Roberto Vecchioni
27 Gennaio 2019Relazione su L’amico ritrovato di Fred Uhlman
27 Gennaio 2019di Beffe Fenoglio
Luigi Gaudio
Questa è l’ultima opera di Fenoglio
Scritto nel 1960, viene pubblicato postumo nel 1963 (anno della sua morte), dopo tutte le altre sue opere:
- dopo Il partigiano Johnny, grande romanzo, lungo e originale, opera caratterizzata da un pastiche linguistico italiano-inglese dal realismo della descrizione della lotta partigiana, per nulla epica, piuttosto costellata anche di errori;
- dopo La malora il romanzo della denuncia sociale dei problemi storici della sua terra;
- dopo il racconto abbastanza lungo (ma non come questo) de I ventitré giorni della città di Alba (anche questo più realistico e drammatico che trionfalistico);
Fenoglio ritorna per l’ultima volta sul suo tema fondamentale: la storia della resistenza vissuta in prima persona, con tutti i risvolti e le implicazioni mostrate senza veli.
Lo stile
Lo stile dell’autore è molto versatile, spesso parole colte si incontrano e scontrano con altre più dialettali, ma è sempre evidente una sistematica attenzione per chi parla, perché le parole siano in accordo con il suo stato sociale. Così impariamo il gergo dei partigiani beccare-scorciare-pompare” e li sentiamo bestemmiare senza riserva, oppure ridiamo dell’eccessiva civetteria nelle parole di Fulvia gloriosamente-è un dio-meravigliosamente”. Quando invece parlano i contadini ricorrono paragoni e termini di riferimento tratti dalla realtà di ogni giorno: paragoni con il mondo animale (potevano sparagli come a una lepre, scendevano come bisce) oppure espressioni proverbiali (sicuro come la morte).
Importante anche l’inglese, negli improbabili neologismi dei partigiani fottuted boys”, nelle ostentate frasi di Fulvia he dances divinely” e nella canzone che fa da sfondo alla vicenda Over the Rainbow” che è probabilmente un rimando al titolo pensato da Fenoglio per il romanzo (Lontano dietro le nuvole), ma già scartato dall’editore.
Il genere letterario
Come sempre, quando si tratta di capolavori, questo libro non si lascia incasellare dentro una categoria che potrebbe solamente ridurlo: romanzo neorealista, di carattere, di formazione, giallo, di guerra, di resistenza, d’amore? Una questione privata è anzitutto ricerca, ricerca di conferme, di un amico, di una donna, ricerca di una felicità forse impossibile.
Narratore esterno a focalizzazione interna
La vicenda è raccontata in terza persona da un narratore esterno, che tuttavia non è onnisciente in quanto si limita a raccontare le azioni e a descrivere i personaggi, non esplicita la propria presenza e non esprime giudizi personali. Pur essendo il narratore esterno, il suo punto di vista coincide per tutta la vicenda con il punto di vista di Milton, la focalizzazione è quindi interna, gli occhi del narratore sono in realtà gli occhi di Milton.
Piani temporali
Se la vicenda si svolge in pochi giorni (quattro) nel novembre 1944 (passati da una mese i 23 giorni di ottobre” Alba in mano ai fascisti), numerosi sono i flashback sia riguardo le relazioni fra i giovani un anno e anche due anni prima, fino al 1942 (ricordi sfuocati e quasi allucinati), sia le storie di vita partigiana, raccontate spesso a Milton da altri compagni, ma talvolta anche da lui.
Chiedo scusa se parlo di Fulvia
Permettetemi di fare un accostamento, e di spiegare perché lo faccio. Nel sessantotto ( e nel decennio successivo) si pone prepotentemente una nuova questione civile e politica, un’urgenza di cambiamento della società della politica italiana (contro il regime democristiano, definito regime dai giovani del tempo) e non solo (vedi Vietnam, Cambogia), una questione civile che metteva assolutamente in secondo piano qualsiasi questione privata, retaggio di una concezione egoistica e borghese, contraria ad un impegno etico e civile.
Di fronte a questa categoricità il genio dell’artista controcorrente Giorgio Gaber sintetizza nella canzone Chiedo scusa se parlo di Maria” l’urgenza del livello personale, del sentimento, dell’amore per una donna”. Mi sembra che, mutatis mutandis, la situazione descritta da Fenoglio in questo romanzo sia analoga.
