Movesi il vecchierel canuto et biancho di Francesco Petrarca
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28 Dicembre 2019Francesco Petrarca ha dedicato la sua vita alla letteratura, leggendo, studiando, commentando e collezionando testi in modo quasi ossessivo.
E qui, devo dire, troviamo Infatti, Petrarca era un uomo di cultura talmente innamorato dei testi classici, dei libri e del sapere che quasi si potrebbe dire che la letteratura stessa è stata la sua vera amante (ben più di Laura), anzi, la vera padrona esigente e ineludibile della sua anima.
Il Petrarca umanista: amore per la classicità
Petrarca è spesso considerato il precursore dell’Umanesimo proprio per il suo amore profondo e totalizzante per la letteratura, in particolare quella classica. Non si trattava di un semplice interesse intellettuale, ma di una vera e propria passione che lo portò a cercare, scovare e restaurare testi antichi con un fervore che pochi hanno eguagliato.
Nella sua ricerca degli scritti di Cicerone, Virgilio, Orazio e tanti altri, Petrarca non si limitava a leggerli passivamente: dialogava con loro, li integrava nel suo pensiero, li viveva. Per lui, i classici non erano solo fonti di saggezza, ma modelli di vita. Questa connessione profonda emerge anche nelle sue lettere e nei suoi trattati, dove è evidente il suo bisogno di fuggire dal presente, che trovava spesso corrotto e decadente, per rifugiarsi nel mondo antico, considerato la vetta della perfezione culturale e morale.
L’opera latina: Secretum e le Epistole
Le sue opere latine, come il Secretum o le Epistole, sono testimonianza di questa ossessione letteraria. In particolare, il Secretum rappresenta un dialogo immaginario tra Petrarca e Sant’Agostino, dove il poeta rivela i suoi conflitti interiori: il suo amore per la gloria terrena e la letteratura contrapposto al desiderio di perfezione spirituale. Ma anche qui, emerge quanto la letteratura fosse una delle sue preoccupazioni più costanti.
Le Epistole, invece, sono un monumento alla sua dedizione. Si rivolge agli amici, ai grandi uomini del passato e, in alcuni casi, perfino ai suoi stessi manoscritti, come se fossero esseri viventi con cui dialogare. In questo, Petrarca dimostra come il rapporto con i testi non fosse solo intellettuale, ma profondamente esistenziale.
Il “riscopritore” di Cicerone e Livio
Petrarca fu uno dei primi intellettuali a comprendere l’importanza della conservazione dei manoscritti antichi. Fu grazie al suo instancabile lavoro di ricerca e copia che molti testi classici sono giunti fino a noi. È celebre la sua scoperta delle lettere perdute di Cicerone, trovate a Verona, che riaccese il suo interesse per la cultura repubblicana romana.
Per Petrarca, Cicerone non era solo un grande oratore e filosofo, ma un modello di virtù pubblica e morale. Leggere e trascrivere Cicerone non era semplicemente un atto culturale: era un modo per incarnare quegli ideali che considerava eterni e superiori.
La “scalata” del sapere: il simbolismo del Monte Ventoso
Un episodio emblema di questo amore totalizzante per la letteratura è la famosa ascensione del Monte Ventoso nel 1336. In questo racconto autobiografico, Petrarca descrive la sua scalata come un’allegoria della vita interiore e della ricerca del sapere. Al culmine della salita, invece di godere semplicemente del panorama, estrae dal suo zaino un volume delle Confessioni di Sant’Agostino, confermando così che ogni esperienza, anche la più sublime, doveva essere mediata e riflessa attraverso la lente dei grandi testi.
Questo gesto simbolico indica chiaramente quanto la sua vita fosse intrecciata indissolubilmente con i libri. Non c’era un solo momento della sua esistenza che Petrarca non sentisse il bisogno di filtrare attraverso il patrimonio letterario, quasi che il mondo reale fosse incompleto o imperfetto senza il conforto delle pagine scritte.
Petrarca e la gloria letteraria
Petrarca, a differenza di Dante, che si vede come un profeta poetico, è ossessionato dalla gloria letteraria. Nelle sue opere latine, come nell’epistolario e nei Trionfi, il poeta riflette su quanto sia importante per lui lasciare una traccia eterna attraverso la sua scrittura. L’amore per la letteratura diventa quindi anche un mezzo per vincere la morte, per sfuggire all’oblio che minaccia ogni vita umana.
In un certo senso, possiamo dire che Petrarca percepisse la letteratura come una forma di immortalità. Le sue lettere e le sue opere erano destinate non solo a comunicare con i contemporanei, ma anche a raggiungere le generazioni future, consolidando la sua posizione nella storia della cultura.
Conclusione: il letterato ossessivo
Dunque, per Petrarca, la letteratura non era un semplice passatempo o una professione: era tutta la sua esistenza. Ogni sua scelta, ogni suo pensiero, ogni sua azione sembrano filtrati dal rapporto con i testi. I suoi stessi conflitti interiori, sia che si trattasse della tensione tra la vita mondana e l’ascesi spirituale, sia che riguardassero il desiderio di gloria, trovano sempre espressione attraverso la parola scritta.
Si potrebbe quasi dire che Petrarca fosse schiavo della letteratura, al punto da sacrificare perfino la propria pace interiore per inseguire quella perfezione letteraria che tanto desiderava, ma che sembrava sempre sfuggirgli. E forse è proprio questo che lo rende uno dei padri dell’umanesimo: il riconoscimento che la condizione umana è inestricabilmente legata al sapere e alla letteratura, a quel continuo desiderio di conoscenza che non si può mai appagare del tutto.