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28 Dicembre 2019Il racconto di Tristano e Isotta tratto dal Novellino rappresenta un episodio chiave della leggenda amorosa medievale.
La storia, inserita nella raccolta di novelle italiane del XIII secolo, viene narrata in modo sobrio e realistico, mantenendo però la tensione romantica e drammatica tipica del mito. Il tema centrale è l’amore proibito tra Tristano e Isotta, la moglie del re Marco, sviluppato attraverso un gioco di astuzie e malintesi.
Trama del racconto
Il cavaliere Tristano di Cornovaglia ama la regina Isotta la bionda, moglie di suo zio, il re Marco. Per comunicare senza essere scoperti, i due amanti hanno escogitato un segnale segreto: Tristano, quando vuole parlare con Isotta, va nel giardino del re, dove c’è una fontana, e intorbida l’acqua del rigagnolo che scorre fino al palazzo. Isotta, vedendo l’acqua torbida, capisce che Tristano l’aspetta alla fontana.
Tuttavia, un giardiniere scopre questo stratagemma e ne informa il re Marco. Il re, sospettando della moglie e del nipote, organizza una caccia per allontanarsi dai suoi cavalieri, poi torna di nascosto e si nasconde su un pino vicino alla fontana per spiare Tristano e Isotta.
Quella notte, Tristano intorbida l’acqua e Isotta, accorgendosi che qualcosa non va – notando un’ombra più densa del solito sotto il pino – sospetta la presenza di qualcuno che li sta spiando. Con astuzia, finge di accusare Tristano di essere un cavaliere disleale, insinuando che egli abbia diffamato il re Marco parlando di lei in modo scorretto tra i cavalieri. In questo modo, la regina si salva da eventuali accuse.
Tristano, pur turbato, segue il gioco e, dopo aver dichiarato la sua innocenza, annuncia la sua intenzione di partire dalla Cornovaglia. Isotta, però, manda messaggeri per convincerlo a restare. Alla fine, grazie alla loro astuzia, i due amanti non vengono smascherati, e il re, ingannato, si rallegra pensando che Tristano non abbia mai tradito il suo onore.
Analisi del testo
- Tema dell’amore proibito: Il racconto si incentra su un amore adultero e proibito tra Tristano e Isotta, che deve essere celato agli occhi del mondo. La relazione tra i due è presentata come un qualcosa che va oltre le convenzioni sociali e morali del tempo, ma che, per quanto illegittima, è resa nobile dalla profondità dei sentimenti e dalla loro lealtà reciproca.
- Astuzia e inganno: Il racconto sottolinea l’intelligenza dei due amanti, specialmente di Isotta, che riesce a evitare che il loro amore venga scoperto. L’ombra sul pino suggerisce la presenza nascosta del re Marco, e Isotta improvvisa un’accusa ingannevole per salvare se stessa e Tristano. La capacità dei due di ingannare il re mostra il loro acume e la loro capacità di sopravvivere in un mondo ostile.
- Figura del re Marco: Il re è ingannato più volte nel racconto, sia dal giardiniere, che denuncia la relazione, sia dai due amanti che riescono a manipolarlo. Nonostante l’ombra sul pino sveli al lettore che il re sta spiando, egli viene comunque tratto in inganno dalle parole di Isotta, finendo per credere nella fedeltà di entrambi.
- Tensione drammatica: Il racconto è costruito sulla tensione tra il desiderio amoroso e il rischio di essere scoperti. La suspense cresce quando Isotta si accorge della possibile presenza del re, e la risoluzione avviene in modo inaspettato con la finta accusa contro Tristano.
Commento
Il racconto rappresenta perfettamente il tema cortese dell’amore impossibile, ma lo fa in modo quasi realistico e privo di quella idealizzazione che si trova, per esempio, nella versione della leggenda raccontata dai trovatori. La versione del Novellino appare più pragmatica, concentrandosi sul gioco di astuzie necessario a mantenere il segreto.
La storia è un esempio del rapporto ambiguo che l’amore cortese ha con la morale: Tristano e Isotta amano intensamente, ma il loro amore è nascosto e, di fatto, una trasgressione sociale e morale. Tuttavia, essi non sono dipinti come “colpevoli”, ma anzi, come eroi che usano l’intelligenza per preservare la loro relazione.
Parafrasi
Tristano, innamorato di Isotta, la moglie del re Marco, aveva stabilito con lei un segnale per incontrarsi: quando voleva vederla, andava nel giardino del re e intorbidava l’acqua di una fontana che scorreva fino al palazzo di Isotta. Quando la regina vedeva l’acqua sporca, capiva che Tristano la stava aspettando alla fontana.
