo’, di politiche dissennate e nefaste che sono state seguite per troppi anni e della mancanza di volontà di realizzare piani di trasporto che si rivelerebbero vantaggiosi per gli stessi enti locali, a partire dai comuni (2) .
C’è un punto però, delle dichiarazioni che sono state formulate in quei giorni dai rappresentanti a vario titolo della Commissione Europea, che mi ha colpito particolarmente, perché lo ritengo di straordinaria importanza ed efficacia e riguarda il telelavoro. Di questo tema nel nostro Paese si è parlato in passato con grande enfasi, al limite della melensaggine retorica, con un profluvio di discorsi propagandistici che ovviamente, come accade quasi sempre in questi casi, sono rimasti sepolti da una coltre di polvere, dimenticatiin qualche magazzino ministeriale.
Come si apprende da uno dei siti della Commissione: “Depuis avril 2007, la Commission a offert à son personnel la possibilité de se mettre en télétravail, c’est-à-dire de travailler depuis chez eux, épargnant ainsi du temps et des frais de transport. Le nombre de télétravailleurs réguliers est aujourd’hui de plus de 1000 agents.” (3)
Questa opportunità (che mi auguro venga confermata anche dopo le elezioni) dovrebbe essere estesa al più presto anche in Italia, a tutti i livelli e in ciascuna situazione in cui la presenza fisica del dipendente può essere sostituita -o integrata (4)- dal suo lavoro in sede domestica.
Per inciso, tale procedura tutelerebbe in primo luogo quelle categorie -a partire dai dipendenti con gravi problematiche fisiche- che affrontano ogni giorno sacrifici tremendi per recarsi nella sede di servizio e per far ritorno a casa, senza usufruire di alcun tipo di rimborso per le pesantissime spese che sono costretti a sostenere, soprattutto per i trasporti.
Non credo che sia necessaria una specializzazione in gestione aziendale per capire che la presenza fisica sul posto di lavoro significa poco o niente,se non è accompagnata da una produttività appena accettabile e comunque da un impegno adeguato.
A Bruxelles questo principio elementare è stato compreso perfettamente, con benefici per tutti.
Sarebbe il caso che anche in Italia si guardasse a queste strategie con la dovuta attenzione, anche per evitare reiterate, ingenerose ed incaute generalizzazioni sui dipendenti pubblici (facendo di ogni erba un fascio), generalizzazioni che non giovano davvero all’immagine del Paese.
L’assenteismo va combattuto, certo; ma esso è ben poca cosa rispetto alle abitudini inveterate, agli opportunismi, ai comportamenti usuali (5) di chi, pur potendo vantare una presenza sul posto di lavoro costante (perché magari abita a poche centinaia di metri dal suo ufficio), di fatto poi, anziché produrre, passa gran parte delle giornate leggendo il giornale, andando ripetutamente al bar, guardando la TV, giocando con il PC, assentandosi (“Solo qualche minutino, per carità”) per recarsi a fare la spesa, telefonando per questioni personali dall’apparecchio fisso della struttura in cui lavora, chiacchierando con i colleghi e comunque non lavorando come dovrebbe.
Sbaglierò, ma ho il sospetto che parecchi di coloro i quali dovrebbero essere definiti (e a ragione) ‘fannulloni’, non risultino quasi mai assenti dal posto di lavoro, né in ritardo (6). E non mi stupirei se, per uno di quei paradossi che governano le vicende del nostro Paese, questi elementi venissero addirittura premiati per l’assiduità delle presenze e additati al resto del personale (magari proprio a chi si sforza fino all’estremo di produrre secondo determinatiparametri) come esempi di abnegazione e di senso del dovere.
Quanto risparmierebbero le varie amministrazioni -ma anche società ed enti privati- dall’introduzione sistematica del telelavoro ?
E quanto ne beneficerebbero l’ambiente, l’economia e l’immagine del Paese ?
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Note
(1)
http://ec.europa.eu/italia/attualita/primo_piano/transporti_energia/bicicletta_it.htm
(2) Basti pensare all’assenza di un’adeguata rete di trasporti su rotaia (tram), che risulterebbe particolarmente importante soprattutto per chi non può prendere gli autobus ed è costretto a servirsi per i suoi spostamenti quasi esclusivamente dei taxi, senza alcun rimborso, è chiaro. A questo proposito, vorrei ricordare che qualche tempo fa ho pubblicato su questa Rivista un articolo (“Modeste proposte di soluzione per l’emergenza traffico”, apparso il 12-02-08 nella sezione ‘Terza pagina’), in cui fornivo un’indicazione su come si poteva risolvere il problema del trasporto urbano nelle grandi città, a cominciare da Roma. Non mi risulta che, a parte i riconoscimenti formali per l’idea, la stessa sia mai stata messa in pratica. Perché ? Cosa si nasconde dietro le resistenze ad una proposta facilmente realizzabile, che tra l’altro porterebbe nelle casse dei comuni ingenti capitali, dando loro così l’opportunità di far fronte agli impegni finanziari ? E come mai la questione delle ricevute che rilasciano (quando le rilasciano) i tassisti, non sembra interessare più di tanto le autorità competenti (soprattutto quelle tributarie), visto che si tratta di ‘brandelli’ cartecei privi spesso di data, illeggibili e senza alcun valore legale? Una situazione del genere rientra nella normalità ? Ancora: come mai lavori di manutenzione e di rifacimento del manto stradale che riguardano qualche centinaio di metri, durano più di un anno ? Mi riferisco ad esempio ad un caso verificatosi a Roma, dove, appunto per lavori di questo tipo, il cantiere è rimasto aperto per più di anno (da aprile 2008 a maggio 2009). Tutto questo, lo ripeto, per un tratto non più lungo di qualche centinaio di metri e in una zona che si trova all’interno del centro storico della città, con ingorghi spaventosi e disagi di ogni tipo per i cittadini. E’ difficile, per chi non vive stabilmente a Roma, capire le difficoltà enormi che esistono per spostarsi da un punto all’altro della città (distante magari un’ottantina di km -e mi riferisco al comune, non alla provincia- e il valore aumenta anno dopo anno) ed altre situazioni che possono apparire di minore entità, ma che certo non facilitano la vita dei cittadini (per esempio, talvolta, quando piove, i cellulari vanno ‘in tilt’).
(3) http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/09/231&format=HTML&aged=0&language=FR&guiLanguage=fr . Per valutare correttamente l’entità della cifra che compare nel testo, va comunque considerato che i funzionari pubblici i quali lavorano per la Commissione sono circa 23.000.
(4) Penso soprattutto al mondo della scuola, dove i docenti con problematiche fisiche potrebbero svolgere almeno alcune lezioni direttamente da casa -con strumentazione ormai accessibile a tutti- oppure occuparsi, sempre da casa, di attività comunque inerenti all’insegnamento, la gestione della scuola, la sua valorizzazione sul territorio, per esempio ai fini delle iscrizioni.
(5) E magari ‘ignorati’ o sottovalutati da chi avrebbe il compito di vigilare sull’operosità dei dipendenti e sul rispetto da parte loro dell’orario.
(6) V. la nota precedente.
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