Start
27 Gennaio 2019A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia
27 Gennaio 2019di Italo Svevo
Relazione di narrativa di Marco Barera
BIOGRAFIA
1861-80
Aron Hector Schmitz, il futuro Italo Svevo, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da Francesco Schmitz (figlio del funzionario imperiale austriaco Adolfo Schmitz e della trevigiana Rosa Macerata) e da Allegra Moravia, quinto di otto figli: Paola, Natalia, Noemi, Adolfo, Ettore, Elio, Ortensia e Ottavio.
Con la prospettiva di inserirsi nella fiorente economia della città, Ettore venne avviato, insieme ai fratelli Adolfo ed Elio, agli studi commerciali presso il collegio di Segnitz, in Baviera; li apprese il tedesco, si dedicò alla lettura della narrativa ottocentesca allora più in voga (Zola, Balzac, Maupassant) e conobbe la filosofia di Schopenhauer. Ultimati gli studi in Baviera fece ritorno a Trieste e si iscrisse all’Istituto Pasquale Revoltella” con lo scopo di perfezionare le proprie conoscenze nella tecnica aziendale e bancaria: tuttavia i suoi interessi letterari stentavano a conciliarsi con le materie commerciali, alle quali si era dedicato soprattutto per il volere del padre.
1880-85
Nel 1880, dopo il fallimento della ditta paterna, Schmitz ottenne un impiego nella filiale triestina della Banca Union” di Vienna: cominciava in questo modo un lungo periodo, di quasi venti anni, durante i quali egli divise le proprie energie tra la quotidianità di un lavoro ripetitivo, ma condotto con scrupolo ed estrema serietà, e gli approfondimenti letterari, la grande passione per il teatro, le collaborazioni giornalistiche, l’esperienza di un coraggioso esordio narrativo. Sono di questi anni i lunghi pomeriggi trascorsi nella Biblioteca civica alla ricerca di quella lingua italiana che, a causa della sua formazione e della singolare collocazione triestina, egli raggiunse e conquistò soltanto attraverso un progressivo contatto con la tradizione.
1886-95
Nel 1886 conobbe il pittore Umberto Veruda (1868-1904) che più tardi rappresentò nella figura del Balli, in Senilità. Con lo pseudonimo di Italo Svevo usciva intanto il primo romanzo, Una vita”, che non suscitò tuttavia molto interesse presso la critica. Per conto del quotidiano Il Piccolo” iniziò a tenere lo spoglio della stampa estera e, sempre nello stesso periodo, ricoprì la direzione dell’Unione Ginnastica e tenne l’insegnamento di corrispondenza commerciale presso l’Istituto Revoltella.
1896-98
Nel 1896, dopo un breve fidanzamento (scrisse in questo periodo un curioso Diario per la fidanzata), Ettore sposò la cugina Livia Veneziani, di molti anni più giovane di lui. Proseguiva intanto l’interesse per il teatro e la narrativa: nel 1897 Ettore venne infatti assorbito dalla composizione di Senilità”, pubblicato dapprima a puntate sullIndipendente” e quindi in volume nel 1898.