Il romanzo di Fenoglio è autobiografico?
Ma certo. Milton è un partigiano badogliano, ha 22 anni, opera sulle langhe tra Mango e Treiso, è un partigiano che studia inglese come Fenoglio. E’ pur vero che Milton traduce versi in inglese per la sua ragazza, e poi la sua vicenda si chiude diversamente rispetto a quella di Fenoglio, senza voler dire cosa gli succede, rimane una sottile distanza tra protagonista e autore.
Milton e Ivan nella villa
Tutta la prima parte del romanzo è un continuo alternarsi di piani temporali, tra il presente della lotta partigiana e il passato dei (pochi) momenti di amore vissuti insieme tra Milton e Fulvia.
Milton e Ivan stanno facendo ritorno a Mango, sede della loro brigata. Alla periferia di Alba (che è in mano ai fascisti) passano proprio là dove si trova la villa di Fulvia. Ivan non vorrebbe fermarsi, ma Milton gli chiede cinque minuti, perché è da tanto tempo che non rivede il posto. Così, mentre Ivan rimane di vedetta, Milton si avvicina alla villa di Fulvia ed inizia anche a ricordare.
Over the rainbow
Una delle cose che Milton ricorda con nostalgia è il disco della canzone Over the rainbow”, colonna sonora de Il mago di Oz, che lui ha regalato a Fulvia privandosi delle vitali” sigarette inglesi per un po di tempo, pur di godere con lei dell’ascolto di questa bellissima canzone.
Milton è quindi un po anglofilo, come il Johnny de Il partigiano (e come Fenoglio): ciò testimonia il suo legame con la cultura nordamericana. I due ascoltano la canzone per 28 volte, che poi ritorna più volte nella narrazione come un leitmotiv (Milton la canticchia mentre sta attraversando le colline). E’ da ricordare il fatto che in una lettera all’editore Garzanti Fenoglio aveva espresso il desiderio che questo romanzo si intitolasse Lontano dietro le nuvole”, una frase tradotta dalla canzone Over the rainbow”. Questo indica che il testo della canzone è una chiave di lettura dello stesso romanzo: sopra l’arcobaleno” è uno slancio testimoniato dal salto di un’ottava dell’inizio della canzone, un anelito alla fine della guerra (l’arcobaleno dopo la tempesta) e alla pace.
Il colloquio con la governante
Quando Milton arriva alla villa di Fulvia, non la trova, perché è tornata a Torino, dal momento che quelle colline ormai sono ben più pericolose della città sottoposta a bombardamenti meno frequenti.
Giorgio Clerici, che è coetaneo, amico e compagno di studi di Milton, ha fatto conoscere Fulvia a Milton: gliene ha parlato per la prima volta nello spogliatoio di una palestra.
Milton si è innamorato di lei, ma lei non sembra corrispondere al suo amore.
In una parola, Fulvia ammira Milton per le sue capacità poetiche e letterarie, è perfino incuriosita e divertita da lui, ma non è innamorata di lui. Fulvia ci appare perfino crudele quando illude” Milton promettendogli il suo amore eterno in versi latini, contraddetti dalla realtà dei fatti.
Dobbiamo anche ricordare che Fulvia è sedicenne, mentre Milton ha ventidue anni. Tenendo conto di questo, ci si spiega anche perché è così impulsiva, capricciosa e spensierata.
Inoltre Milton scopre che lei non ha portato con sé a Torino un libro di Thomas Hardy, lasciandolo invece lì in quella villa, tra i libri dimenticati, sacrificati”. Questo per lui è come un pugno alla bocca dello stomaco”.
La custode della villa fa entrare Milton nella villa , ma insinua il sospetto che Fulvia si sia innamorata proprio di Giorgio, un giovane più ricco e bello di lui. Fulvia glielo diceva spesso, un po scherzando, che lui era brutto, un tipo, diciamo così. Infatti nel romanzo, viene descritto così:
Milton era un brutto: alto, scarno, curvo di spalle. Aveva la pelle spessa e pallidissima, ma capace di infoscarsi al minimo cambiamento di luce o di umore. A ventidue anni, già aveva ai lati della bocca due forti pieghe amare, e la fronte profondamente incisa per l’abitudine di stare quasi di continuo aggrottato.
