La vita di Alessio Tavecchio
27 Gennaio 20191984 – Nineteen Eighty-Four
27 Gennaio 2019Cavenati Aryo Classe IVF 10/05/2006
RELAZIONE DI LABORATORIO DI BIOLOGIA (LABORATORIO CUS-MI-BIO)
DNA PROFILING
Obbiettivo:
Dato un campione di DNA di riferimento(di cui si conosce il polimorfismo); dati altri campioni di DNA, trovare fra questi quello corrispondente al campione di riferimento.
Materiali :
– Micropipetta graduata(da 2 a 20 microlitri) – Puntali
– PCR Eppendorf Mastercycler – Centrifuga
– Microonde – Cella elettroforetica
– Trans-illuminatore – Bilancia di precisione
– Cappa aspiratoria – Pettinino
– Becker – Cilindro graduato
– Microprovette – Contenitore con rubinetto
micropipette con puntali
PCR Eppendorf Mastercycler
Centrifuga
Cella elettroforetica con pettinini
Trans-illuminatore
Sostanze :
– 1 campione di DNA di riferimento
– Campioni di DNA da confrontare
– Agarosio – TBE (soluzione tampone)
– Loading dye – Bromuro di etidio
Procedimento:
1. Preparare il gel di agarosio: in un cilindro graduato, versare 30 ml di TBE e 0,6 grammi di agarosio rispettivamente con l’ausilio di contenitore con rubinetto e bilancia di precisione. Porre il cilindro nel microonde e scaldarlo per 2 minuti. Successivamente aggiungere una quantità di acqua distillata tale da poter ottenere la densità desiderata del gel. Versare il gel in un contenitore di plexiglas con il pettinino(per formare le fossette). Il gel sarà completamente pronto dopo un quarto dora circa. Togliere il pettinino, completando anche la formazione delle fossette che verranno riempite dai campioni per lelettroforesi.
2. Preparare i campioni di DNA. Ciascun campione è contenuto in una microprovetta. Aggiungere ad ognuna il loading dye con l’ausilio di una microprovetta(guarda immagine). Affinché un campione si mescoli completamente con il loading dye, mettere nella centrifuga tutte le microprovette.
3. Preparare la cella fotoelettrica. Porre il contenitore di plexiglas nella cella fotoelettrica. Riempire lo spazio che circonda il contenitore(sempre all’interno della cella) di acqua. Caricare 1,2 microlitri di ogni campione(sempre con l’ausilio di una micropipetta) nelle fossette preparate precedentemente.
4. Eseguire lelettroforesi. Collegare la cella con il sorgente di elettricità tramite un cavo(guarda immagine soprastante). Far passare dunque lelettricità(120 volt). Aspettare per circa 45 minuti osservando la cella stessa.
5. Confrontare i campioni. Dopo aver concluso lelettroforesi, portare il gel sotto una cappa, passarlo quindi con del bromuro di etidio. Portare il gel in una stanza buia dotata di un trans-illuminatore tale da poter osservare il gel stesso, confrontare i campioni e individuare il campione che corrisponde a quello di riferimento.
Osservazioni:
1. Prima dell’aggiunta di loading dye, ciascun campione di DNA contenuto nelle microprovette è stato preparato precedentemente con il PCR Eppendorf Mastercycler, con la tecnica appunto di PCR.
2. Ad ogni micropipetta può essere impostata una quantità desiderata tale da poter aggiungere il loading dye e caricare le fossette con precisione. All’estremità finale di ogni micropipetta si deve applicare un puntale, che deve essere sostituita con un’altra nuova per ogni cambio di sostanza prelevata o rilasciata dalla micropipetta stessa. All’estremità iniziale di ogni micropipetta si trova un pulsante che può assumere 3 posizioni: posizione normale, posizione 1(pulsante premuto a metà) e posizione 2(pulsante premuto fino in fondo). Per aspirare: posizione1(tenere premuto)-immersione puntale-posizione normale- ritiro micropipetta-rilascio pulsante. Per rilasciare: posizione2(tenere premuto)-sgocciolare-ritiro micropipetta-rilascio pulsante. Viene eseguita questa successione onde evitare eventuale riaspirazione.
