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– Deh, madonna, – diss’io – per quella
fede
che vi fu, credo, al tempo manifesta,
or più nel volto di chi tutto vede,
creovvi Amor pensier mai ne la testa
d’aver pietà del mio lungo martire,
non lasciando vostr’alta impresa onesta?
Che’ vostri dolci sdegni e le dolci ire,
le dolci paci ne’ belli occhi scritte,
tenner molti anni in dubbio il mio
desire. –
A pena ebb’io queste parole ditte,
ch’io vidi lampeggiar quel dolce riso
ch’un sol fu già di mie virtuti
afflitte.
Poi disse sospirando: – Mai diviso
da te non fu ‘l mio cor, né già mai fia;
ma temprai la tua fiamma col mio viso,
perché a salvar te e me null’altra via
era e la nostra giovenetta fama;
né per ferza è però madre men pia.
Quante volte diss’io meco:
«Questi ama,
anzi arde: or si conven ch’a ciò
provveggia,
e mal pò provveder chi teme o brama.
Quel di fuor miri, e quel dentro non
veggia».
Questo fu quel che ti rivolse e strinse
spesso, come caval fren, che vaneggia.
Più di mille fïate ira dipinse
il volto mio ch’Amor ardeva il core;
ma voglia in me ragion già mai non
vinse.
Poi se vinto ti vidi dal dolore,
drizzai in te gli occhi allor
soavemente,
salvando la tua vita e ‘l nostro onore;
e se fu passïon troppo possente,
e la fronte e la voce a salutarti
mossi, et or timorosa et or dolente.
Questi fur teco miei ingegni e mie arti:
or benigne accoglienze et ora sdegni
(tu ‘l sai che n’hai cantato in molte
parti),
ch’i’ vidi gli occhi tuoi talor sì
pregni
di lagrime, ch’i’ dissi: «Questi è
corso,
chi non l’aita, sì ‘l conosco ai segni»:
allor provvidi d’onesto soccorso;
talor ti vidi tali sproni al fianco,
ch’i’ dissi: «Qui conven più duro
morso».
Così, caldo, vermiglio, freddo e bianco,
or tristo, or lieto, infin qui t’ho
condutto
salvo, ond’io mi rallegro, benché
stanco.
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«oh mia
Signora – dissi io – per quella fedeltà [verso di voi] che, credo, vi è
stata evidente, un tempo, o [lo è] ancora di più oggi [che potete
vederlo] nel volto di chi tutto vede [Dio]: è mai successo che amore
provocasse nella vostra mente il pensiero di aver pietà di me per le mie
sofferenze, senza che abbandonaste il vostro proposito di castità?
Infatti, i vostri sdegni gentili e le vostre ire, [contrapposti] alla
pace dipinta nel vostro sguardo, mi hanno tenuto molti anni nel dubbio
[che voi mi amaste o meno]».
Non
appena io ebbi pronunciato queste parole, vidi splendere quel dolce
sorriso che un tempo fu un sole per le mie forze quando venivano meno.
Poi disse
sospirando: «Il mio cuore non fu mai diviso dal tuo, né mai lo sarà;
ma
regolai la tua passione amorosa con le mie espressioni del viso,
poiché non c’era altro modo per salvare la nostra reputazione ancora
fragile:
una madre
non è meno amorevole se usa la sferza.
–
Quante volte mi sono detta: «lui è innamorato, anzi, brucia
d’amore: è necessario resistere, e non può certo farlo chi teme (di
perdere la reputazione) e intanto desidera egli stesso; gli farò vedere
solo il mio aspetto esterno, e nasconderò i miei sentimenti; questo è
ciò ti tenne in dubbio, e ti fece soffrite, come fa il freno per un
cavallo impazzito.
Più di
mille volte il mio volto mostrava ira, mentre nel cuore ardeva amore
(per te);
ma il
desiderio in me non sconfisse mai la ragione;
Poi,
quando ti vedevo sopraffatto dal dolore,
allora mi
rivolgevo a te con gentilezza,
salvandoti la vita, e insieme il nostro onore;
se invece
eri preso da passione troppo forte, evitavo di salutarti e di guardarti,
temendo (che tu potessi farti del male) e provando dolore (per te).
Questo fu
il mio stratagemma con te: ora un atteggiamento benevolo, ora ostile
(tu lo
sai, che lo hai descritto in mille poesie),
poiché a
volte vedevo i tuoi occhi così pieni
di
lacrime, che io mi dicevo: «questo è andato,
se
qualcuno non lo aiuta; lo riconosco dai segni»:
allora ti
venivo in soccorso;
a volte,
invece, vedevo che avevi una tale voglia,
che mi
dicevo: «qui occorre tirare la briglia».
E così,
alternando calore e freddezza, passione e distacco; ora triste, ora
felice: infine ti ho portato sano e salvo, anche se stanco; e di ciò
sono felice.
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