ORDINANZA MINISTERIALE N.42 del 6 maggio 2011
19 Gennaio 2019Prima prova esame di stato 2014
19 Gennaio 2019
anno 1997
Tema in ITALIANO
Questi i temi della prima prova scritta comuni a tutti gli indirizzi scolastici:
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‘La cultura ha il compito di far valere di fronte alla forza le esigenze della vita morale. Contro il politico che obbedisce alla ragion di Stato, l’uomo di cultura è il devoto interprete della coscienza morale. Queste antitesi appaiono continuamente, or l’una or l’altra, nel dissidio tra i diritti della cultura e quelli della politica e colorano in varia misura il dissenso tra intellettuali e politici’ (N. Bobbio, 1954). Per quali ragioni il rapporto tra cultura e politica è conflittuale? Quali situazioni storiche, recenti o remote, consentono di verificare la natura dei rapporti tra cultura e politica? Sviluppate l’argomento proposto rispondendo ai quesiti indicati e integrandone, eventualmente, lo svolgimento con riferimenti ad altri aspetti da voi liberamente individuati.
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Voci di poeti a confronto: ‘… E che pensieri immensi, che dolci sogni mi spirò la vista di quel lontano mar, quei monti azzurri, che di qua scopro, e che varcare un giorno io mi pensava, arcani mondi, arcana felicità fingendo al viver mio!’ (G. Leopardi, “Le ricordanze”, 1829, in ‘Canti’ 1831). ‘Ma riadotti dai viottoli alla casa sul mare, al chiuso asilo della nostra stupida fanciullezza, rapido rispondeva a ogni moto dell’anima un consenso esterno, si vestivano di nomi le cose, il nostro mondo aveva un centro’. (E. Montale, ‘Fine dell’infanzia’ 1924 in ‘Ossi di seppia’, 1925). Il tema dei due testi è: la memoria dell’infanzia come condizione felice. Rilevate l’espressione diversa di questo tema attraverso un’analisi comparata dei due passi proposti. Individuate le peculiarità linguistiche e stilistiche riferendovi in particolare a: lessico, sintassi, struttura metrica. Tenendo presenti le date di composizione e di pubblicazione, collocate i due testi nel loro contesto storico.
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‘La seconda rivoluzione industriale era molto diversa dalla prima, in quanto è stata scientifica in senso molto più stretto, molto meno dipendente dalle invenzioni di uomini pratici con poca, o nessuna base scientifica. Era volta non tanto a migliorare e a crescere i prodotti esistenti, quanto a introdurne di nuovi. Inoltre, più rapidi erano i suoi effetti, più prodigiosi i risultati che determinarono una trasformazione rivoluzionaria del carbone e del ferro, anche se questi prodotti rimanevano fondamentali, perché, dopo il 1870, si iniziava l’età dell’acciaio e dell’elettricità, del petrolio e della chimica’. (Da G. Barraclough, ‘Guida alla storia contemporanea’, 1971). Accennate al contesto storico e geografico in cui maturarono sia la prima sia la seconda rivoluzione industriale, cogliendo le differenze anche sul piano delle conseguenze umane e sociali. Dite in quale misura ed in quali forme l’Italia fu coinvolta dal fenomeno nella seconda metà dell’Ottocento.
Il quarto tema, di indirizzo:
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classico: ‘Sono dunque sei gli elementi costitutivi di ogni tragedia … e sono la favola, i caratteri, il linguaggio, il pensiero, lo spettacolo e la composizione musicale’. ARISTOTELE, ‘Poetica’
Partite da queste definizioni per una riflessione sulla tragedia greca e, in particolare, su quella letta in lingua originale nel corso dei vostri studi liceali. -
scientifico e tecnico: ‘Se ho potuto vedere più lontano degli altri, è stato poggiando sulle spalle dei giganti’. I. NEWTON
Quale il senso e quali le implicazioni dell’enunciato newtoniano?