3. Durante lelettroforesi, è possibile osservare una quantità di bollicine al polo negativo(anodo) e una quantità inferiore(la metà) al polo positivo(catodo). Questo fenomeno è dovuto alla rottura delle molecole d’acqua contenuta nella cella fotoelettrica per mezzo di elettricità:
H2O à 2H+ + O2-
Lione idrogeno, di una quantità maggiore, avendo la carica positiva, è attratta dallanodo; mentre l’ione ossigeno, di una quantità minore(la metà appunto), avendo la carica negativa, è attratta dal catodo.
4. Durante lelettroforesi, vediamo che i campioni caricati nelle fossette migrano verso il catodo. Questo fenomeno è dovuto alla presenza del gruppo fosfato(contenuto nel DNA) che conferisce una carica negativa.
5. La luce ultravioletta emessa dal trans-illuminatore eccita le molecole del bromuro di etidio attaccate al DNA che si colorano, rendendo visibile la migrazione dei campioni(guarda lesmpio dell’immagine). Con queso risultato, è possibile confrontare i campioni e individuare il campione corrispondente a quello di riferimento.
Riferimenti teorici:
DNA : L’acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (DNA) è, dal punto di vista della biochimica, un polimero organico i cui monomeri sono i desossiribonucleotidi. E’ presente in tutti gli organismi viventi. Lo si trova nei cromosomi degli eucarioti, dei procarioti, oltre che nei plasmidi, nei mitocondri e in molti virus. E’ una molecola molto importante perché trasporta l’informazione genetica necessaria alla trasmissione dei caratteri ereditari. Ogni proteina presente negli organismi viventi deriva da un processo di sintesi che trae origine dall’informazione immagazzinata nel DNA.
Ogni nucleotide è formato da tre parti: una molecola di desossiribosio (uno zucchero semplice, appartenente ai pentosi), un gruppo fosfato e una base azotata (citosina, guanina, adenina o timina). L’atomo di carbonio in 3 sull’anello del desossiribosio è legato ad un gruppo -OH di un residuo fosforico che, a sua volta, lega in posizione 5′ l’anello di ribosio appartenente al monomero adiacente. Abbiamo quindi uno scheletro fosfato-zucchero-fosfato… , mentre agli zuccheri sono legate le diverse basi azotate, che determinano la sequenza specifica.
Di solito il DNA è a doppio filamento: è formato da due catene orientate in verso opposto, unite da legami idrogeno tra le basi azotate. Ogni sequenza è determinata dall’altra, in quanto la regola di appaiamento A-T, G-C è imposta dalla dimensione delle basi e dal numero e dalla disposizione dei legami idrogeno che esse possono formare. Si dice anche che i due filamenti sono complementari.
I due filamenti sono avvolti l’uno attorno all’altro in una doppia elica, struttura che corrisponde ad un minimo di energia. Quelle di DNA sono molecole molto lunghe: un cromosoma umano medio contiene un doppio filamento di DNA lungo 8 centimetri! Le cellule devono quindi utilizzare meccanismi molto sofisticati per riuscire a comprimere tutto il loro DNA nell’esiguo spazio del volume nucleare (vedi istoni).
Il termine polimorfismo indica l’esistenza di più proteine per lo stesso locus proteico, cioè l’esistenza di più varianti della stessa proteine. Essendo questo un fenomeno strettamente legato alla sequenza nucleotidica del DNA, si parla di polimorfismo genetico e di varianti genetiche. Tali varianti possono differenziarsi per la sostituzione di un solo aminoacido (mutazioni puntiformi), per l’assenza di alcuni di questi (delezioni) oppure, come in alcuni casi accade, per sostituzioni più importanti. Si parla di mutazione silente quando la sostituzione della sequenza delle basi azotate che compongono il DNA non influisce sulla sequenza degli aminoacidi che compongono la proteina (ricordiamo infatti che uno stesso aminoacido può essere codificato da più tripletta nucleotidica).
La reazione a catena della polimerasi (in inglese: Polymerase Chain Reaction), comunemente nota con l’acronimo PCR, è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. L’amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive applicazioni.
Tale metodica fu ideata nel 1983 da Kary B. Mullis il quale ottenne, per questo, il premio Nobel per la chimica (1993).