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17 Novembre 2023Analisi del dipinto di Cimabue, Vergine in trono col Bambino e profeti (Maestà di Santa Trinità), 1290–1300 circa, tempera su tavola, fondo oro, 384 x 223 cm (Uffizi, Firenze)
La Vergine Maria con il Bambino Gesù seduto in trono
Verso la fine del 1200, grandi dipinti raffiguranti la Vergine Maria e il Cristo Bambino seduti su un trono erano una vista comune nelle chiese italiane. Pannelli più grandi della vita con questo tema, un tipo di immagine che divenne nota come Maestà (che significa “maestà”), erano adattamenti delle tradizionali icone bizantine per l’uso nella devozione nell’Europa occidentale.
Veduta della galleria con la Madonna Rucellai di Duccio (a sinistra) e la Madonna Ognissanti di Giotto (a destra), Galleria degli Uffizi, Firenze
Tra gli esempi più famosi ci sono la Madonna Rucellai di Duccio e la Madonna Ognissanti di Giotto. Tali dipinti potevano adornare gli altari, ma potevano anche essere collocati su una trave o su una parete al centro di una chiesa, forse come il dipinto mostrato in un affresco raffigurante la Verificazione delle Stimmate nella navata della Chiesa Superiore di Assisi.
A sinistra: La Verifica delle Stimmate, 1288-1297, Assisi, Chiesa Superiore, Basilica di San Francesco; a destra: particolare del dipinto esposto su una trave.
Esposte in questo modo, le grandi immagini mariane (immagini della Vergine Maria) sarebbero state viste dalla folla riunita per ascoltare la Messa. I pannelli monumentali della Maestà potevano anche essere commissionati da confraternite laiche, organizzazioni di laici che compivano atti di pietà e di servizio, e si riunivano per cantare inni di lode alla Vergine. Ovunque fossero collocati all’interno di una chiesa, questi imponenti dipinti dorati erano oggetto di intensa devozione.
Veduta della Maestà di Cimabue con spettatori.
Madonna in trono col Bambino (Madonna Kahn), c. 1250/1275 tempera su tavola di pioppo, 124,8 x 70,8 cm (Galleria Nazionale d’Arte)
Madonna in trono col Bambino, c. 1250/1275 tempera su tavola, 124,8 x 70,8 cm (Galleria Nazionale d’Arte)
Madonna di Santa Trinita
In una data sconosciuta, probabilmente intorno al 1280, l’artista fiorentino Cimabue dipinse una celebre Maestà per la chiesa di Santa Trinita a Firenze. Ora ospitato nella Galleria degli Uffizi della città, questo enorme dipinto – alto più di dodici piedi e largo sette piedi (12’8” x 7’4”) – raffigura Maria che guarda lo spettatore. Con la mano destra fa un gesto verso il bambino, mentre Cristo alza la mano in una posa sacerdotale di benedizione, un adattamento dell’antico tipo di icona bizantina (nota come “Odigitria”) in cui la Vergine Maria indica Cristo come la via per cielo. Le icone bizantine che ispirarono Cimabue e altri artisti del suo tempo includevano spesso anche angeli posti ai lati del trono, solitamente mostrati in scala molto più piccola di quella di Maria per enfatizzare la sua importanza (un buon esempio è il dipinto della Madonna in trono e Bambino nella Galleria Nazionale d’Arte).
Nella Madonna di Santa Trinita e in altri pannelli di Maestà da lui dipinti, tuttavia, Cimabue rende gli angeli molto più grandi e li accatasta attorno al trono in modo che sembrino occupare lo stesso spazio di Maria e Cristo. Gli angeli diventano anche interlocutori tra lo spettatore e le figure sante; sei angeli guardano direttamente verso di noi, mentre i due al centro guardano Cristo, modellando l’attenzione pia che uno spettatore imiterebbe.
Cimabue, Maestà o Santa Trinita Madonna in trono col Bambino (particolare), 1280-90, tempera su tavola, 385 x 223 cm (Galleria degli Uffizi, Firenze) (foto: Steven Zucker, CC BY-NC-SA 2.0)
Su uno sfondo scintillante di foglie d’oro, Maria e Cristo si siedono su un trono monumentale realizzato in legno finemente intagliato e tempestato di gemme. Questo trono è stato spesso celebrato dagli storici dell’arte come un esempio di come Cimabue sperimentasse gli effetti prospettici. I gradini curvi del trono riconducono lo sguardo nello spazio immaginario creato da Cimabue, facendo sembrare che le figure occupino lo spazio reale. Il grande trono permette inoltre a Cimabue di collocare la Vergine e gli otto angeli che la circondano nella parte superiore della composizione, scorciando le parti anteriori del trono e avvicinandole allo spettatore, creando l’illusione di profondità sulla superficie piana del dipinto.