I capelli erano castani, ma mesi di pioggia e di polvere li avevano ridotti alla più vile gradazione di biondo. All’attivo aveva solamente gli occhi, tristi e ironici, duri e ansiosi, che la ragazza meno favorevole avrebbe giudicato più che notevoli. Aveva gambe lunghe e magre, cavalline, che gli consentivano un passo esteso, rapido e composto”
La vecchia custode riferisce degli incontri notturni fra Fulvia e Giorgio. Anche se questi incontri forse si sono interrotti bruscamente, tutto fa pensare che Giorgio e Fulvia abbiano avuto, e forse hanno ancora, una relazione amorosa.
Questo per Milton diventa una questione importante, fondamentale, il problema della vita, una questione privata appunto, che si sovrappone a quella pubblica/civile della guerra contro i fascisti, ma che non può essere ignorata. Non c’è questione civile che tenga, se non viene garantito il diritto dell’uomo ai sentimenti, alla sua identità. Insomma, si chiede Milton, qual è il rapporto che si è instaurato tra Fulvia e Giorgio, che pure è un suo grande amico? Andrò a chiederlo a Giorgio. Lo sanno in tre: lui, Fulvia e il Padreterno, se c’è. Giorgio dovrà dirmelo. E non mi dica che son fatti suoi e di Fulvia. Io ne ho il diritto, tanto lho amata e lamo. Me lo dovrà dire”. Che cosa può interessare ad un giovane di venti anni circa come Milton, se non sapere se è amato oppure no dalla donna che lui ama? Milton è spinto dall illusione che non ci sia stata una storia tra Giorgio e Fulvia. Il fallimento del suo amore per Fulvia sarebbe una catastrofe: è una questione di verità, ne va di mezzo il destino, il senso della sua vita. Non c’è solo la Resistenza, quella con la R” maiuscola, di cui Milton è protagonista, ma anche quella con la r” minuscola, resistenza come modo di essere, resistere forse di fronte all’evidenza, comunque resistere per la necessità di credere in qualcosa, per la fede” (una fede quasi cieca) nell’amore. Il fatto è che più niente mi importa. Di colpo più niente. La guerra, la libertà, i compagni, i nemici. Solo più quella verità”. E ancora: La verità su Fulvia aveva la precedenza assoluta, anzi esisteva essa sola”.
Il ritorno nella brigata
Milton è talmente preso dalle notizie appena ricevute dalla custode che corre all’impazzata (e Ivan fa fatica a stagli dietro) e rischia di saltare in aria sulle mine messe in un ponte, se Ivan non gli grida di fermarsi.
La cattura di Giorgio
Ciò che spinge Milton è la ricerca della verità” che può soddisfare solo Giorgio. Così Milton domanda a Leo, il suo capo, con una scusa, il permesso di assentarsi per mezza giornata per scendere in paese (a Mango). In realtà inizia le sue ricerche, andando verso l’altra brigata di partigiani nella quale si sarebbe dovuto trovare Giorgio. Sta con loro una giornata intera nell attesa che rientri Giorgio, ma poi viene a sapere che, a causa della fitta nebbia, Giorgio è stato catturato dai fascisti e portato ad Alba (la città che è stata dei partigiani solo per 23 giorni, come ben sappiamo) e probabilmente sarà fucilato.
La nebbia
Non a caso Giorgio è catturato a causa della nebbia, grigia, senza colori, (più volte ne parla paragonandola al latte, bianca come il latte) che è un simbolo della mancanza di chiarezza sulla sua questione privata”, del velo opaco che si stende sulle cose, e offusca l’intelletto.
Giorgio Clerici
E’ l’amico di Milton, che si è fatto beccare al bivio di Manera dai fascisti, ed è stato imprigionato, studente universitario come Milton, si può permettere, da partigiano, il latte con il miele, oppure di indossare il pigiama da seta quando dorme sulla paglia con gli altri partigiani.
