Telemaco Signorini
5 Agosto 2022San Cleto (Anacleto) papa
5 Agosto 2022Urbino è una città che trova il suo cuore nel Palazzo Ducale, testimone di una stagione irripetibile del Rinascimento, quando divenne capitale della cultura e dell’arte, ma non lasciatevi sfuggire gli altri suoi tesori:
Palazzo Ducale
Le finestre di Palazzo Ducale
recano lo stemma della famiglia Della Rovere e l’iscrizione FD o FE DUX che significano: Federico Duca di Montefeltro.
La stessa iscrizione la ritroviamo in ogni manufatto all’interno del Palazzo come camini e complementi d’arredo.
Cortile interno del Palazzo Ducale (due slide, una orizzontale e una verticale)
Fulcro del Palazzo di Federico, fu progettato e realizzato da Luciano Laurana tra il 1466 ed il 1472.
Particolari delle strutture architettoniche interne (camini e porte)
Finestre con sgabelli per sedersi ad ammirare il panorama
Galleria Nazionale delle Marche
Circa 80 sale di Palazzo Ducale sono state adibite a Museo ed ospitano le opere della Galleria Nazionale delle Marche. La collezione raccoglie opere dal 1300 al 1600, in prevalenza dipinti ma anche mobili, sculture, arazzi e disegni. Le opere principali si trovano al primo piano, divise tra gli appartamenti dove il Duca e la sua famiglia vivevano. Nell’appartamento del Duca ci sono due capolavori di Piero della Francesca: la flagellazione di Cristo e la Madonna di Senigallia. Seguono lo Studiolo del Duca e diverse sale di rappresentanza dove sono esposte la “Città Ideale”, la Comunione degli Apostoli di Giusto di Gand e la Profanazione dell’Ostia di Paolo Uccello. Non poteva mancare almeno un’opera di Raffaello (Ritratto di Gentildonna) accanto alla Resurrezione e all’ Ultima Cena di Tiziano. Al secondo piano sono esposte to opere del Cinquecento e del Seicento ai Barocci, Gentitescni, Guerrieri.
Quando: Lunedi: 8.30 – 14.00 (chiusura biglietteria ore 12.30) da martedì a domenica: 8.30 – 19.15 (chiusura biglietteria ore 18.00) Mai: Natale, Capodanno
Alcova di Federico
Il termine “alcova” con cui viene indicato questo cubicolo di legno in cui si suppone Federico da Montefeltro dormisse, deriva dall’arabo e significa “tenda o stanza matrimoniale”. All’interno infatti era collocato il letto vero e proprio. Fu realizzata da Fra’ Carnevale intorno al 1459-60 in occasione delle nozze del Duca con la giovanissima Battista Sforza.
Le pareti sono decorate con alberi e uccelli quasi a voler rappresentare un rigoglioso giardino.
L’alcova è stata ritrovata completamente smontata e si suppone che le pareti decorate fossero rivolte verso l’interno per dare appunto al suo ospite la sensazione di dormire in un giardino fiorito.
Questa ipotesi sembra essere confermata dal fatto che sui pannelli ci sono delle bruciature causate dalle candele usate per illuminare l’interno.
È stata poi rimontata “al contrario” per permettere a tutti di vedere i preziosi dipinti che la ornano.
Ritratto di Federico di Montefeltro
Realizzato da Pedro Barruguete, qui Federico viene ritratto con il figlio Guidobaldo, colui che gli succederà alla guida del Ducato e che fonderà l’Università di Urbino.
Sono evidenti le insegne dell’Ordine della Giarrettiera e la tiara papale a simboleggiare che era Gonfaloniere della Chiesa di Roma.
Anche qui il Duca è ritratto di profilo a nascondere l’occhio che aveva perso durante una giostra a cavallo.
Soffitto dello Studiolo – particolare 1
Stanza molto piccola e particolare nella parte alta 28 ritratti di uomini illustri dell’epoca.
I ritratti sono di Giusto di Gand e Pedro Barruguete. Solo la metà sono originali poiché molti sono al Louvre di Parigi.
Soffitto dello Studiolo – particolare 2
I personaggi rappresentati sono tutti morti tranne uno, Sisto IV della Rovere.
Studiolo: intarsi in legno 1
Lo studio è noto per la decorazione delle pareti e delle porte: completamente intarsiate.
Studiolo: intarsi in legno 2
Tutte le pareti dello studiolo sono piatte, ma sembra che ci siano degli sportelli aperti grazie ad una illusione ottica.