Le quattro figure seguenti
Ma quello di Cimabue è quello più sorprendente e un elemento nuovo è l’inclusione di quattro figure aureolate a busto sotto Maria e Cristo, racchiuse tra gli archi della base del trono. Questa disposizione prefigura una tendenza osservata nelle pale d’altare successive chiamate predella, una fascia laterale di immagini più piccole poste sotto un’immagine più grande. Poste in primo piano, queste figure sembrano essere più vicine allo spettatore rispetto a Maria e Cristo, aumentando ulteriormente il senso di tridimensionalità all’interno del dipinto.
Cimabue, Maestà o Santa Trinita Madonna in trono col Bambino (particolare), 1280-90, tempera su tavola, 385 x 223 cm (Galleria degli Uffizi, Firenze) (foto: Steven Zucker, CC BY-NC-SA 2.0)
Nella Madonna di Santa Trinita, gli uomini alla base del trono di Maria sono gli eroi e profeti Geremia, Abramo, Davide e Isaia, identificati dai cartigli che custodiscono riportanti testi biblici associati a ciascuno di loro (da Geremia 31:22; Genesi 22 :18; Salmi 131:11; Isaia 7:14). Queste figure della Bibbia ebraica (l’Antico Testamento) sono incluse perché ciascuna di esse, secondo la teologia cristiana, predisse o rese possibile la venuta di Cristo (Geremia e Isaia profetizzarono la venuta del Messia tramite una vergine, e Abramo e Davide furono creduti essere antenati diretti della Vergine e di Cristo). Isaia e Geremia guardano in alto verso Maria, e ciascuno tiene la palma aperta verso lo spettatore. David fa un gesto simile, guardando verso Abramo, che tiene il suo rotolo con entrambe le mani e guarda verso l’esterno dal piano dell’immagine. L’inclusione di questi quattro uomini sotto il trono di Maria glorifica l’eredità profetica e la genealogia sacerdotale di Maria e di suo figlio.
I Vallombrosani a Santa Trinita
Includendo queste figure specifiche, Cimabue forse rispondeva a una richiesta dei committenti del dipinto. La chiesa di Santa Trinita fu costruita da un ordine di riforma religiosa chiamato Vallombrosano, uomini che vivevano in comunità e praticavano severi atti di digiuno e penitenza. Fondati nell’XI secolo dal cavaliere fiorentino Giovanni Gualberto, i Vallombrosani cercarono di riportare la vita monastica in linea con i valori di San Benedetto da Norcia, fondatore del monachesimo cristiano occidentale. Nel celebrare San Benedetto, i membri dell’ordine da lui fondato (i Benedettini), hanno sottolineato i profeti dell’Antico Testamento nelle loro tradizioni letterarie e artistiche. Un testo del VI secolo, i Dialoghi di Gregorio Magno, che include una biografia di San Benedetto, mette in risalto i doni profetici di San Benedetto. Nei Dialoghi Benedetto viene paragonato proprio al re Davide, leggendario autore dei Salmi. Il David è importante anche nella vita di Giovanni Gualberto; i suoi biografi descrivono come sul letto di morte il santo ripetesse incessantemente le famose parole di preghiera “di Davide” del Salmo 23. Nel dipinto di Cimabue, Davide è la figura più prominente sotto Maria; in contrasto con i colori tenui indossati da Geremia, Isaia e Abramo, Davide indossa un mantello rosso vivo e una corona. Gli abiti di Davide riecheggiano le vesti scarlatte leggermente più chiare indossate da Maria e Cristo, e la sua parentela con Cristo stesso è rafforzata dalla sua posizione direttamente sotto Cristo Bambino.
Cimabue, Abramo e Davide (particolare), Maestà o Santa Trinita Madonna col Bambino in trono, 1280-90, tempera su tavola, 385 x 223 cm (Galleria degli Uffizi, Firenze) (foto: Steven Zucker, CC BY-NC-SA 2.0 )
La collocazione del David e delle altre figure da parte di Cimabue alla base del trono di Maria era un elemento visivo del tutto originale e potrebbe essere stato parte degli sforzi dell’artista per creare una nuova interpretazione della Maestà in celebrazione dei Vallombrosani, creando la propria “firma” Madonna. Dipinta in una data sconosciuta alla fine del XIII secolo, la Madonna della Santa Trinita fu commissionata in un periodo in cui molti ordini religiosi diversi, come i francescani e i domenicani, erano in competizione per la lealtà dei ricchi cittadini di Firenze e per le loro offerte. La costruzione di chiese sontuose e spaziose, impreziosite da dipinti commissionati da artisti rinomati, faceva parte degli sforzi di questi gruppi per restare al passo con le rivalità. La spettacolare e innovativa Maestà realizzata da Cimabue avrebbe sicuramente portato nuova attenzione e prestigio ai vallombrosani di Santa Trinita.