Può affermarsi senza ombra di dubbio che l’avanzamento della scienza è dovuto unicamente ad un cumulo lineare di conoscenze o anche a brusche rotture culturali e a teorie radicalmente nuove? -
magistrale: ‘La musica è, come ogni arte, una specie di ascesi, che vuole raccoglimento, rinnovamento continuo di purezza, cuore che sa sgombrarsi d’ogni interesse meschino e – sempre e soprattutto – esercizio, almeno di frequenti e ben scelte audizioni. Insomma vuole diretta partecipazione e fusione di attuale esperienza e di ricordo. L’infanzia ha diritto di esservi iniziata’. G. LOMBARDO RADICE
– Illustrate l’enunciato su riportato, soffermandovi sulla valenza formativa dell’educazione musicale.
– Ipotizzate un percorso didattico di fruizione-produzione, da realizzare con gli alunni della scuola primaria. -
linguistico: ‘La nostra lingua, che siamo noi ed è più di noi, c’era prima e ci sarà dopo, si è incaricata delle nostre anime e custodirà i nostri ricordi’.(L. MURARO). Sviluppate e commentate l’enunciato proposto.
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artistico: L’Italia è il paese delle cento città e dei mille paesaggi.Descrivete, nel modo che vi è più congeniale, le emozioni che suscita in voi un particolare scorcio paesaggistico della vostra o di altra regione italiana, rilevandone i caratteri formali dominanti, ma anche i motivi culturali e affettivi, che lo rendono così significativo e singolare.
I temi per la maturità professionale e di arte applicata:
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Trieste
Ho attraversato tutta la città,
Poi ho salito un erta,
popolosa in principio, in la deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una collina, l’ultima s’aggrappa.
Intorno
Circola ad ogni cosa
un aria strana, un aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
. (U. Saba, da ‘Trieste e una donna’, 1910-12).
Analizzate e commentate il testo, ponendone in rilievo le connessioni con altre opere di Saba.
Individuate le componenti stilistico-formali della lirica, con particolare riferimento al linguaggio poetico dell’autore.
Inquadrate la produzione di Saba nel contesto poetico a lui contemporaneo.
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‘Nessun cittadino, nessuna Nazione potrà avere la coscienza tranquilla, finché la metà del mondo avrà fame, finché in due terzi dei paesi del mondo la produzione alimentare sarà insufficiente. La generazione attuale sarà giudicata dal successo o dall’insuccesso degli sforzi compiuti in questo senso’. (Dal ‘Discorso’ di J. Kennedy al ‘Congresso nazionale dell’alimentazione’, tenutosi a Washington il 4 maggio del 1963).
Riflettete sulla questione proposta, con riferimenti storici alle cause del drammatico fenomeno della fame nel mondo e alle iniziative intraprese dai paesi avanzati per la soluzione dell’antico problema.
Il tema di indirizzo per la maturità professionale:
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Nuove tecnologie, nuovi moduli organizzativi e nuove forme di sviluppo nel settore terziario caratterizzano l’odierno mercato del lavoro. Dite in quale misura la formazione scolastica da voi sperimentata può consentirvi un efficace inserimento in tale realtà produttiva.
Il tema di indirizzo per la maturità di arte applicata:
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Il ‘mito del classico’ fino alle più recenti riflessioni contemporanee, quale emerge anche dal recupero degli stilemi nel post-moderno. Affrontate la questione con valutazioni personali.
I temi per la maturità sperimentale brocca:
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‘La cultura ha il compito di far valere di fronte alla forza le esigenze della vita morale. Contro il politico che obbedisce alla ragion di stato, l’uomo di cultura è il devoto interprete della coscienza morale
Queste antitesi appaiono continuamente, or l’una or l’altra, nel dissidio tra i diritti della cultura e quelli della politica e colorano in varia misura il dissenso tra intellettuali e politici’. N. BOBBIO, 954
1)Per quali ragioni il rapporto tra cultura e politica è conflittuale?
2)Quali situazioni storiche, recenti o remote, consentono di verificare la natura dei rapporti tra cultura e politica?