1898-1928
All’insuccesso del secondo romanzo fece seguito l’abbandono dell’impiego in banca. Ettore decise di dedicarsi alla ricca impresa commerciale del suocero (che possedeva una fabbrica di vernici), precedendo di poco anche la rinuncia all’attività” letteraria. Il lungo periodo compreso tra Senilità” e la Coscienza di Zeno” (1923) fu da Ettore in gran parte dedicato alla fabbrica, ai numerosi viaggi daffari (in Francia e, soprattutto, a Londra), all’ambiente familiare (nel 1897 era nata intanto la figlia Letizia), senza tuttavia tralasciare lo studio e la scrittura, sempre più confinata però in una dimensione privata, quasi introspettiva. Questa parentesi venne interrotta nel 1906 dall’amicizia che lo scrittore triestino strinse con il giovane James Joyce, e che precedette di poco un’altra grande scoperta, quella della psicanalisi. Tanto il confronto letterario con lo scrittore irlandese, quanto la conoscenza di Freud esercitarono su Svevo un profondo rinnovamento nella forma e nella struttura del discorso narrativo, e si rivelarono pertanto decisivi in vista della composizione della Coscienza di Zeno”. Lo scrittore lavorò a questo romanzo a partire dal 1919, al termine del primo conflitto mondiale, e lo pubblicò nel ’23 presso l’editore Cappelli di Bologna. Dopo un iniziale disinteresse, il libro ottenne uno strepitoso e inaspettato successo di critica, in particolare in Francia, dove la qualità e i meriti della Coscienza vennero difesi da Joyce (che nel 1922 aveva pubblicato l”Ulysses”). Si apriva in questo modo anche in Italia il caso Svevo” e insieme l’ultima fase della scrittura sveviana, in cui le tematiche del terzo romanzo si incrociano con altre suggestioni, in vista di un ulteriore sviluppo della narrativa e del teatro. La vecchiaia, il senso di una morte incombente, la dimensione del non-finito (molti racconti sono volutamente lasciati incompiuti), la malattia e il desiderio di una rigenerazione dell’organismo si ritrovano nelle opere di questa ultima, purtroppo breve, fase dell’esperienza sveviana: nei racconti Una burla riuscita”, La novella del buon vecchio e della bella fanciulla”, Corto viaggio sentimentale”, Vino generoso”, nei testi teatrali Inferiorità”, Con la penna doro”, La rigenerazione”, nel progetto del quarto romanzo incompiuto per il quale Svevo aveva realizzato molti frammenti Umbertino”, Il mio ozio”, Il secchione”, Le confessioni del vegliardo”. Questo progetto rimase purtroppo incompiuto a causa della improvvisa morte dello scrittore, avvenuta il 13 settembre 1928, in conseguenza di un incidente automobilistico.
RIASSUNTO
Il romanzo Una Vita (composto tra il 1887 ed il 1889 ed ambientato a Trieste) narra la vicenda di Alfonso Nitti, impiegato presso la ditta Maller dotato di una certa cultura umanistica ed improbabili ambizioni di scrittore. Egli vive in una camera che ha preso in affitto e soffre per la monotonia e lo squallore della propria esistenza. L’occasione di mutare la propria vita e di realizzare le sue ambizioni gli si presenta quando la figlia del signor Maller, Annetta, su suggerimento del colto cugino Macario, prima invita Alfonso a partecipare alle serate letterarie che tiene in casa propria e poi lo sceglie per scrivere un romanzo a quattro mani. Annetta, per noia e capriccio, accetta la corte di Alfonso e s’invaghisce di lui. Con la complicità, poco spontanea, di Francesca, governante ed amante del signor Maller, Alfonso riesce a sedurre la vanitosa figlia del principale, ma immediatamente scopre di non provare dalla relazione quella gioia che immaginava. Così, dopo una notte d’amore, rifiuta il suggerimento di Francesca di star vicino ad Annetta per sfruttare la situazione e combinare il matrimonio, e fugge al paese natale col pretesto d’assistere la vecchia madre, che poi scoprirà veramente sofferente di una grave malattia alla quale non sopravvivverà. La lunga assenza sarà fatale ad Alfonso; infatti, Annetta, passato l’entusiasmo del momento, si fidanza col cugino Macario. Al suo ritorno Alfonso oscilla tra rassegnazione, orgoglio per aver rinunciato ad un amore d’interesse e delusione per vedersi nuovamente risucchiato nella squallida vita di sempre. In ditta viene messo da parte e trasferito ad un incarico meno remunerativo. Perde quindi il controllo della situazione: affronta il Maller con minacce fittizie, e cerca di rivedere Annetta, ottenendo però solo di venire sfidato a duello dal fratello di lei. Vedendosi ormai perduto non gli resta che un atto estremo: il suicidio.
TEMPO DELLA STORIA
Nel romanzo non ci sono riferimenti storici a differenza del romanzo naturalista-verista. A Svevo interessa delineare semplicemente una vita e le sue caratteristiche, non avrebbe senso datarla in modo preciso. E vero però che ci sono alcuni riferimenti letterari a scrittori ad Alfonso contemporanei (Balzac), tecnologici (si cita il treno, non c’è energia elettrica), da ciò deduciamo che la vicenda possa essere ambientata verso la fine del 1800.
La vicenda dura poi circa tre anni che sono scanditi dai turni di ferie degli impiegato e dall’arrivo dell’inverno.