Studiolo: intarsi in legno 3
Sono rappresentati uno scoiattolo, simbolo di intelligenza e quindi di Federico, un cesto di frutta simboleggiante il benessere dei sudditi del ducato, clessidre, strumenti musicali e un flauto che, guardandolo da quando si entra quando si esce dallo studiolo, è sempre rivolto verso il visitatore.
Soffitto dello Studiolo – particolare 3
Ancora il soffitto con le decorazioni
CORPUS DOMINI – Istituzione dell’eucaristia – Giusto di Gand
La pala principale mostra l’Istituzione dell’eucaristia o Comunione degli apostoli, non eseguita dal pittore fiorentino Paolo Uccello per motivi legati all’età e alla salute, ma compiuta tra il 1473 e il 1474 dal fiammingo Giusto di Gand. Secondo i Vangeli, dopo l’Ultima Cena Gesù istituì il sacramento dell’eucaristia con le parole “Prendetene e mangiatene tutti” e distribuendo il pane consacrato (simboleggiato poi dalle ostie) agli Apostoli. La tavola mostra la scena di Cristo, al centro della stanza davanti al tavolo eucaristico, che si appresta a dare la comunione ai dodici apostoli disposti attorno a lui a semicerchio, nove a sinistra e tre a destra.
A destra assistono alla scena un gruppo di dignitari contemporanei, tra cui ha una posizione preminente Federico da Montefeltro, ritratto come di consueto di profilo, col naso adunco mutilato in un torneo.
CORPUS DOMINI – Predella dell’ostia profanata – Paolo Uccello
Il dipinto costituisce la predella della grande pala d’altare raffigurante la Comunione degli Apostoli. Dipinto prima della tela principale da Paolo Uccello, importante non tanto per la storia in sé, ma per l’utilizzo della prospettiva (vedere pavimenti).
Particolare del popolo che irrompe nella casa in cui dall’ostia, cotta in padella, fuoriesce sangue.
Sala del trono: soffitto
Sui piccoli rosoni posti sul soffitto c’è la scritta Federico Conte
Sala del trono: camini
mentre già sui camini figura la scritta Federico Duca
Ritratto di Gentildonna (La Muta) – Raffaello Sanzio
Molto probabilmente la donna ritratta è Giovanna Feltria della Rovere, figlia di Federico, protettrice di Raffaello.
Ritratto di Gentildonna (La Muta) – Raffaello Sanzio (particolare)
Esaminando il ritratto ai raggi x si scopre che sotto c’è un altro ritratto della stessa donna in età più giovane.
Forse sempre la stessa Giovanna ritratta da giovane dal pittore che era poi tornato in un secondo tempo ad aggiornare il ritratto in età più matura.
Santa Caterina di Alessandria d’Egitto – Raffaello Sanzio in mostra
Santa protettrice degli studenti universitari. Dietro al quadro c’è una supplica in tal senso, per questo è esposta in questo modo.
Santa Caterina di Alessandria d’Egitto – Raffaello Sanzio (particolare)
Pareti della Sala del trono
Alle pareti ci sono degli arazzi realizzati in filo di tessuto dalla manifattura Gheblen di Parigi, la più famosa in questo tipo di realizzazioni, e rappresentano episodi tratti dagli Atti degli Apostoli.
La sala del trono è la più grande del palazzo e misura 630 mq di superficie.
Sala Della Jole: Giovanni Antonio da Pesaro – Crocifissione tra i Santi
Sala Della Jole: Camino di Ercole Jole
La città ideale – Luciano Laurana – in mostra
Dipinto che rappresenta la città ideale o l’ideale di città dell’epoca.
Nonostante ci troviamo in pieno Umanesimo quando viene realizzato, il quadro non rappresenta nessuna figura umana ma solo opera dell’uomo. In questo periodo storico, infatti, vengono realizzati progetti di città utilizzando solo la matematica e la geometria.
La città ideale – Luciano Laurana frontale
In questo dipinto in particolare vediamo ancora il forellino del chiodo usato per stabilire il punto di fuga.
Al mondo esistono solo 3 esemplari di quadri di questo genere: questo ad Urbino, uno a Baltimora negli Stati Uniti d’America e uno a Berlino. Solo in quest’ultimo sono presenti figure femminili peraltro in lontananza.
Nel Medioevo le città sorgevano in maniera disordinata senza una progettazione come quella che si deduce dal quadro. Le vie erano spesso intitolate alle corporazioni e mestieri.
Nel 1861, anno dell’unità d’Italia, il quadro fu valutato 6.000 lire e attribuito a Piero Della Francesca, successivamente a Leon Battista Alberti e ora Luciano Laurana, un noto architetto dell’epoca.
Vasca da bagno di Federico
Nei sotterranei del Palazzo Ducale non c’erano le prigioni poiché Urbino era talmente ben protetta e fortificata che non era proprio possibile per i nemici arrivarci fisicamente.