Eppure, malgrado le differenze, malgrado la fortuna in amore, Giorgio è complementare a Milton. Se Milton adesso ha solo Giorgio in testa, anche Giorgio era un partigiano un po particolare, non ha legato molto con gli altri, e pareva sopportare il solo Milton, coabitava solo con Milton, ecc”
Il contadino
L’unico testimone dell’arresto di Giorgio è un contadino, che riferisce subito tutto ai partigiani. Milton lo assilla facendosi raccontare tutto per filo e per segno più volte. Quasi non può credere che Giorgio sia stato preso: è troppo crudele questo, perché Giorgio è l’unica persona che può risolvere i suoi dubbi e sospetti.
La riunione dei capi
Milton propone ai capi della divisione di trovare un prigioniero da scambiare con i fascisti, per liberare Giorgio, ma di prigionieri non ce ne sono proprio (l’ultimo era stato fucilato due giorni prima).
I rossi
Allora Milton va addirittura dai rossi” della Brigata Garibaldi, che occupano un’altra collina, per chiedere loro se hanno un prigioniero fascista da prestare” agli azzurri per fare lo scambio.
I rapporti tra i due gruppi non sono sempre facili tra rossi e azzurri, perché gli azzurri beneficiano dei lanci di viveri e munizioni dagli aerei alleati. Eppure Milton ha numerosi rapporti e conoscenze con alcuni dei rossi (lo stesso Fenoglio era stato dei partigiani comunisti, prima di passare ai badogliani).
La speranza è sempre l’ultima a morire: non bisogna interrompere la ricerca del vero, anche se molte volte non si riesce a raggiungerlo affatto. E spesso, per poter lottare in nome della giustizia e della verità, bisogna collaborare e combattere contro un nemico comune, indipendentemente da distinzioni di qualsiasi tipo.
Loro gli raccontano di un caporale che era stato prigioniero una settimana prima, ma che poi era stato fucilato, come sempre accadeva ai prigionieri capitati nelle mani dei partigiani comunisti.
Interessante il dialogo con Paco, che gli dice l’importante non è essere rossi o azzurri, l’importante [dice Paco con un’espressione non priva di colorito popolare] è scorciare qualche fascista, tanti quanti ce né”.
Milton, un po sfiduciato, spiega loro che andrà allora a Canelli, proprio nel covo dei lagunari san Marco, tra i più temibili dei repubblichini, a cercare di prendere un nemico da scambiare con Giorgio.
La vecchia
Cera una vecchia che dava sempre da mangiare ai partigiani quando passavano da lei. Passando da casa sua, Milton si ferma, racconta di uno scontro fra partigiani e fascisti, la battaglia di Verduno, di qualche tempo prima, e la vecchia gli dà qualcosa da mangiare, e gli racconta dei sue figli morti di tifo più di dieci anni prima. Nel dialogo con la vecchia c’è la previsione che la guerra finisca a maggio.
Milton lascia poi la sua divisa alla vecchia, che la nasconde nel suo pozzo, e proseguendo (in borghese, ma armato) la strada verso Canelli incontra un vecchio, al quale promette di ammazzare tutti i fascisti una volta che arrivi quel” giorno della liberazione.
La pioggia e il fango
Un altro elemento che ricorre più volte (ed aumenta sempre di più verso la fine del romanzo) è la pioggia che trasforma il terreno, rendendolo più fangoso. Ad un certo punto gli scarponi affondano nel fango che pian piano arriva a ricoprire l’intero suo corpo. Il suo tacco apriva nel fango piaghe lunghe, profonde e lustre”. Le avversità naturali sono proiezione del suo stato d’animo
Un’altra vecchia: quella della vigna
Passando in una vigna, Milton spiana la pistola quando intravede un’ombra al suo fianco, ma si accorge che è la vecchia proprietaria, che parla sottovoce. Racconta a Milton che ha tutti i suoi figli tra i rossi, e gli dà un po di pane con del lardo, ma anche un filo” importante per le sue ricerche, cioè una soffiata. Tutti i pomeriggi all’una o alle sei un sergente fascista ha degli incontri amorosi con una donna di quel paese. A Milton basta così appostarsi, minacciare con la pistola il sergente, fargli alzare le mani e condurlo via. Ed effettivamente il piano di Milton si realizza perfettamente, fino a quando però il sergente fa uno scarto di lato, per fuggire, gesto che costringe Milton ad ucciderlo, facendo svanire quindi il possibile scambio con Giorgio.