TEMPO DELLA NARRAZIONE
Il tempo del romanzo scorre in modo non uniforme. Ci sono momenti in cui scorre lento (il primo giorno in banca, la prima passeggiata) in altri momenti invece si procede per sintesi (il lavoro in banca, gli studi in biblioteca, i tentativi di traduzione filosofica). La caratteristica principale dello scorrere del tempo nel racconto è la lentezza: nel romanzo succedono ben pochi eventi significativi, la vita di Alfonso è ripetitiva, il tempo è dilatato dalle continue riflessioni del protagonista; dopotutto queste sono le caratteristiche del romanzo della prima parte del ‘900, sull’azione prevale la riflessione.
SPAZIO
Nel romanzo la descrizione degli ambienti è in relazione allo stato d’animo del protagonista quindi, per quanto riguarda gli esterni: Trieste è una città squallida e grigia in relazione all’oppressione che prova Alfonso, i dintorni di Trieste sono invece visti in modo positivo, luogo demozione, la campagna da dove Alfonso proviene è vagheggiata ma quando la ritrova il vagheggiamento cessa.
Questo vale anche per gli interni: casa Maller appare bella, sfarzosa al protagonista che oppone quella casa a quella dei Lanucci, tuttavia dice Svevo:”un occhio più esercitato avrebbe scorto in quelladdobbo qualche cosa di eccessivo, ma era la prima volta che Alfonso vedeva di tali ricchezze e si lasciava abbagliare”; sono anche descritti l’ambiente della banca e la sua casa in campagna ormai in decadenza. Lo stesso discorso vale anche per la natura, c’è una corrispondenza tra stato d’animo e paesaggi, la natura è serena durante le passeggiate, è invece nemica, quando la madre muore.
Macario inoltre, riferendosi alla natura, delinea due concezioni opposte di vita: coloro che lottano per essa e coloro che la subiscono, vi è un chiaro confronto tra vincenti e perdenti.
Macario infatti paragona i vincenti agli uccelli mentre i perdenti sono i pesci che si lasciano divorare dagli uccelli.
ANALISI DEI PROTAGONISTI
Alfonso
IL protagonista si presenta per la prima volta nella lettera iniziale alla madre dove appare con chiarezza come la città, la banca, la società in cui è costretto a vivere siano per lui ostili e brutali ed emerge subito la sua tendenza ad autocompatirsi, la sua incapacità di lottare e vivere nella società; quando viene invitato a casa Maller prepara in anticipo vuoti discorsi ma una volta in salotto è imbarazzato, vuole fuggire, non riesce a dire ciò che avrebbe voluto. Egli sogna di diventare un grande scrittore, sogna dei diventare un grande filosofo, immagina Annetta come una dea. Questo continuo contrasto tra sogno e realtà accentua un’altra caratteristica del personaggio tipica dell’inetto di Svevo: il sopraggiungere della malattia, del malessere che è indice di disadattamento da cui Alfonso si solleva solo parzialmente con le evasioni fuori città, esce da un senso di inferiorità che sente con le persone che percepisce a lui superiori.
Per Alfonso anche la decisione del suicidio è associata al sogno, la lettera finale ci fa capire come è finita una delle tante esistenze anonime segnate dal fallimento e da una tragica impotenza.
Annetta
Annetta ci viene presentata con caratteristiche comuni anche ad altre donne protagoniste dei romanzi di Svevo: donna disinvolta, che si concede e poi si nega.
E una donna annoiata dalla vita che conduce e deve sempre trovarsi nuovi svaghi come per esempio la musica o la letteratura, tutti questi passatempi vengono però portati avanti con scarso interesse e altrettanto scarso profitto.
E con la scrittura del libro che Annetta mostra tutte le sue differenze da Alfonso, l’idea di Annetta è piuttosto prevedibile attinge alle risorse più banali con duchi, industriali e limmancabile, scontato lieto fine; ella è poi vanitosa, testarda, orgogliosa, superba e ben consapevole della propria superiorità nei confronti di Alfonso.
Gli altri personaggi sono: il signor Maller, i colleghi di Alfonso (White, Miceni, Ballina, Sanneo), Macario (il cugino di Annetta), il signor Lanucci, la signora Lanucci, Lucia (figlia dei Lanucci), Gustavo (figlio dei Lanucci) Francesca, Santo, la madre di Alfonso, e alcuni compaesani del protagonista.
