Non più pesci ma duomi
27 Gennaio 2019Le università italiane
27 Gennaio 2019Nella top 200 un solo ateneo
Il commento del ministro Gelmini, della pd Garavaglia, del rettore Calzolari
Salvo Intravaia, la Repubblica 16.2.2009
Gli atenei italiani perdono terreno nelle classifiche internazionali. Ma secondo il rettore dell’ateneo di Bologna non è solo colpa degli delle università nostrane. “Mancano i fondi e in futuro le cose peggioreranno” , dice Ugo Calzolari. Nel World university rankings 2008, il nostro sistema universitario piazza soltanto 7 atenei. Un anno prima, erano 9 le università italiane presenti nella top 400 e quasi tutte piazzate meglio rispetto al 2008. La graduatoria che mette in fila le migliori università del mondo, pubblicata alla fine del 2008, viene stilata annualmente dalla britannica The Times – Higher Education Supplement in collaborazione con QS (Quacquarelli Symonds) è alla sua quinta edizione.
Ai primi posti si piazzano università americane e inglesi. Secondo gli autori della classifica, al top dell’istruzione terziaria mondiale ci sono Harvard, Yale, Oxford e Cambridge. Gli atenei italiani fanno fatica a conquistare posizioni di prestigio e per trovarne una bisogna scorrere l’elenco quasi fino alla duecentesima posizione. E’ l’ateneo statale di Bologna, che oggi si ritrova al 192° posto mentre nel 2007 era al 173° posto, la punta di diamante dell’istruzione universitaria italiana. Altre sei università (Roma-La Sapienza, il Politecnico di Milano, gli atenei di Padova, Pisa e Firenze e l’università Federico II di Napoli) rientrano nella top 400. Una sostanziale bocciatura che arriva d’oltremanica proprio mentre in Italia si parla di lotta agli sprechi, tagli ai finanziamenti e ai Baroni.
“Bologna – spiega Calzolari – è nella top 200 per la sua reputazione accademica internazionale. Ma il numero di docenti e studenti stranieri dipende dalle nostre capacità economiche. All’estero i docenti guadagnano di più e ospitare studenti stranieri costa”. “La graduatoria – chiarisce Cristiano Violani, presidente del nucleo di valutazione del La Sapienza di Roma, che l’anno scorso figurava al 183° posto – si basa su parametri piuttosto semplici che spesso vengono dichiarati dalle stesse università. Ma quello che pesa maggiormente è il giudizio dei docenti universitari e dei datori di lavoro”. Ma una cosa è certa: “L’assenza sia di interventi, sia politiche basate su letture superficiali dei ranking – continua Violani – possono far arretrare l’Italia anche in punti di relativa forza”.
Per mettere in fila 400 università sparse nei cinque continenti sono stati presi in considerazione sei indicatori che puntano soprattutto sul livello qualitativo delle ricerche scientifiche condotte nei vari atenei e sulle opportunità di lavoro che si aprono agli studenti che riescono a laurearsi nelle più prestigiose università. Ma non solo: il punteggio complessivo attribuito alle prime 400 università prese in considerazione dipende anche dal giudizio di 6.354 accademici di livello internazionale e da 2.339 datori di lavoro del settore pubblico e privato sparsi in tutto il mondo. Per certificare quali sono le università che lavorano al meglio è stata presa in esame anche la presenza di docenti e studenti stranieri, due parametri che dovrebbero indicare il livello di attrattività degli atenei, il rapporto docenti/studenti e il numero di ricerche scientifiche più citate dai colleghi delle altre università.
Violani ci tiene a precisare tuttavia che “nel nostro paese il livello del servizio universitario è abbastanza omogeneo. Per rendersene conto basta guardare la classifica dei sistemi universitari dove l’Italia si piazza al 12° posto”. E per assegnare la leadership nei diversi ambiti disciplinari sono state predisposte cinque diverse classifiche (biomedico, artistico/umanistic o, delle scienze sociali, tecnologico e delle scienze naturali) con le migliori 100 università del mondo. In ambito tecnologico, dove primeggia il Mit (il Massachusetts institute of technology), il Politecnico di Milano, che affianca la Columbia university, si piazza al 63° posto. Nella speciale graduatoria relativa all’Europa i primi atenei italiani sono al 78° (Bologna) e all’85° posto (La Sapienza).
La bocciatura delle università italiane ha aperto l’ennesima polemica politica. “La classifica pubblicata dal Times – dichiara il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini – dimostra che il sistema universitario italiano vive una fase veramente difficile”. Secondo il ministro “i problemi sono strutturali e di sistema”. “Non sono – continua – come, qualcuno ha detto più per motivi di lotta politica che per una analisi tecnica della realtà, legati alla quantità di risorse che si investono nell’università . Questo è un falso problema”. La questione centrale “non riguarda quanto si spende ma come si spendono i soldi dei cittadini”.
“Davvero non si capisce – risponde il ministro ombra dell’università , Maria Pia Garavaglia (Pd), come si possa prendere a pretesto la classifica annuale del Times per giustificare la sciagurata politica che il governo sta infliggendo al nostro sistema”. Ma è possibile fare qualcosa per invertire la tendenza? “Basta guardare alla Francia di Sarkozy che ha dato il compito di rilanciare il sistema a 10 poli universitari e stanziato 5 miliardi di euro. In Italia basterebbe individuare 15 atenei che funzionano”, risponde il rettore dell’università i Bologna.