Per questo motivo nei sotterranei c’erano una parte della stalla, le tubature che riscaldavano la vasca da bagno di Federico, la neviera. Il sistema di tubature che scaldava il palazzo e la stanza da bagno di Federico è di ispirazione romana, la stessa cioè che usavano i Romani nelle loro Terme.
Lavanderia
Stanza in cui venivano lavati i panni e poi messi ad asciugare su alcuni anelli piantati sul soffitto.
Neviera
Pozzo conico in cui si raccoglieva la neve che scendeva abbondantemente all’epoca e veniva utilizzata per conservare i cibi. Tutti i palazzi di un certo rango avevano una neviera che fungeva da freezer.
Oratorio di San Giovanni Battista
Fu sede dell’omonima Confraternita di San Giovanni Battista, a cui furono unite altre confraternite di nobili del posto.
La facciata esterna è stata oggetto di un restauro radicale in stile neogotico agli inizi del XX secolo, su progetto di Diomede Catalucci, ma non fatevi ingannare dalla banale facciata gotica di inizio 1900.
Il capolavoro dell’Oratorio di San Giovanni è ben nascosto oltre il Portone d’ingresso ed è dipinto sulle pareti: il ciclo di affreschi dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni da San Severino (1400 circa), interpreti più importarti del tardo gotico marchigiano. All’interno è possibile ammirare un imponente ciclo d’affreschi rappresentante la Crocifissione di Cristo, nella parete dietro l’altare maggiore, e le Storie della vita di san Giovanni Battista lungo le pareti laterali, capolavoro dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni da San Severino Marche, databile tra il 1415 e il 1416.
Crocifissione di Cristo (dietro l’altare)
Si viene subito colpiti dalla “Crocifissione” che copre tutta la parete dell’abside: gli occhi vanno alle tre croci, come vuole l’iconografia classica. Gesù al centro e i due ladroni di lato: ma pian piano che ci si avvicina e si entra nei dettagli, ci si accorge di quanta umanità giri intorno alla Passione di Cristo. Disperazione e indifferenza animano la scena, trasportandola dalla dimensione religiosa alla realtà terrena.
Le storie della vita di San Giovanni Battista (ai lati)
L’oratorio prende il nome dagli affreschi sulla parete destra che nei due ordini, inferiore e superiore, illustrano la vita di San Giovanni Battista. Sulla parete a sinistra è dipinta una Madonna dell’Umiltà.
Quando visitarlo: ore 10-12.30 e 15-17.30 da lunedì a sabato, 10-12.30 domenica, su richiesta la domenica pomeriggio. Mai: Natale e Capodanno
Duomo di Urbino
Il Duomo di Urbino è la chiesa più importante della città, ma certamente non la più bella. La storia non è stata generosa con le chiese che si sono susseguite in questo luogo: la prima costruzione risale al 1021, sostituita da una nuova chiesa costruita da Francesco di Giorgi Martini, l’architetto del duce Federico da Montefeltro, che lavora per molti anni anche al vicino Palazzo Ducale. Dopo il terremoto del 12 gennaio 1789 fu affidato al romano Giuseppe Valadier l’incarico di riedificare l’attuale Duomo in stile neoclassico. All’interno sono ospitate due bellissime tele di Federico Barocci: il Martirio di San Sebastiano e l’Ultima cena. La parte più interessante della Cattedrale sono le Grotte che nel corso dei secoli hanno ospitato una Confraternita. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per proteggerle dalle bombe e dai tedeschi, le grotte ospitarono le opere del Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia.. Nette grotte ci sono diverse cappelle. Il Corridoio del Perdono: secondo un’antica tradizione di Urbino ci si assicurava il perdono dai peccati percorrendo questo corridoio diverse volte durante il Lunedì di Pasqua.
Duomo Quando: Giorni feriali e festivi: 7.30-13.00/14.00-20.00 Mai: Natale e Capodanno Ingresso Gratis
Grotte del Duomo Quando: sabato e domenica 9.30-13.00 14.30-18.30 Ingresso Museo+ Grotte del Duomo a pagamento
Chiesa di San Bernardino a Urbino
A due chilometri dal centro storico, in piena campagna, compare la sagoma austera in laterizio della Chiesa di San Bernardino. La chiesa, chiamata anche Mausoleo dei Duchi, fu fatta costruire dal Federico da Montefeltro per accogliere le sue spoglie dopo la morte. Gli storici ritengono che la costruzione sia il risultato della collaborazione tra Francesco di Giorgio Martini, l’architetto di fiducia di Federico da Montefeltro e il Bramante., di cui si intuisce lo stile soprattutto nella semplicità dell’interno. Oggi la chiesa non ospita opere rilevanti ma per molti secoli l’altare e stato impreziosito dalla straordinaria “Pala votiva di Federico” dipinta da Piero della Francesca tra il 1472 e il 1474. La pala oggi è nota come “Pala di Brera”, perché conservata dal 1811 nella Pinacoteca milanese, dove fu portata in seguito alte spogliazioni napoleoniche.
