Testo argomentativo sul Medioevo
19 Luglio 2020Analisi di due quadri di David
19 Luglio 2020Testo argomentativo: Polemica antichi/moderni: Guerre in biblioteca di G. Steiner (Il Sole-24 Ore 9/06/02)
Obiettivi:
- capire il significato del pezzo di Steiner e individuare i concetti chiave e i problemi che solleva
- orientarsi nel vasto panorama storico-culturale in cui è ambientato il contributo di Steiner
- cogliere i riferimenti con l’attualità e individuare un punto di vista personale in merito alla disputa cassici/moderni
- applicare i modelli innovazione/tradizione e passato/presente
Valutazione:
- comprensione del brano ed enucleazione dei concetti chiave p. 5
- individuazione dei problemi e delle perplessità sollevati da Steiner sulla nozione di “progresso” ed “evoluzione” applicati alla filosofia, all’etica, all’estica, alla letteratura in genere p. 3
- attualizzazione della disputa classici/moderni ed esplicitazione di un proprio punto di vista p. 4
- correttezza e proprietà p. 3
Spazio:
4 colonne di foglio protocollo diviso a metà
Tempo:
4 ore
Nel 1704 lo scrittore inglese Jonathan Swift ( tra le sue opere I viaggi di Gulliver) scrisse un libello, The battle of the Books, che riprendeva sul suolo britannico la Querelle des anciens et des modernes che aveva infuriato in Francia dalla fine del secolo precedente. In occasione dell’uscita italiana del surreale raccontino di Swift sulla querelle degli antichi e dei moderni il comparatista Gorge Steiner ne scrive la prefazione di cui viene riprodotto uno stralcio. Entriamo dunque con Swift, accompagnati da Steiner, nella Biblioteca Reale e assistiamo all’inizio della battaglia: Omero, Pindaro Euclide, Aristotele e Platone comandano le truppe degli antichi; Milton, Cartesio, Hobbes, Duns Scoto, appoggiati dalla maligna divinità della Critica, i moderni; i poeti sono trasformati in plotoni della cavalleria leggera, gli opliti sono reclutati fra gli storici, i traduttori sono indispensabili ma servili mercenari. Swift inventa una surreale miniaturizzazione delle scene: palazzi rimpiccioliti come case di bambole, “fiumi d’inchiostro” scorrono come lo Scamandro attraverso gli omerici campi di battaglia e il “turbinio di penne d’oca” rappresentano le vere e proprie penne degli scrittori e le frecce volanti dei guerrieri (Aristotele lancia una freccia contro Bacone ma colpisce Cartesio, Virgilio si scontra con il suo traduttore inglese che ha un elmo nove volte più grande del suo capo); dovunque, ridotte in miniatura, le “macchine” che provocano devastazioni assurde e crudeli, sproporzionate rispetto alle loro reali dimensioni. Questa, in sintesi, la trama del libello di Swift che Steiner introduce così:
“Il dibattito intorno al primato della classicità sulla modernità risale al Medioevo ed è inerente alla condizione dell’Europa emersa dalla Latinità e agli espliciti richiami del Rinascimento alle proprie fonti antiche, ai propri modelli e ideali.. L’epica rinascimentale, la tragedia neoclassica, alcune forme liriche quali le odi e la satira, dichiaravano apertamente i loro debiti nei riguardi dei precedenti greci e latini. Era del tutto lecito ammettere che le letterature in volgare, in quanto scaturite dalla decadenza della communitas ellenistico-romana, fossero da considerarsi appendici di Omero e Virgilio, di Seneca e dei tragici greci, di Pindaro, Orazio e Giovenale. Esistevano, tuttavia, delle eccezioni che aprivano una sfida: in particolare il volgare toscano, che Dante elesse a linguaggio della Commedia, o il vernacolo a cui si rivolsero Milton e Marino.
Fu il XVII secolo ad acuire i termini della questione. La polemica fra antichi e moderni acquistò nuova veemenza grazie a tre movimenti di carattere spirituale. Il primo fu il trionfale dispiegamento delle scienze post-galileiane e post-cartesiane. Se la ‘natura’ parlava davvero il linguaggio della ‘matematica’, come sosteneva Galileo, quell’idioma, per quanto radicato nel genio di Euclide o di Archimede, era de facto in evoluzione, cioè radicalmente progredito rispetto alle più lungimiranti prefigurazioni dell’antichità classica …Con i Principia di Newton, e il conseguente sviluppo leibniziano del calcolo, si affermò nell’intera Europa letteraria il principio evolutivo della conoscenza umana, soggetta a rivoluzioni copernicane.
Tuttavia, occorre cautela. Il concetto di “progresso è tutt’altro che privo di complicazioni. Possiamo sul serio applicarlo alla rivelazione teologica, al discorso filosofico, agli argomenti morali e, sia pure con maggiore perplessità, all’estetica? Che senso ha invocare un progresso al di là dell’Iliade, dell’Edipo di Sofocle o delle odi di Orazio? …
Il secondo grande impulso alla rivalutazione della disputa venne dalla graduale eclissi del latino come medium linguistico dominante negli scambi culturali e civili…Con il consolidamento della monarchia francese e l’affermazione di Parigi come capitale della retorica e dell’eleganza, la Francia di Cartesio e Pascal, di Bossuet e di Montesquieu assurse a misura dell’eccellenza letteraria europea.
A tale sfida si accompagnò quel complesso di sensibilità e vis polemica che sarebbe culminato in ciò che siamo soliti chiamare Illuminismo. Stando alla famosa definizione di Kant, lo spirito dell’Illuminismo consisteva nel dubbio intellettuale, nel rifiuto dell’autorità arbitraria. L’essenza perenne dell’auctoritas, sopravvissuta nei secoli, aveva garantito ai classici una singolare forma di sovranità. Era la solenne sanzione del tempo, non soltanto il genio intrinseco di Omero o di Ovidio, a rendere le loro opere esemplari e ideali. Nel confronto, tutto ciò che era stato scritto in seguito era parso effimero e transitorio. Ma adesso, con l’affermazione della lingua francese e, più problematicamente, con il riconoscimento di “classici” internazionali della portata di Shakespeare e Cervantes, quella disparità non appariva più di tanto scontata. Anche la Modernità era in grado di produrre i suoi capolavori duraturi e i suoi aspiranti alle somme cime del Parnaso. La corona d’alloro era passata da Virgilio a Dante, da Dante a Tasso, da Aristofane a Molière. La Fontane era meno ‘classico’ di Esopo?”
Consegne:
La disputa su classici/moderni è una guerra che, nei momenti di passaggio da una civiltà a un’altra, decide le sorti di una cultura e di un canone. Si devono salvare gli autori antichi? Si possono introdurre nel canone Melville, Joyce, Faulkner, Garcia Marquez accanto a Omero, Sofocle e Virgilio? La storia della cultura è fatta di ri-nascimenti e neo-classicismi, o di rivoluzioni radicali? Il tema non può non appassionare noi – all’alba di un millennio nel quale il potere e le istituzioni decidono il destino dell’antico nella scuola – così come interessava Swift, coinvolgeva più tardi classicisti e romantici, e ora appassiona Steiner. Analizzate i termini del problema che Steiner imposta nel brano prodotto.
fonte: http://www.mlt.it/collegamenti/quarta/italian4/anal4/polemica.htm