Sviluppate l’argomento proposto, rispondendo ai quesiti indicati e integrandone, eventualmente, lo svolgimento con riferimenti ad altri aspetti da voi liberamente individuati. -
Il Principe aveva sempre badato a che il primo pranzo a Donnafugata rivestisse un carattere solenne: […]. Su di un solo particolare transigeva: non si metteva in abito da sera, per non imbarazzare gli ospiti che, evidentemente, non ne possedevano. Quella sera, nel salone detto “di Leopoldo,” la famiglia Salina aspettava gli ultimi invitati. Da sotto i paralumi ricoperti di merletto i lumi a petrolio spandevano una gialla luce circoscritta; gli smisurati ritratti equestri dei Salina trapassati non erano che delle immagini imponenti e vaghe come il loro ricordo. Don Onofrio (1) era già arrivato con la moglie, e cosí pure l’Arciprete che […] parlava con la Principessa delle beghe del Collegio di Maria. […] Tutto era placido e consueto, quando Francesco Paolo, il sedicenne figliolo, fece nel salotto una irruzione scandalosa: “Papà, don Calogero sta salendo le scale. E’ in frac!”
Tancredi […] quando udí la fatale parola non poté trattenersi e scoppiò in una risata convulsa. Non rise invece il Principe sul quale, è lecito dirlo, la notizia fece un effetto maggiore che non il bollettino dello sbarco a Marsala. Quello era stato un avvenimento previsto, non solo, ma anche lontano ed invisibile. Adesso, sensibile com’egli era ai presagi ed ai simboli, contemplava una rivoluzione in quel cravattino bianco ed in quelle due code nere che salivano la scala di casa sua. Non soltanto lui, il Principe, non era più il massimo proprietario di Donnafugata, ma si vedeva anche costretto a ricevere, vestito da pomeriggio, un invitato che si presentava in abito da sera
Il suo sconforto fu grande e durava ancora, mentre meccanicamente si avanzava verso la porta per ricevere l’ospite. Quando lo vide, però, le sue pene furono alquanto alleviate. Perfettamente adeguato quale manifestazione politica, si poteva però affermare che, come riuscita sartoriale, il frac di don Calogero era una catastrofe. Il panno era finissimo, il modello recente, ma il taglio era semplicemente mostruoso. Il Verbo londinese (2) si era assai malamente incarnato in un artigiano girgentano (3) cui la tenace avarizia di don Calogero si era rivolta. Le punte delle due falde si ergevano verso il cielo in muta supplica, il vasto colletto era informe, e, per quanto sia doloroso è pur necessario dirlo, i piedi del sindaco erano calzati da stivaletti abbottonati.
Don Calogero si avanzava con la mano tesa e inguantata verso la Principessa: “Mia figlia chiede scusa: non era ancora del tutto pronta. Vostra Eccellenza sa come sono le femmine in queste occasioni,” aggiunse esprimendo in termini quasi vernacoli un pensiero di levità parigina. “Ma sarà qui fra un attimo; da casa nostra sono due passi, come sapete.”
L’attimo durò cinque minuti; poi la porta si aprí ed entrò Angelica. La prima impressione fu di abbagliata sorpresa. I Salina rimasero col fiato in gola.
Da: Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ‘Il Gattopardo’
note
1 L’amministratore del patrimonio del Principe a Donnafugata.
2 Il Verbo londinese: la grande moda di Londra.
3 girgentano: di Agrigento.
Il romanzo Il Gattopardo è opera dello scrittore siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa (896-957) ed è ambientato nella Sicilia del 860. Ha come figura centrale il principe Fabrizio Salina, un uomo di fine cultura e sensibilità, che giudica con animo contrastato gli avvenimenti italiani e siciliani dell’epoca: vede avanzare con spregiudicatezza i nuovi ricchi e ambiziosi (come don Calogero, diventato sindaco); ma vede anche che i giovani nobili, come suo nipote Tancredi, o borghesi, come Angelica, la bellissima figlia di don Calogero, familiarizzano tra loro e vanno incontro alle novità con entusiasmo.