Per rappresaglia i fascisti fucilano due staffette partigiane, tra cui Riccio, un giovane quattordicenne che era stato catturato e condannato quattro mesi prima ed era convinto ormai che la sua condanna a morte fosse stata dimenticata. Quando Riccio viene a sapere dai fascisti che muore perché qualcuno ha ucciso un sergente fascista sulla collina di fronte, lo maledice.
Il ritorno nella sua brigata
Sconsolato, Milton ritorna dai suoi, passando da Trezzo. Chiede informazioni su Giorgio, ma nessuno sa se sia stato fucilato o no. Qualcuno insinua che Giorgio non sia un vero antifascista, poiché si è lasciato catturare e non ha affrontato la morte pur di non essere portato ad Alba. Ma a questo punto Milton, che sente offeso non solo l’amico, ma anche Fulvia, che sa di essere legata a Giorgio, anche se ancora non ha verificato fino a che punto, ricorda e racconta di come una sera, quando ancora erano ragazzi borghesi” andando al cinema, sentendo un po di trambusto all’ingresso, Giorgio si voleva buttare giù dalla galleria pur di non essere preso dai fascisti. Poi però Milton l’aveva fermato, anche perché il trambusto non era dovuto ai fascisti, ma a un tentativo di furto al botteghino.
Matè racconta allora di una maestra punita perché faceva propaganda contraria. Dopo essere stata diffidata, poiché quella maestra aveva detto in piazza che i fascisti dovevano sterminare tutti i partigiani con la mitraglia o il lanciafiamme, una spedizione punitiva arriva a casa sua.
Alla fine la maestra non viene fucilata, come voleva lo spagnolo Alonso, ma tosata” a dovere, alla maniera dei titini, perché si era augurata che i fascisti facessero fuori tutti i partigiani con il lanciafiamme.
Di nuovo verso la villa di Fulvia
Milton, comunque, pensa solo ad una cosa, quindi si dirige là dove è il suo cuore, cioè dove è anche iniziato questo racconto, in una parola alla villa di Fulvia. Prima di arrivarci, però, viene sorpreso da una cinquantina di fascisti che passavano proprio da quelle parti. Inizia così un febbrile inseguimento, durante il quale Milton ha il tempo ancora per pensare a Fulvia, Il suo chiodo fisso”, quasi incolpandola di quello che sta accadendo. All’inizio del romanzo aveva pensato Fulvia tu mi uccidi” in senso morale e sentimentale, adesso ripensa la stessa cosa, ma con un rischio ben più materiale: i fascisti alle sue calcagna (se Milton non si fosse arrischiato ad avvicinarsi di nuovo a quella villa, non sarebbe stato sorpreso dai fascisti).
La tensione di questo ultimo capitolo è altissima, e si frange contro un muro, come la vita di Milton.
Inizia qui una fuga: ma siamo sicuri che Milton fugga solo dai fascisti? Milton cerca davvero la verità su Fulvia, o fugge da essa? Non sarebbe stato più semplice arrendersi all’evidenza?
Comunque, con i fascisti alle sue calcagna, la tensione è palpabile, altissima (sottolineata perfino dalle figure retoriche, come lanafora Correva correva correva”. L’esistenza di Milton si frange contro un muro, come la sua anima, priva di Fulvia. La distruzione di Fulvia è anche la sua distruzione. Fulvia non è comparsa mai in prima persona, eppure è più presente di tutti gli altri, è il TU che dava consistenza all’io, ha sostenuto l’energia di vita di Milton, fino a quando ciò è stato possibile. Io ho l’anima di Fulvialo so, lo credo, se cessassi di crederlo sarei morto”
Finale aperto?
Poiché l’opera è stata pubblicata postuma, noi lettori non possiamo neanche sapere con certezza se il cap. XIII sia davvero l’ultimo della vicenda pensata dall’autore. Il crollo di Milton è una morte definitiva, fine degli affanni e dei dubbi che ormai pesavano troppo sulla sua fragile mente da letterato, oppure uno svenimento temporaneo che presuppone un imminente risveglio? Di certo nessuno risponderà alle nostre domande, la nostra fantasia sarà libera di colmare da sola, a suo piacimento, il vuoto lasciato dall’autore.