TEMI
La figura dell’inetto
Un ruolo centrale nella narrativa di Svevo è occupato dalla figura dell’inetto. Linetto si contrappone all’esteta, infatti si sente inadatto a vivere poiché non riesce ad aderire alla vita, non ha valori in cui credere, non ha scopi, non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, quindi non riesce a dare un senso alla propria vita. Inoltre l’inetto si sente malato di quella malattia che è il disagio del ‘900: l’incapacità di provare sentimenti, che provoca nell’uomo un intenso alone di tristezza e di infelicità. Linetto quindi, è sempre un eroe sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto simile ai personaggi vinti rappresentati da Verga, ma esiste una notevole differenza: mentre la sconfitta dei vinti era da imputare esclusivamente all’ambiente, il fallimento dell’inetto è da ricondurre alla frattura venutasi a creare tra l’io e la realtà e all’interno dell’uomo con la scoperta dell’inconscio. Tutti i personaggi protagonisti dei romanzi di Svevo sono quindi degli inetti. Questa è la figura letteraria, il tipo di personaggio che viene consegnato alla letteratura del Novecento.
Linetto è incapace di vivere come gli altri” e di fare come gli altri”, reagisce alla sua incapacità rifugiandosi alternativamente nellalibi della propria superiorità intellettuale o nei sogni di una vita improbabile, densa di azioni clamorose e di gesti eccezionali.
Alfonso prima si sente vivo perché seduce Annetta, poi ha paura di tuffarsi nella vita e si autoinganna e inganna gli altri con l’ipocrisia del sacrificio. Egli cioè maschera la decisione di scappare lontano dalle responsabilità e dalla lotta con la scusa di sacrificarsi per il bene di Annetta (è Annetta che gli chiede di allontanarsi; lui non vuole avere l’aria dellarrampicatore sociale ecc.). Poi, saputo che Annetta sposerà un altro, Alfonso spera di passare dal ruolo scomodo di traditore a quello, gradito, di abbandonato (è il ruolo che più soddisfa il suo desiderio di autocommiserazione e di pietà altrui). Questo ruolo lo mette al riparo dai rischi dell’esistenza, giustifica la sua rinuncia e lo colloca in uno stato in cui egli si sente felice, equilibrato, come un vecchio.”
E’ subito evidente uno scarto dal romanzo naturalista, poiché le cause della sconfitta di Alfonso sono ricondotte da Svevo non a ragioni esterne, sociali, ma interiori, a un suo modo di essere. Alfonso è sconfitto da qualcosa che ha dentro, anteriore ad ogni suo incontro con gli altri.
Spesso ritorna, nei momenti chiave, una parola: “lotta”. Alfonso non sa lottare, è un inetto. Un’altra tematica fondamentale dell’opera sveviana, strettamente legata al tema precedente, è la malattia; Svevo sostiene che i veri malati sono coloro che hanno delle certezze immodificabili su cui basano la propria esistenza e che non sanno analizzare se stessi, pertanto il confine fra sanità e malattia si assottiglia notevolmente, in un clima di malattia universale, in cui tutto è soggetto ad una generale degradazione, e questo atteggiamento è sintomo della crisi delle certezze che caratterizza l’inizio del ‘900.
Altre tematiche sveviane sono la morte e il suicidio, visti come una liberazione dalle sofferenze del mondo; Svevo parla anche di degenerazione, cioè vede ogni realtà della natura soggetta a crescita, decomposizione e morte, e di molteplicità dell’individuo, perché nelle sue opere mostra di essere cosciente della pluralità dei piani della psiche, dell’esistenza nell’individuo di aspetti di cui neanch’egli è pienamente cosciente, tutto ciò rende il soggetto multisfaccettato”.
LA DONNA E LAMORE
Una delle caratteristiche principali della figura dell’inetto è l’incapacità di provare sentimenti verso gli altri. I personaggi rappresentati da Svevo non riusciranno mai ad avere una relazione duratura, anche perché vogliono evitare quelle ovvie responsabilità derivanti da un matrimonio. Per esempio, l’amore di Alfonso per Annetta in “Una vita” è semplicemente un’occasione per elevarsi da quella condizione di inferiorità a cui il protagonista deve sottostare fin dalla nascita.