Il brano presenta la scena di un pranzo che il principe dà nel suo palazzo di Donnafugata a vari personaggi di questo paese.
1. Comprensione complessiva
Individua le sequenze principali e riassumine il contenuto.
2. Analisi del testo
Commenta le sequenze individuate, evidenziando l’alternarsi di descrizioni di sfondo, colpi di scena che creano movimento, riflessioni del personaggio chiave.
Illustra in particolare la figura di don Calogero, come appare attraverso le osservazioni del Principe e nel dialogo: con la Principessa.
Illustra l’espressione “sbarco a Marsala”, fornendo gli opportuni riferimenti storici.
Perché si dice che il frac di don Calogero era “perfettamente adeguato quale manifestazione politica”?
Rendi con parole tue il contenuto sarcastico, espresso in modo figurato, dell’espressione ” Verbo londinese si era assai malamente incarnato in un artigiano girgentano cui la tenace avarizia di don Calogero si era rivolta”.
3. Impressioni e riflessioni personali
In questa scena, come in tutto il romanzo, sono messe a confronto le idee di un personaggio scettico, perché consapevole delle molte illusioni che nascono dagli improvvisi cambiamenti sociali, e le idee dei giovani, pieni di voglia di vivere e amanti delle novità. Quali sono le tue riflessioni su questo perenne contrasto?
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Lo steddazzu
L’uomo solo si leva che il mare è ancor buio
e le stelle vacillano. Un tepore di fiato
sale su dalla riva, dov’è il letto del mare,
e addolcisce il respiro. Quest’è l’ora in cui nulla
può accadere. Perfino la pipa tra i denti
pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquìo.
L’uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare
tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.
Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara
che l’inutilità. Pende stanca nel cielo
una stella verdognola, sorpresa dall’alba.
Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
a cui l’uomo, per fare qualcosa, si scalda;
vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
dov’è un letto di neve. La lentezza dell’ora
è spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci? Domani
tornerà l’alba tiepida con la diafana luce
e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
L’uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
Quando l’ultima stella si spegne nel cielo,
l’uomo adagio prepara la pipa e l’accende.
Cesare Pavese
1steddazzu: in dialetto calabrese (più correttamente stiddazzu) indica la cosiddetta “stella di Venere”, che brilla in cielo poco prima dell’alba.
Cesare Pavese (908-950, piemontese), narratore e poeta, fu uomo impegnato intellettualmente e politicamente. Espresse nelle sue opere il disincanto dopo l’illusione, la solitudine, quasi l’inutilità dell’agire; morì suicida. Scrisse questa lirica quando era stato confinato dal regime fascista in Calabria, nel 936.
1. Comprensione complessiva
Ricostruisci sommariamente la scena in cui il poeta si colloca (ora, paesaggio, propri atteggiamenti).
Quale sensazione fondamentale pervade il suo animo.
2. Analisi del testo
Commenta la lirica, soffermandoti sulle parole ed espressioni (puoi anche trascriverle in una lista) che caratterizzano lo stato d’animo del poeta.
Oltre che all’essere umano, sono riferite anche ad altri elementi quali e perché?
Che idea suggerisce il modo con cui è nominato, ripetutamente, l’essere umano presente nella scena?
Metrica. Quasi tutti i versi hanno una stessa misura (data dal primo verso): di quante sillabe?
Cinque versi hanno una misura più lunga: individuali e sottolinea in essi le eventuali pause o le parole sdrucciole.
In questa lirica le rime sono pochissime: sono date da parole che ritornano identiche alla fine di alcuni versi; altre rime sono all’interno dei versi.
Che effetto produce questa voluta povertà di effetti musicali?
3. Approfondisci
Richiamandoti anche a qualche altra opera di Pavese o di altri autori a lui contemporanei, esponi le tue riflessioni sull’esperienza che visse la sua generazione: tra i decenni che precedettero la seconda guerra mondiale, le tragedie prodotte da questa e il periodo immediatamente successivo, che per alcuni fu di grande speranza, per altri di forte delusione.