Quando: Giorni feriali e festivi: 8-18 Quanto: gratis
Come: con l’auto in direzione “Cesane sul colle” di San Donato.
Rampe elicoidali e Teatro Raffaello
Urbino è una città verticale, ripida, con stradine strette. Nei 1400 era quindi il luogo ideate per chi avesse voluto organizzare un agguato al potente di turno. Il pericolo era ben chiaro a Federico da Montefeltro che fece costruire, proprio ai piedi dei Torricini di Palazzo Ducale un bastione, e dentro di esso delle rampe elicoidali. Grazie a questa magnifica opera di ingegneria, il Duca poteva arrivare alle stalle ducali direttamente dal Palazzo. Per non farsi mancare nulla, al bastione furono aggiunte anche bocche da fuoco Che permettevano di controllare la zona sottostante del Mercatale Net 1800 al bastione fu sovrapposto il Teatro Raffaello Sanzio, scelta che suscitò polemiche perché lo si ritenne un elemento estraneo all’architettura cittadina. Recuperate negli anni 70, oggi le rampe sono un modo lento e panoramico, ma molto faticoso, per accedere al centro storico.
Quando sempre e gratis, parcheggiando l’auto in zona Mercatale
Teatro Sanzio – Storia del Teatro Sanzio
La costruzione del Teatro Sanzio di Urbino comincia nel 1845 e nel 1853 venne inaugurato con la rappresentazione de “Il trovatore” di G. Verdi.
Prima di allora, gli spettacoli teatrali venivano nessi in scena nel Teatro dei Pascolini all’interno del Palazzo.
Per la realizzazione del progetto furono interpellati due architetti del tempo: il senigalliese Vincenzo Ghinelli ed il veneziano Giambattista Meduna, famoso all’epoca per aver diretto la ricostruzione del Teatro La Fenice di Venezia.
Venne scelto il progetto del marchigiano perché oltre ad essere più economico prevedeva delle interessanti soluzioni per la sistemazione di tutta l’area circostante il Teatro: il Portico di Corso Garibaldi fino al Palazzo Albani, la sistemazione a giardino del Pincio, l’esedra davanti l’ingresso realizzata per facilitare il transito delle carrozze.
La facciata in laterizio, è divisa in due ordini da un’alta fascia architravata sorretta da semicolonne doriche. La parte centrale è decorata da due sfingi a bassorilievo in pietra. All’interno i tre ordini di palco sono disposti a ferro di cavallo. La volta presenta un affresco di Raffaele Antonioli di Gubbio e il sipario è decorato con una scena raffigurante la Gloria d’Urbino, ad opera dell’artista urbinate Francesco Serafini.
Nell’atrio ci sono due busti, uno del 1853 raffigurante Raffaello Sanzio, opera di Carlo Finetti, e l’altro di Bramante realizzato dallo scultore Giambattista Pericoli.
Sulle balaustre dei palchi erano dipinti ritratti gli uomini illustri di Urbino ma sono andati perduti nel corso dell’ultima ristrutturazione avvenuta nel 1970.
Infine, non dimenticate di provare a Urbino la degustazione prodotti tipici Tartufi Antiche Bontà in Via Raffaello, 35
Se siete ad Urbino, non potete fare a meno di visitare la non lontana Rocca di Paolo e Francesca, a Gradara, in auto da Urbino. circa 32 km in direzione Gabicce Mare:
La rocca di Gradara, non lontano da Urbino
A molti che non hanno apprezzato a scuola la Divina Commedia, il nome di Gradara non dirà molto. Nel castello di questo borgo medievale si svolge la storia di Paolo e Francesca raccontata da Dante. “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer si forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona”. Costui era Paolo Malatesta e lei era Francesca da Polenta. Diventati amanti trovarono la morte per mano di Gianciotto Malatesta, fratello di lui. Dante li colloca necessariamente nel girone del lussuriosi, ma traspare la pietà e la comprensione per lei che racconta la sfortunata storia. Al di là della leggenda dei due amanti, forse vera forse no, Gradara merita una visita perché è un borgo perfettamente conservato, quasi irreale nella sua perfezione e tranquillità, anche se oggi a un po’ troppo affollato di turisti soprattutto in primavera ed estate.