Un giorno, un giardiniere notò tutto e informò il re Marco. Il re, sospettando, organizzò una caccia per allontanarsi e finse di perdersi nei boschi. In realtà, si nascose su un pino vicino alla fontana. Quella notte, Tristano arrivò alla fontana e intorbidò l’acqua. Poco dopo arrivò Isotta, che notò un’ombra sospetta sul pino. Capendo che qualcuno li stava spiando, cominciò a parlare con Tristano accusandolo di aver tradito il re Marco e di aver parlato male di lei ai cavalieri.
Tristano, sconvolto, negò le accuse, dichiarandosi innocente e pronto a partire per non causare problemi. Il re Marco, ascoltando tutto, si rasserenò, credendo che Tristano non avesse mai mancato di rispetto. Alla fine, Isotta mandò un messaggio a Tristano per impedirgli di partire, e i due riuscirono a mantenere segreto il loro amore.
Testo originale
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Amando messer Tristano di Cornovaglia Ysotta la bionda, la moglie del re Marco, si fecero tra loro un segnale d’amore di cotal guisa: che quando messere Tristano le volea parlare, si andava ad un giardino del re Marco, nel quale avea una fontana, e intorbidava il rigagnolo ch’ella facea, il quale passava per lo palazzo dove stava la detta Ysotta; e quando ella vedea l’acqua torbidata, si pensava che Tristano era alla fontana.
Or avenne c’uno malaventurato giardiniere se n’avide, di guisa che li due amanti neente il poteano credere . Quel giardiniere andò allo re Marco, e contolli ogni cosa com’era. Lo re Marco si diede a crederlo; sì ordinò una caccia, e partissi da’ suoi cavalieri siccome si smarisse da·lloro. Li cavalieri lo cercavano erranti per la foresta, e lo re Marco n’andò in sul pino ch’era sopra la fontana ove messere Tristano parlava alla reina. E, dimorando la notte lo re Marco in sul pino, e messere Tristano venne alla fontana e intorbidolla; e poco tardante la reina venne alla fontana, ed a ventura le venne un bel pensero: che guardò il pino, e vide l’ombra più spessa che non solea. Allora la reina dottò e, dottando, ristette, e parlò con Tristano in questa maniera e disse: «Disleale cavaliere, io t’ho fatto qui venire per potermi compiagnere di tuo gran misfatto: ché giamai non fu cavalier con tanta dislealtade quanta tu hai per tue parole: ché m’hai unita, e lo tuo zio re Marco, che molto t’amava: ché tu se’ ito parlando di me intra·lli erranti cavalieri cose, che nello mio cuore non poriano mai discendere; — et inanzi darei me medesima al fuoco, ch’io unisse così nobile re com’è monsignor lo re Marco. Onde io ti diffido di tutta mia forza, siccome disleale cavaliere, sanza niun’altro rispetto». Tristano, udendo queste parole, dubitò forte e disse: «Madonna, se’ malvagi cavalieri di Cornovaglia parlan di me, tutto primamente dico che giamai io di queste cose non fui colpevole. Merzé, donna, per Dio: elli hanno invidia di me, ch’io giamai non dissi né feci cosa che fosse disinore di voi, né del mio zio re Marco. Ma, dacché vi pur piace, ubbidirò a’ vostri comandamenti: andronne in altre parti a finire li miei giorni. E forse, avanti ch’io mora, li malvagi cavalieri di Cornovaglia avranno sofratta di me, siccome elli ebbero al tempo de l’Amoroldo, quand’io diliverai loro e lor terre di vile e di laido servaggio». Allora si dipartiro, sanza più dire; e lo re Marco, ch’era sopra loro, quando udì questo, molto si rallegrò di grande allegrezza. Quando venne la mattina, Tristano fe’ sembianti di cavalcare: fe’ ferrare cavalli e somieri; valletti vegnono di giù e di sù: chi ponta freni e chi selle: il tremuoto era grande. Il re s’adira forte del partire di Tristano, e raunò ’ baroni e ’ suoi cavalieri, e mandò comandando a Tristano che, sotto pena del cuore, non si partisse sanza suo commiato. Tanto ordinò il re Marco, che·lla reina ordinò e mandolli a dire che non si partisse: — e così rimase Tristano a quel punto, e non si partì. E non fu sorpreso né ingannato per lo savio avedimento ch’ebbero intra·llor due. |
Audio Lezioni di Letteratura delle origini, duecento e trecento del prof. Gaudio
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